Mortus est, sed memoria pretiosi cantus sui non morietur.

Mai lapide avrebbe potuto essere più profetica, trattandosi del potente tenore Enrico Caruso, re della lirica e divo dei due mondi. E se la Cineteca di Bologna ha restituito l'audio a quella parte della pellicola muta del film My cousin' in cui intonava Vesti la giubba facendo nuovamente risuonare la sua voce, c'è chi, con un paziente lavoro di ricerca, ricostruisce pezzetto per pezzetto il puzzle della sua vita.

Così, nell'anno del centenario della morte, avvenuta a Napoli il 2 agosto 1921, tornano alla luce notizie, prove e “indizi” che aiutano a comprendere l'uomo oltre la voce, il personaggio vero oltre il mito. “Nonostante i suoi tempi non siano molto lontani dai nostri, è difficile studiare Caruso. Avendone fatto un idolo, tutta la documentazione è frammentata e ognuno tiene rigorosamente segreto il suo orticello, non permettendo a nessuno di entrarci e di avere una visione d'insieme”. A parlare è Maurizio Sessa, giornalista di professione, collezionista e bibliofilo per passione, oltre che conoscitore della lirica e del suo mondo. “Proprio recentemente sono andati all'asta da Christie's lettere e cimeli appartenuti a Caruso, ma nessuno sa cosa ci possono raccontare. Certo, se non ci fossero i collezionisti, questo materiale rischierebbe di andare perduto, ma c'è bisogno di tornare con i piedi per terra, superando l'idea del mito e mettendo a disposizione i documenti”.

Sessa lo ha fatto e in un libro Caruso & Friends appena uscito, ha voluto condividere i cimeli da lui scoperti rovistando nei mercati antiquari della Toscana. “Il primo è stata la foto con dedica di Nellie Melba, soprano australiano, regina del Covent Garden di Londra, con cui lui ha cantato e spesso anche litigato. La data è del 1904. L'ho trovata nel mercatino di Fiesole e ho cominciato ad appassionarmi alla storia di questo tenore, forse perché ci sono aspetti che in qualche modo ci accomunano. Intanto Caruso è napoletano, come me, e anche lui aveva una passione per il collezionismo. È stato infatti un grandissimo collezionista di cartoline ed aveva una predilezione per quelle che ritraevano usi e costumi della Russia zarista. D'altronde la Russia è stata il suo trampolino di lancio e in quel Paese aveva una fitta rete di corrispondenti. Non solo. È stato anche un numismatico. Sembra addirittura che la sua collezione di monete antiche superasse per numero e importanza quella del re Vittorio Emanuele III. Caruso era anche un buon caricaturista. Ma in questo non gli somiglio per niente”.

Cosa altro ci racconta nella sua biografia?

Non è una biografia. Piuttosto è un omaggio, che parte dagli esordi, cioè dal 1894, e arriva fino alla conquista dell'America, nel 1903, quando fu Alfredo ne La Traviata, Canio ne I Pagliacci, Rodolfo ne La Bohème, Cavaradossi in Tosca e Radames in Aida. Un anno, quello, con cui comincia il suo trionfo. Ma dopo ci sono state molte altre stagioni negli Stati Uniti. In Italia tornerà solo per vacanza, a parte due volte tra il 1914 e il 1915 quando a Roma e a Milano cantò il suo cavallo di battaglia: I Pagliacci.

Con quale materiale ha costruito il libro?

Ho rinvenuto molte foto d'epoca dedicate a Caruso e con queste ho costruito un Caruso visto dall'altra parte della barricata. Io ho sempre avuto un occhio attento per la lirica e quindi conoscevo alcuni personaggi, non sempre famosi. Ecco, attraverso le loro firme sulle dediche a Caruso ho ricostruito la loro carriera e insieme quella del tenore napoletano.

Chi sono questi personaggi?

