Questo è il mio diario, una lunga lettera d’amore riservata a pochi, a quelli che hanno un segno. Questa storia del segno me l’ha messa in testa il mio ex marito molti anni fa. Lui citava un libro di E. Hesse nel quale si parlava di un segno sulla fronte che pochi eletti possiedono... Nel corso del tempo ho scoperto che è vero, io non lo vedo sulla fronte ma lo sento, arriva come il profumo.

Profumo di basilico

Si sente fino alla strada, l’ho messo sul balcone per odorarlo e per scacciare le zanzare. Sono tante in questa stagione tra l’estate e l’autunno. Mi affaccio la mattina presto quando il cielo ha quel colore viola tra il nero e l’azzurro. E se c’è odore di pioggia fresca annuso le foglie, sennò l’aria intorno ai vasi mescolata a quella del mattino umida malinconica, struggente di vitale abbandono. Respiro a pieni polmoni.

Vende bomboloni e pizzette sulla spiaggia … da una vita. Ha il viso cotto dal sole e passa le giornate nel silenzio, seduta o in piedi, più in piedi che seduta, vestita di bianco lei e la sua cesta piena di unto e delizia. Quando mi passa accanto non sento più l’odore di mare, entro col naso nella sua pasticceria ambulante e mi stordisco.

Per un attimo il profumo del vaso passa nella casa. È una casa piccola dalle pareti bianche fuori e dai soffitti bassi. Io c’entro perfettamente senza sbattere la testa. Chiudo e apro persiane azzurre e verdi, metto le gelosie, quei piccoli spiragli che ti collegano al mondo con dolcezza. E sto dentro il giorno ad aspettare la sera e lui che so vicino per un attimo. Lui arriva presto, ha già mangiato a casa, poco e velocemente, rimangerà con me nella lentezza dell’amore, tra uno sguardo e l’altro, come in un ballo senza tempo… , il vino, quel poco bevuto, è la musica sottile che guida gesti e parole fuori, li fa tuffare con l’eleganza del movimento nel vento di quell’incontro irripetibile. L’acqua, che scende continua, porta via il profumo, inonda l’aria con la sua mano bagnata e mi tiene dove posso ricordare…

Avevo 19 anni in una giornata qualsiasi di sole, d’estate, dopo il mare, sola nella casa che allora era dei miei genitori… mi cullavo nel tepore del corpo toccato dal sole, avevo addosso un accappatoio di spugna leggera. Il campanello della porta strillò improvviso, un urlo nella notte, andai ad aprire e lo vidi, davanti a me, impassibile in attesa, con un sorriso che pareva nuovo. Ci eravamo conosciuti tre anni prima, tra lui e un altro avevo scelto l’altro, il mio fidanzato, erano amici ma in quel momento sulla porta, su quel sorriso, non ricordai nulla di tutto questo, solo l’odore mi travolse, odore di sole appena nato che entrò in casa veloce e delicato. Quando il campanello strillò di nuovo eravamo sdraiati sul letto caldi d’amore… scappai nel bagno a lavare tutto quello che potevo lavare, tutto quello che potevo togliere di quell’incontro. E ricordo gli occhi chiari del mio fidanzato fermi su di me, fermi come il mare quando ti guarda immobile in assenza di vento e ti sembra un gigante. Non c’era vento quel giorno, l’avrei voluto, un vento forte che mi portasse tra le nuvole.

Va innaffiato tutti i giorni se non ci pensa il tempo.

Correvo correvo lontano da quel posto che non aveva nome ma mi aveva fatto paura, una paura sottile, lieve come pioggia piccola e pesante come il cielo quando si abbassa per minacciare. Ero scappata con un impulso preciso, uscire da quel luogo dove non c’era libertà, un vaso senz’aria. E continuavo a correre sul rumore del treno, sull’acqua che scorreva lungo il fiume, sul vento che portava via verso non so cosa… Avevo imparato da piccola a scappare, bastava il più piccolo rumore per atterrirmi e farmi scivolare via con le orecchie tappate infilate nel cotone. E mi nascondevo in ogni luogo possibile, sotto il cuscino, dietro la porta, tra le lenzuola, nell’altra stanza, dietro al mobile.

Così dentro il cotone, senza pensiero, guardavo davanti a me e sentivo caldo, poi freddo. Ero dentro al buio, non volevo uscire (mai più, nessuno avrebbe capito, nessuno avrebbe creduto al mio racconto). Ho sempre immaginato di essere nata nera, nera di fumo, di fuliggine; stavo per soffocare, con un braccio storto premuto sulla faccia mi opponevo a chiunque volesse muovermi da lì, e quando uscii piansi di rabbia e di solitudine (credo), desideravo essere lasciata in pace.

