Gita domenicale. Andiamo a Vigevano. Il tempo è buono. La temperatura mite. Patrick e io finiamo al Luna Park. Prendiamo zucchero filato. Patrick si fa un paio di baffi e la barba con un po’ di zucchero. Mi fa ridere. Spendiamo un po’ di soldi sugli autoscontri. Ci sono così tanti bambini…
“Certo che se avessimo un bambino sarebbe meglio” dico io quando decidiamo di spostarci dagli autoscontri alla giostra delle navicelle spaziali.
“Succederà” dice Patrick.
Un’ombra gli attraversa il viso.
“Se avessimo un bambino, avrebbe senso” dico ancora.
Poi chiudo la bocca.
A bordo della navicella spaziale do un bacio a Patrick. Lo faccio perché l’ultima cosa che ho detto mi è sembrata un po’ troppo dura e ingiusta. La vita che Patrick mi fa fare è meravigliosa. L’altro giorno mi ha portato un braccialetto. Non passa settimana che non mi regali un mazzo di fiori. Rose. Tulipani. Margherite. Primule. Si è sempre ricordato delle mimose. Un gentleman. Pieno di attenzioni. E io lo ricambio con Ettore. Va bene. Lasciamo perdere.
Il bacio fa perdere l’equilibrio a Patrick. Smanaccia un po’ con il piccolo volante della navicella.
“Aaaaah!” gridiamo entrambi.

Un bambino e sua madre alla nostra sinistra ci colpiscono a ripetizione. La sirena della navicella per segnalare che siamo stati colpiti si attiva a ripetizione. Patrick riprende il controllo. Gira la navicella verso il bambino e sua madre e spara. Sentiamo accendersi la sirena della loro navicella. Il bambino indossa una cuffia rossa. Un paio di riccioli di capelli biondi esce dalla cuffia. Ha un bomberino blu. È un bellissimo bambino. Quando li colpiamo, il bambino ride come un matto. Patrick mi allunga un bacio. Mi preme il petto con una mano. “Ah! Patrick, che fai? Vuoi farmi cadere giù?!” dico perdendo malamente l’equilibrio.
Per poco non ci finisco per davvero di sotto.
“Oh scusa scusa scusa, amore” dice Patrick.
“Sta attento” dico sghignazzando un po’.
“Adesso colpisco quei ragazzini di là!” dice buffamente Patrick direzionando la navicella verso un’altra navicella con a bordo un paio di dodicenni.
Una volta scesi ci dirigiamo verso gli ottovolanti. Superiamo la giostra per pescare le paperelle di plastica. Il baraccone di tiro a segno. Mentre procediamo verso gli ottovolanti, si presentano sulla nostra destra il tunnel dell’amore e il tunnel dell’orrore. Sono affiancati. Chissà se i giostrai non l’hanno fatto di proposito a metterli uno vicino all’altro. Patrick nemmeno se ne accorge. Ma io sì. Costringo Patrick ad arrestare la sua falcata verso gli ottovolanti.
“Guarda – dico – C’è un tunnel dell’amore e un tunnel dell’orrore”
Patrick dà un’occhiata a entrambi.
“Eh già. È vero”.
“Dove mi vuoi portare? Nel tunnel dell’amore o in quello dell’orrore?” chiedo a Patrick.
“Nel tunnel dell’amore” risponde brillantemente Patrick.

Rido. Gli do una carezza. “Risposta azzeccata” dico e così entriamo nel tunnel dell’amore. Mentre lo attraversiamo a bordo di una specie di scodella gigante, Patrick e io ci baciamo romanticamente. Una volta smontati, Patrick dice: “E adesso, gli ottovolanti!”
“No. Aspetta – dico invece io – Ricordi quando ci siamo incontrati la prima volta?”
“Potrei mai dimenticarlo?”
“Che data era?”
“Venerdì 13” fa Patrick.
“E che cosa c’era sul televisore a casa di Oliviero?”
“C’era un film dell’orrore”.
“Era Venerdì 13” dico io.
“Venerdì 13 parte quarta, veramente”.
“Ah, che precisione…”.
“Non potrei mai dimenticare nulla della prima volta che ti ho incontrata. Nemmeno il più piccolo particolare”.

