Fiorentino di Ponte a Ema, Gino Bartali si è sempre allenato salendo e scendendo le dolci colline che incastonano Firenze, spesso tuttavia andando più in là, ora all’interno verso Siena e Arezzo, ora verso la costa, Livorno, Viareggio, La Spezia. Chilometri e chilometri per lo più in solitudine, o accompagnandosi a gregari e compagni di squadra per rifinire insieme la preparazione, soprattutto all’avvicinarsi della stagione agonistica. Che allora, anni Trenta e Quaranta, cominciava con la Milano-Sanremo, il 19 marzo, Classicissima di Primavera: era per quella data che bisognava farsi trovare pronti, da quella data si dipanava il rosario delle corse in linea propedeutiche a rifinire a loro volta la condizione psicofisica per i grandi appuntamenti successivi, le corse a tappe dell’annata, Giro d’Italia e Tour de France.

La vittoria al Giro valeva, si fa per dire, quasi cento “Sanremo”: figurarsi la vittoria al Tour, sempre considerato un esaminatore ben più arcigno e severo del suo “cuginetto” italiano. Tanto che tra le leggende che hanno arricchito la storia del ciclismo è apparsa anche la fola di una “direttiva” mussoliniana nei riguardi di Bartali secondo la quale il ciclista toscano avrebbe dovuto rinunciare nel 1937 alla corsa italiana per prepararsi meglio alla Grande Boucle, da vincere per portare anche questa vittoria all’altare della supremazia fascista. In realtà, Bartali, fervente cattolico qual era, aveva in uggia fascismo e fascisti, non fosse altro che per il “trattamento” riservato dal regime all’associazionismo cattolico costretto a sciogliersi, ma non per questo domo e disperso. Anzi.

Ciclismo comunque eroico, quello che si sta raccontando, e che coinvolgeva le folle quanto (o forse più?) l’altro sport di massa, il calcio. Ma che ciclismo era? Si può tentare un raffronto con quello di oggi? Affatto diverso dal passato, il ciclismo riesce ancora ad entusiasmare le folle? Riesce ancora, soprattutto, a coagulare intorno ai suoi eroi la credibilità indispensabile per sopravvivere? Stando al bilancio finale dei campionati mondiali che si sono svolti in settembre proprio in Toscana la risposta è positiva, gli organizzatori avendo potuto esibire un consuntivo con numeri da record sia in riferimento agli spettatori che hanno fatta ala ai protagonisti, sia agli appassionati che si sono collegati ai nuovi sistemi di comunicazione, vale a dire internet e addentellati vari.

In coincidenza, sappiamo solo occasionale, con l’evento agonistico, la Toscana (e l’Italia) non solo ciclistica ha anche celebrato un suo grande figlio, Gino Bartali appunto, esempio allora anonimo, ora venuto alla luce, di altruismo, se non di vero e proprio eroismo. Secondo quanto è stato recentemente appurato, il grande ciclista toscano rischiò infatti la vita per salvare quella dei perseguitati ebrei dai campi di concentramento e sterminio nazisti. Usando la sua bicicletta per nascondere documenti falsi da recapitare alle organizzazioni clandestine, il campione salvò tantissime persone. E per questo è stato dichiarato “Giusto tra le nazioni” dallo Yad Vashem, il memoriale ufficiale israeliano delle vittime dell'Olocausto. “Giusto tra le nazioni” è un riconoscimento per i non-ebrei che hanno rischiato la vita per salvare quella anche di un solo ebreo durante le persecuzioni naziste. È doveroso ricordare che per il coraggio e l'umanità non comuni, il campione toscano aveva già ricevuto la medaglia d'oro al merito civile dal presidente della Repubblica Ciampi “per aver salvato almeno 800 ebrei”.

Per tornare al più recente dei riconoscimenti, le motivazioni della nomina sono state spiegate sul sito dell'organizzazione: Gino Bartali “un cattolico devoto, nel corso dell’occupazione tedesca in Italia ha fatto parte di una rete di salvataggio i cui leader sono stati il rabbino di Firenze Nathan Cassuto e l’arcivescovo della città cardinale Elia Dalla Costa”, a sua volta già riconosciuto Giusto tra le Nazioni da Yad Vashem. “Questa rete ebraico-cristiana, messa in piedi a seguito dell’occupazione tedesca e all’avvio della deportazione degli ebrei, ha salvato – spiega Yad Vashem – centinaia di ebrei locali ed ebrei rifugiati dai territori prima sotto controllo italiano, principalmente in Francia e Jugoslavia”. Bartali, si legge ancora sul sito del memoriale ebreo, ha agito “come corriere della rete, nascondendo falsi documenti e carte nella sua bicicletta e trasportandoli attraverso le città; e passava ‘indenne’ agli eventuali controlli, con la motivazione che si stava allenando. Pur a conoscenza dei rischi che la sua vita correva per aiutare gli ebrei, Bartali ha trasferito falsi documenti a vari contatti e tra questi il rabbino Cassuto”.

