In una notte di stelle, all’Arena estiva dell’Atletica Castello, a Firenze, sono stati disputati nove incontri dilettantistici sottoclou, anticipando l’incontro professionistico 6 round categoria Mediomassimi. Il pugile kosovaro, naturalizzato italiano, Vigan Mustafà, ha sfidato l’avversario serbo Slobodam Culum di Novi-Sad (ex Jugoslavia). Un match difficilissimo, conclusosi con la vittoria di Vigan Mistafà per KO tecnico alla 5° ripresa, l'ha coronato primo sfidante ufficiale al prossimo incontro per il Campionato Italiano Mediomassimi. L'obiettivo di Vigan era arrivare ad avere l’ufficialità di disputare il titolo italiano, le condizioni sembravano esserci tutte, e il match ha rappresentato un ulteriore test dopo l'ottima prova disputata in maggio contro il parmense Stefano Failla.

Vigan è un campione, di vita e di pugilato, un grande sportivo, preparato, con ottime tecniche di combattimento, un campione sul ring, ma soprattutto campione nella vita, un ragazzo semplice con un cuore immenso.

Vigan come hai iniziato a praticare pugilato?

Dobbiamo fare una grande distinzione fra i ragazzi del vostro mondo, italiani, europei, occidentali, e noi Serbi del Kosovo: i vostri ragazzi crescono in una relativa serenità, persino per le famiglie più disagiate voi prevedete la scuola dell’obbligo, la sanità gratuita e praticate sport fin da piccoli, tennis, nuoto, calcio, pallavolo e altro, per voi lo sport è “normalità”, per voi lo sport vuol dire calcio, siete tutti pazzi per il calcio. Da noi lo sport è riscatto, noi abbiamo vissuto nel dolore, siamo nati e cresciuti in guerra, pensavamo solo a difenderci, ogni giorno che passava era un giorno di sopravvivenza e l’unica cosa che ci poteva fare rialzare la testa era lo sport, anche praticato a livello nazionale; così lo sport ti fa diventare un eroe. Ho iniziato a boxare grazie a mio fratello maggiore, siamo quattro fratelli, e mio fratello Ilir è stato un grande pugile, un campione; ha smesso di boxare per limiti d’età ma ha fatto una cosa fantastica, ci ha chiamato in Italia, proprio per “salvarci”, allontanarci dalla guerra, proteggerci. Dopo 3 mesi, scaduto il visto, ho chiesto asilo politico e sono rimasto nella vostra bella Italia, sono diventato Italiano. Appena arrivato in Italia ho conosciuto una palestra a Firenze dove si praticava la boxe, ho visto le esibizioni di mio fratello e mi sono detto: devo provare anch’io! Ero molto incuriosito, affascinato da questo sport, ho un carattere “combattivo e agonistico”, ho visto una manifestazione e mi sono iscritto, ho iniziato a boxare, ho fatto la prima gara e ho vinto: da allora è iniziata la mia avventura.

Cosa vuol dire “agonismo”?

Qui in palestra ci sono ragazzi che praticano la boxe da anni, ma senza grinta, vedo che gli manca il guizzo, l'ispirazione, se non sali sul ring non puoi sapere se questo è il tuo sport, ogni giorno devi passare un esame; il ring è l’esame, l’unico metro di giudizio, dalla sala pesi della palestra che avevo iniziato a frequentare intravedevo il ring. Una volta ho visto un incontro di due ragazzi, quello più piccolo sovrastava un pugile molto più grosso di lui, allora ho pensato che non era necessario diventare grosso, ma avere passione, grinta, agonismo.

Secondo te è giusto che il pugilato sia praticato anche da donne?

È in Italia che ho conosciuto una diversa concezione di donna, grazie alla dolcezza di mia moglie, alla sicurezza della mia famiglia, dei miei figli, un maschio e una femmina. Per me la donna è un mondo perfetto: al mio paese la donna deve difendersi, è una guerriera, purtroppo soccombente. Guarda Irma Testa, 18 anni: poche parole ma tanta grinta, nel mondo dello sport ormai è conosciuta perché è la prima pugile italiana ad essersi qualificata per i Giochi Olimpici, ha rappresentato l’Italia per il pugilato femminile alle Olimpiadi 2016 di Rio de Janeiro. Ti farò ridere, ma la mia main sponsor è una giovane donna, Anna Maria Vitellozzi, una brillante imprenditrice che si occupa di Firenze Industrie spa, lei mi segue con suo marito e il figlio, perché suo padre era tifosissimo di boxe, le riporto alla mente i suoi ricordi più belli, suo padre che parlava sempre di sport e di boxe.

Che cosa ti ha insegnato la boxe?

Tre minuti, un minuto... prima di tutto il tempo, la cosa più bella che ti insegnano quando entri in una palestra di pugilato per la prima volta è avere rispetto del tempo, al mio paese il tempo è l’entità che ti permette di rimanere vivo. Il ring: tre minuti di lavoro e un minuto di riposo e poi determinazione, grinta e coraggio, questo sport è capace di tirare fuori tutte queste qualità insieme.

Come definiresti il pugilato?

Per me è riscatto, io salgo sul ring per l’Italia, da Italiano e da uomo libero, il pugilato non è un hobby, la pesca, jogging, vela, canottaggio, calcio, una corsetta possono essere considerati un hobby. Mi sento un pugile a tutti gli effetti; il pugilato è uno stile di vita. Ho sempre tanto entusiasmo, come se fosse la prima o l’ultima volta, ogni volta potrebbe essere il mio ultimo match. Parlo di pugilato con emozione, le cose che amo di più al mondo sono il pugilato e la mia famiglia, Firenze e l’Italia che ci hanno accolto.

La tua è una scelta di vita difficile? Sono tanti i sacrifici da fare?

Nel periodo che precede la gara i sacrifici sono tanti: non bere, alimentarsi correttamente, non fare tardi, non fumare, ma ti assicuro che, come dite voi, il gioco vale la candela.

Vigan, cosa vuol dire alzare la mano?

Quell’alzata di mano vuol dire che sono un pugile, è stress, fatica fisica, pianto, sacrificio e… gioia, la gioia di un uomo libero che ha vinto.

Quali sono i tuoi obiettivi?

Obiettivi attuali: il rientro ufficiale per il titolo Italiano e la riconferma al campionato italiano. Poi sogno i mondiali l’anno prossimo.

Vigan, ti ringrazio per l'intervista, vuoi fare un saluto ai tuoi fan?

Un saluto a tutti i ragazzi italiani con il consiglio di praticare la boxe, perché quando si sale e si vince sul ring si vince sì come campione, ma soprattutto si vince nella vita, perché la boxe ti fa capire i veri valori, come il rispetto; un ringraziamento va ai miei fratelli Ilir e Sead e al mio team, grazie per avermi inculcato questa filosofia di vita, come pugile e come uomo.