Restiamo in silenzio per qualche momento. Poi scoppiamo a ridere.
“Pertanto – dico io – Mi sembra giusto andare anche nel tunnel dell’orrore”.
“Amore, no, dai. Preferisco gli ottovolanti. Guarda là. C’è il Brucomela”.
“No, no, no. Andiamo nel tunnel dell’orrore!”.
“Ma no. Al massimo ti prometto che dopo gli ottovolanti ti porto sulla giostra del calci in culo…”.
Non rido.
Patrick arrossisce.
“Dai, dai, Patrick. Sarà bello. Andiamo nel tunnel degli orrori!” insisto ancora.
“E va bene” cede alla fine Patrick.

Perché ho insistito così tanto? L’ispettore Balti ha ventilato la possibilità che Patrick sia uno psicopatico assassino. Perciò i tunnel degli orrori dovrebbero piacergli, no? Questo tunnel degli orrori sembra la versione speculare del tunnel dell’amore che lo affianca. Al posto della scodella ci accomodiamo all’interno della testa di Frankenstein. La testa di Frankenstein cigola e sferraglia sulla cremagliera. Sbuffi di fumo dolciastro ci raggiungono da sopra e da sotto mentre si spalanca una porta dove stanno incastonati cadaveri putrefatti un po’ dappertutto. Una ragnatela ci piomba sul viso. Io lancio un gridolino. “Te lo avevo detto…” sento dire Patrick.

Siamo al buio. Una serie di flash ci colpiscono obnubilandoci un po’. Risate di streghe. Ululati di lupi mannari. Risa sataniche. Alla nostra destra compare all’improvviso una mummia con le bende sporche e insanguinate e una striscia di volto ricoperta di pustole. Viene verso di noi mentre Patrick e io gridiamo come ragazzini. Subito dopo una strega con un cappello a punta, il naso bitorzoluto e tra le mani una scopa di paglia si avventa su di noi. Agita la scopa di paglia. Quasi quasi mi colpisce. Poi è la volta di un maniaco con in pugno la mannaia. Ha i capelli sparacchiati sul cranio. Gli occhi sgranati. La pelle rossiccia e tesa. È veramente orribile. Do un’occhiata a Patrick cercando di cogliere le sue reazioni e vedo solo il volto di un uomo spaventato e stupito. E anche un po’ annoiato. Non mi sembra provi alcuna forma di curiosità morbosa. Mi sento un po’ una stupida ad averlo costretto a questo test a sua insaputa. Ancora una volta rivolgo pensieri poco carini nei confronti dell’ispettore Balti. Uno stuolo di pipistrelli ci raggiunge volandoci addosso e facendoci fare il pieno di brividi. Fischioni. Sbuffi di fumo. Grida. Zombi da destra e da sinistra. Alla fine, come piatto forte, prima di uscire dal tunnel ci sono anche Freddy Kruger e Michael Myers. C’è anche un terzo soggetto. Ma non riesco a identificarlo.

Quando siamo fuori dal tunnel lo chiedo a Patrick. “Chi era quello in mezzo a Freddy Krueger e Michael Myers?”
“Era Patrick”.
“Patrick?”
“Sì, Patrick. Patrick è il protagonista di un cult degli anni '70. Un ragazzo in coma che sviluppa poteri della mente per mezzo dei quali commette omicidi. Si innamora dell’infermiera che si occupa di lui e con i suoi poteri l’aiuta a sventare un piano diabolico perpetrato dai responsabili della clinica. Per alcuni quella pellicola è una scemenza, ma a me non dispiace” conclude Patrick.
Rimango sconvolta.
“Come fai a conoscere così bene la trama? Non sapevo fossi un cultore di film dell’orrore”.
“Infatti non lo sono. Ma sì dà il caso che questo film si intitoli Patrick e che il mio nome sia Patrick. Per questo conosco il film. Lo conosco da quando sono piccolo”.
“Mh. Okay”.
“Eccoci arrivati agli ottovolanti, amore” dice Patrick.

Tratto dal romanzo Trova il tuo peccato, Edizioni Della Goccia, 2016