Il periodo in cui si adoperò più intensamente per mettere in salvo gli ebrei risulta essere stato a cavallo tra il settembre 1943 e il giugno 1944, nella fase quindi più delicata e drammatica degli eventi bellici (per una fortuita coincidenza riaffiorata alla memoria degli italiani in occasione della morte del gerarca nazista Erich Priebke). Ma era, quella, anche la fase più delicata della “stagione” agonistica del ciclismo tout court: che ne sarebbe stato delle corse? E in quali condizioni di spirito e di fisico sarebbe stata ipotizzabile la ripresa? Bartali all’epoca dell’episodio si avviava ai trent’anni (era nato il 18 luglio del 1914), un’età allora già quasi al limite della pensione, e che poteva già significare il viale del tramonto senza aver avuto neppure il tempo di raggranellare e mettere da parte qualche lira (in ciò avrebbe dato ragione al babbo di una ragazza con la quale Gino sembrava aver intenzioni serie e che si oppose al fidanzamento della figlia giudicando il ciclismo una non professione). La sua carriera fu invece una delle più lunghe e piene di successi nella storia del ciclismo anche se venne interrotta dalla seconda guerra mondiale proprio negli anni del massimo fulgore fisico per un atleta.

L’anno prossimo (il lettore se ne sarà già accorto) ricorrerà il centesimo anniversario della nascita di questa vera e propria leggenda su due ruote e il Giro d’Italia ne ha disegnato un ricordo particolare, ancorché a ben guardare un po’ striminzito, facendo tappa a Salsomaggiore, dove “Ginettaccio” vinse nel 1936. Nel 2014 per il ciclismo ricorrerà anche il decennale della scomparsa di Marco Pantani: a cento anni da Bartali e a dieci da Pantani, il Giro avrà così la possibilità di ricordare il primo e l’ultimo, in ordine di tempo, dei grandi scalatori che hanno sempre avuto il compito di esaltare, attraverso le loro imprese, la storia agonistica del ciclismo. Per la cronaca: il Giro (partenza da Belfast, Irlanda del Nord, il 9 maggio, conclusione il 1 giugno a Trieste, dopo 21 tappe per 3449 chilometri di percorso), commemorerà il Pirata sulla salita del Carpegna, strade sulle quali Pantani amava allenarsi.

Breve biografia di Bartali , da Wikipedia, con mio adattamento.
Gino Bartali era nato a Ponte a Ema, frazione divisa amministrativamente tra i comuni di Bagno a Ripoli e Firenze, il 18 luglio 1914 ed è morto a Firenze il 5 maggio 2000. La sua carriera ciclistica fu una delle più lunghe e piene di successi nella storia del ciclismo anche se, come nel caso di Fausto Coppi, venne interrotta dalla seconda guerra mondiale proprio negli anni migliori. Bartali è stato il più famoso e fiero rivale di Coppi (non solo in Italia) ed ambedue, con le loro battaglie e con i loro successi, scrissero alcune delle più belle pagine nella storia del ciclismo. Uno degli episodi più famosi fu “scritto” al Tour de France del '49, quando Coppi e Bartali dimostrarono di essere i più grandi corridori della loro epoca: Coppi vinse la corsa e Bartali arrivò secondo, ma la lotta (nella prima parte del Tour) e la cooperazione fra i due nella seconda parte divennero leggendarie. Così come storico e curioso è l'episodio legato alla famosa borraccia: è Bartali che porge la borraccia a Coppi o è il contrario? A questa domanda non c'è ancora risposta, anche perché pare che l'episodio si sia ripetuto almeno due volte, durante due corse diverse.

Le più importanti vittorie nella carriera di Bartali:
Campionato d'Italia : 1935,1937,1940,1952
Giro d'Italia: 1936,1937,1946
Tour de France: 1938,1948
Giro della Svizzera: 1946,1947
Giro di Lombardia: 1936,1939,1940
Milano-Sanremo: 1939,1940,1947,1950
Campionato di Zurigo: 1946,1948