Oltre a Nellie Melba, ci sono Mattia Battistini, grandissimo baritono che Caruso conobbe in Russia, e Giuseppe Belletti, un impresario assai poco noto che omaggiò l'artista partenopeo nei giorni delle esecuzioni del Rigoletto al Teatro comunale di Bologna. Tra gli altri compare anche Francesco Cilea, compositore calabrese, bravo, ma rimasto nell'ombra. Lui è l'autore di Adriana Lecouvreur, il cui protagonista - Maurizio di Sassonia - Caruso interpretò al Teatro Lirico di Milano. A causa del suo carattere appartato, anche le foto di Cilea sono rare. Per questo stupisce che ne abbia inviata una con dedica a Caruso. E che dedica! Scrive così: “Al primo meraviglioso Maurizio con ammirazione convinta, il riconoscente F. Cilea”.

C'è qualcosa che si è tenuto per sé?

Una lettera di Giacomo Puccini a Caruso, in cui trapela la comune passione per le donne. È una lettera un po' “forte” che devo ancora verificare. Voglio che quello che pubblico sia sempre rigorosamente certo.

A proposito di donne si dice che Caruso, che con Vesti la giubba è stato il primo a vendere oltre un milione di vinili, cantando Ridi, pagliaccio sul tuo amore infranto abbia impersonato un po' se stesso... Una passione finita male?

Altro che! La passione per la soprano Ada Giachetti, da cui ebbe due figli, ma che dopo 11 anni di relazione, nel 1908, fuggì con il loro autista. Questo non è un aneddoto, ma la storia vera. E Caruso ne soffrì molto, anche se sul palco non trapelò mai niente.

Perché un cantante di Napoli non ha più calcato le scene partenopee dopo la sua partenza per l'America?

Questo è uno dei “buchi neri” che meriterebbe un approfondimento. Si dice che al San Carlo di Napoli Caruso sarebbe stato fischiato durante la rappresentazione dell'Elisir d'amore. In realtà, però, questi fischi non ci sarebbero mai stati. Solo qualche critica negativa e qualche sfottò nei confronti della soprano Rina Giachetti, sorella della sua Ada, con cui aveva cantato nella Manon Lescaut, e per la quale lui stesso aveva provato una forte attrazione. Ma la “fuga” di Caruso negli States non può essere imputata a questo. Penso, piuttosto, che ci siano state ragioni di convenienza artistica e soprattutto di profitto. Negli Stati Uniti riceveva compensi da favola, che nessun impresario italiano poteva eguagliare. Non credo al risentimento e all'amore-odio campanilistico.

Cosa l'ha più colpita nella personalità di questo artista?

Lo sforzo quasi sovrumano che ha dovuto fare per raggiungere il risultato finale. Caruso è descritto come la perfetta rappresentazione del sogno americano: un uomo di umili origini che con il suo talento e le sue forze riesce a diventare una star internazionale. Ma non fu un miracolo, bensì un fenomeno umanissimo di tenacia e di passione, di lavoro e di sudore. Non nacque imparato. Il suo vero miracolo fu quello di vivere per cantare. Pure i miti faticano, sbagliano, cascano e si rialzano. In questo assomigliano a noi comuni mortali.

Lei è un collezionista di giocattoli, in particolare legati a Pinocchio. Lo scorso anno ha curato un carteggio di 160 lettere inedite tra Puccini, Piero Antinori e Giuseppe della Gherardesca. Lettere custodite dal nipote, il marchese Piero Antinori. Cos'altro c'è nel suo scrigno?

Ci sono foto e lettere scritte da Garibaldi, foto autografate da Mascagni, lettere di Antonio Puccini, figlio di Giacomo. E anche lettere inedite di Edda, la figlia di Mussolini e moglie di Galeazzo Ciano. Una triste storia, la sua, vedova del marito, fatto uccidere dal padre, e poi orfana del padre, a cui era molto attaccata. Credo che sarà a lei che mi dedicherò.