In un gradevole pezzullo su Corriere.it Aldo Grasso qualche giorno fa ha messo alla berlina il linguaggio usato in televisione dai cronisti che “raccontano” le partite di calcio. E ha citato «ripartenza», «inerzia», «scarico» e «piede a martello». Viene spontaneo, naturalmente, inserire nell’elenco anche quei termini che i telecronisti del calcio hanno nel tempo scippato ai loro omologhi di altre discipline: come per esempio “muro”, preso pari pari dalla pallavolo come il conseguente aggettivo “murato”, o “lunetta”, nata nella pallacanestro, o “touch”, mutuato dal rugby. Senza dimenticare la parola che sembra essere diventata l’essenza stessa del calcio di oggi, almeno di quello raccontato: baricentro (che Grasso giustamente cita). A noi baricentro non può non ricordare – ci perdoni Don Lisander - il celebrato, e spesso abusato, “Carneade, chi era costui?”, nel senso, proprio manzoniano, ma che cos’è ‘sto baricentro?

Naturalmente non finisce qui. Al “baricentro” dei colleghi telecronisti non si possono infatti non collegare le “estensioni della giustizia sportiva” citate dal direttore generale della Roma, Baldissoni, a commento della riduzione di squalifica nei confronti di Kevin Strootman. E che meritano ampia, e pressoché totale, citazione: "Abbiamo espresso le nostre considerazioni e attendiamo fiduciosi – queste le sue parole secondo quanto riferito dalla Gazzetta -. Riteniamo che non ci fosse accesso alla prova tv per un caso del genere, c'è un'interpretazione un po' estensiva e a noi queste estensioni della giustizia sportiva preoccupano sempre perché vanno a mettere in discussione la certezza delle regole e del diritto, presupposto fondamentale in una competizione sportiva. Andare ad immaginare una norma pensata per una simulazione evidente di fronte ad un caso di simulazione parziale apre nuovi fronti. E ogni nuova frontiera che mette in dubbio la solidità dell'impianto sportivo esistente pone a rischio la regolarità del campionato e gli interessi di tutti".

Capitto mi hai?! E che ‘vvo dì?