“Il teatro rinasce con te” è lo slogan dell'edizione 2021 del “Campania Teatro Festival”, che offrirà durante più di un mese 150 spettacoli all'aria aperta, rispettando tutte le norme di sicurezza anti-Covid.

Non solo spettacoli teatrali. Anche quest’anno il Napoli Teatro Festival Italia riesce a portare avanti la sua sfida, spaziando tra dieci sezioni con una proposta che, snodandosi sull’intero mese di luglio, con interruzione ad agosto per riprendere a settembre con le compagnie internazionali è stata ideata nell’ottica della multidisciplinarietà tra le arti: Italiana, Osservatorio, Musica, Danza, Cinema, Letteratura, Mostre, Progetti Speciali e SportOpera, la sezione dedicata all’interazione tra arte e sport. Il Festival è stato inaugurato con La morte e la fanciulla, del drammaturgo cileno Ariel Dorffman: un Paese che ha appena raggiunto una fragile democrazia; un avvocato, Gerardo Escobar, appena nominato a presiedere una commissione di indagine sui desaparecidos; una donna, sua moglie Paulina Salas, ancora segnata dalle torture subite durante la dittatura; la loro casa isolata vicino al mare… una notte Gerardo ritarda, ha forato una gomma, uno sconosciuto si ferma e lo accompagna a casa.

A notte inoltrata, lo sconosciuto torna a bussare alla porta degli Escobar. E nel cortese dottor Miranda, Paulina crede di riconoscere il medico che l’ha torturata e stuprata sulle note di un quartetto di Schubert, La morte e la fanciulla durante la prigionia: Paulina sequestra il dottor Miranda: vuole una confessione. Perché per sopportare la violenza della memoria, Paulina deve sperare in una liberazione. Che solo la parola del suo torturatore potrebbe darle. Perché l’angoscia del sopravvissuto è nel non poter dimenticare, ma anche nel vedere che gli altri dimenticano, rimuovono, non credono o non ascoltano più, come se si trattasse di un privato incubo notturno.

Sullo spettacolare sfondo del Parco del Palazzo Reale di Capodimonte a Napoli si ascoltano le urla di dolore e disperazione di Paulina, quando tenta di convincere Gerardo, il marito, di non essere pazza e che il “gentile signor Miranda” è effettivamente il suo carnefice: da qui, un crescendo di tensione ed angoscia fino alla rivelazione finale.

Elio de Capitani, il regista, un vero appassionato del Cile e dei suoi drammi racconta perché ha voluto dirigere questa opera: “Perché è un classico del ’900. Perché Dorfman è un grandissimo autore, un grande intellettuale, un grande scrittore e romanziere ma qui ha compiuto un miracolo, perché ha meditato questo testo tra il ’90 e il ’92 molto attentamente, e finché non ha trovato la chiave, cioè finché non ha trovato l'idea di unire pubblico e privato attraverso Gerardo Escobar”.

“Escobar è l’avvocato incaricato della commissione dei diritti civili: questo rende pubblico il dibattito privato… è un'intuizione fortissima, e quindi, alla fine, con tre personaggi l’autore fa una tragedia greca contemporanea del ’900. Anche Pinter lo pensava, ha apprezzato molto questo lavoro”. De Capitani racconta che è la prima volta che mette in scena un testo contemporaneo due volte. Infatti, la prima è stata nel 1997 con rappresentazioni in tutta Italia.

L’ha fatto perché secondo lui “Dorfman ha scritto un classico, perché ha questa sintesi di tre personaggi e di una storia con questa visione centrale fortissima. In questo momento è un testo estremamente contemporaneo, perché non parla in maniera ideologica del rapporto tra uomo e donna, ma lo ce lo mostra… quindi è uno dei motivi per cui lo riprendo in quanto questo aspetto allora non era così evidente, perché prendeva il sopravvento l'aspetto politico”.

Il direttore artistico del Festival Ruggero Cappuccio ci parla, invece, della rinascita di questo festival, processo cominciato cinque anni fa: “È stato uno strano processo di rinnovamento perché generalmente, in Italia, tutti sono appassionati a risolvere cose difficili e noi abbiamo cercato di risolvere i problemi facili”.

“In primo luogo, abbiamo deciso di abbassare notevolmente i prezzi da 34 euro a 8 con molte agevolazioni: per i chi ha meno di 30 anni, costa 5 €, se sei un pensionato con pensione minima, entri gratis; se devi pagare 8 € ma hai una tessera Feltrinelli o compri una copia di Repubblica paghi la metà, quindi paghi 4; se sei un under 30 e devi pagare i 5 euro ma hai pure una tessera Feltrinelli paghi 2,5 euro. In altri termini il concetto prima era: puoi venire o non puoi venire? Adesso il concetto è: vuoi venire o non vuoi venire?” spiega. “Abbiamo spostato il problema dal portafogli alla volontà personale”, sorride.

Chiediamo al direttore del Festival come mai la decisione di aprire il Festival con un testo sul Cile: “Perché quell’ingiustizia così antica è un'ingiustizia ancora molto presente e tutto quello che sta accadendo, anche gli avvenimenti recenti, per esempio, se pensiamo a quello di Giulio Regeni o anche ad altri avvenimenti, ricordano che quella modalità, quella struttura di arresto, di sparizione, di tortura, di uccisione, di morte non si è estinta purtroppo”.

Anche Cappuccio ha un vincolo importante con il Cile: ha scritto La prima luce di Neruda, un romanzo sul Premio Nobel (edito da Feltrinelli) che inizia da Napoli, perché Neruda, fuggito dal Cile nel 1951 quando il partito comunista cileno è stato messo fuori legge, ed è arrivato in Italia, corse il rischio di essere espulso dal Paese. Erano i tempi della Guerra Fredda e un comunista, a prescindere, era sempre un pericolo. Ma il tentativo non ebbe successo in quanto il filantropo e scienziato Edwin Cerio, personaggio di spicco di Capri lo invitò a stabilirsi in quest’incantevole isola: era il mese di gennaio di 1952.

Il Festival si interrompe a metà luglio per ricominciare a settembre con gli ospiti internazionali. Tra i titoli, La Creazione di Dimitris Papaioannou, anche la coproduzione con il Festival di Avignone e con il teatro nazionale di Napoli: Il giardino dei ciliegi con Isabelle Huppert. Inoltre, a settembre sarà possibile assistere a due nuove creazioni: di Marina Otero, e di Christoph Marthaler.

Chiediamo a Nadia Baldi, vicedirettrice artistica del Festival, cosa significa fare teatro in pandemia: “Oltre al normale momento di paura la cosa necessaria è il coraggio e l'arte ha sempre, in assoluto, bisogno di coraggio. E questo ci ha consentito, come dei Don Chisciotte, di sfidare questa paura e di continuare a credere che potevamo farcela e così come l'anno scorso, anche quest'anno questo è accaduto”.

“Quindi diciamo è la follia del coraggioso che comunque ci ha guidato. È soprattutto anche la follia di chi è innamorato dell'arte e fa dell'arte il proprio senso della vita. In questo senso, abbiamo deciso di seguire questo sogno che ormai da 5 anni ci accompagna e così è nata anche quest'anno la campagna Teatro Festival”.

Bisogna anche aggiungere che lo scenario monumentale del Reale Parco di Capodimonte così come le altre prestigiose sedi del Festival, tra queste il Convento di San Domenico Maggiore a Napoli e il Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino, a Montesarchio permettono di vivere una emozione unica, quasi magica e allo stesso tempo di speranza, così necessaria nel periodo che stiamo attraversando.