Chissà se quando si muore si ritorna nel ventre caldo di qualcuno. Non so pensare alla fine senza soffocare di paura. Qualsiasi fine mi dà un brivido, la fine di una pagina, la fine di una sigaretta, la fine dell’ora, la fine del tempo con te, la fine di un sogno… Mamma tienimi stretta, l’avrei voluto gridare mentre il suo utero si allargava e mi metteva in braccio a sconosciuti.

Le foglie con la luce del sole diventano grandi, di un colore verde acceso, e vanno tagliate recidendo il mazzetto in alto, nella cima c’è sempre un mazzo pronto per essere colto. È sempre verde, se staccato appassisce o secca con macchie scure, pieno d’acqua si ammorbidisce e muore. La morte l’ho scoperta tardi, avevo venti anni ed ero incredula, non pensavo fosse davvero possibile, ne avevo avuto sempre paura, un’angoscia profonda mi prendeva solo all’idea che qualcosa o qualcuno mi potesse dividere da ciò che amavo. Ricordo che pregai quando me ne accorsi, mi rivolsi a Dio, anche lui improvvisamente esisteva e poteva ascoltarmi. Ero in un piccolo ascensore quando lo seppi, dal mio fidanzato (ex, l' avevo lasciato da poco tempo), me lo comunicò con le lacrime agli occhi, lo sguardo fisso tra paura e disperazione, suo padre sarebbe morto in breve tempo per una grave malattia, i medici erano stati categorici… e infatti in due mesi sparì.

Ho rivisto quello sguardo poco tempo fa… perché il profumo si diffonde ovunque nel tempo e nello spazio e ti lascia per poi riprenderti quando meno te lo aspetti, profumo di basilico, intenso dolce come la vita che ti rincorre ti sorpassa e ti aspetta.

La rincorrevo quando passava veloce sulla spiaggia e la vedevo lontana con la cesta bianca, la sabbia bruciava sotto i piedi e dovevo fare piccole soste tra gli ombrelloni… avevo il sale addosso, la pelle tirata dal mare e una gran voglia di mangiare dolci. Il miele mi aveva cariato i denti, tutti, ma non potevo farne a meno la mia droga nei primi anni di vita era il miele, crescendo sono passata a: cioccolata, sigarette, altro nel periodo che era doveroso osare provare sperimentare, ma non mi sono mai spinta troppo avanti, se penso oggi a qualcosa di cui non riesco a fare a meno è sempre il miele, un tipo diverso di miele che attira a se tutto quello che vola … I profumi nell’aria e nella mente si dirigono veloci e morbidi verso la loro meta, ovunque.

Ho paura che il freddo secchi le foglie, il basilico d’inverno muore... Quando ci siamo innamorati era freddo, ricordo il mio cappotto e il suo, il primo bacio… Le foglie raccolte possono essere conservate, congelate o sott’olio, in quest’ultimo caso si parla di lacrime d’amore fatte di liquido denso e profumato. Cerco l’amore e lo trovo e lo perdo così come l’ho trovato, in un attimo; la favola della principessa e l’orco all’incontrario, il principe bello e perfetto si trasforma nell’orco e la principessa scappa per non essere mangiata.

Le foglie rinascono di continuo come un ritornello. "Quando a oriente il grazioso lume alza l’infuocato volto, ogni occhio terreno a quella visione sempre nuova rende omaggio… " (Shakespeare). L’amore è come il profumo, si può sentire ma parlarne fa pensare a mille opere incompiute, la fine è sconosciuta, il confine misterioso. Quella volta l’ho seguito, subito, dopo uno sguardo. Entrò di corsa nella stanza, un folletto, un uomo bizzarro, due occhi spalancati, sembrava piccolo ma era grande, di una certa età per intendersi, con qualcosa di bambino addosso. Lo guardai fisso, lo riconoscevo, era lui, ma lui chi? Non sapevo assolutamente chi fosse, si precipitò su di me veloce e deciso, frenò forse all’improvviso per non venirmi addosso, sedendosi accanto continuò a guardare i miei occhi, senza sfiorarmi, senza toccare. Il profumo è così, si sente all’improvviso, un attimo prima non esiste, l’attimo dopo è tutto.