17 novembre 2017
L'aereo parte alle 18e30 da Bologna. Partiamo da Ravenna in orario perfetto alle 15 e 30. Alle 16 a Faenza dobbiamo raggiungere Elena che con la sua auto arriva da Alfonsine. Renzo salta l'uscita di Faenza e così spostiamo l'incontro all'uscita del casello di Imola. Aspettiamo un po', ma tutto va bene. Eccoci insieme.

Mi chiedo per quali vie mi ritrovo alla volta dell'aeroporto. Non prendo l'aereo da almeno vent'anni, i viaggi più lunghi, da tempo, li faccio in bicicletta da Ravenna a Marina Romea. Non guido, quindi spetta ad amici o a mio marito accompagnarmi a Cesena, la città dove sono nata e dove ho due sorelle e un fratello. Inoltre tra breve dovrò operarmi all'anca destra perché non dà più segni di vita; mi fa male e zoppico. Da anni - dieci - avrei dovuto operarmi, ma io rimando. Se fosse dipeso da me ancora non avrei partorito neanche mia figlia Marcella, che invece seguendo le leggi di natura è nata nel 1961.

E allora, di nuovo, perché sono qui rischiando di complicare, sicuramente rallentare, il viaggio agli altri quattro? Forse tutta la responsabilità è di Paolo Fresu che passando per Ploaghe ha visto i mosaici del Festival internazionale e ha avuto una folgorazione: Ploaghe, Ravenna, Catia. E io so che al solo pensarla Catia appare, si mette in movimento e riesce a rendere concreto qualsiasi progetto sognato, immaginato e per noi creature umane, irrealizzabile. Infatti la potenza di Catia è sovrumana ma nel gruppo non è la sola. Elena compie addirittura miracoli. In questo periodo trasporta triangoli ovunque, ne sta portando uno anche in Sardegna. Marcello invece oltre ad essere la coscienza di tutto quello che non funziona a Ravenna che sarebbe già un gran lavoro "produce idee" a getto continuo, ma se non ci fosse Elena le idee e i progetti rimarrebbero quasi tutti sospesi a mezz'aria - non toccherebbero terra.

Lei non solo organizza ma ci mette del suo anche se poi tende a ritrarsi, a non apparire. Renzo viene addirittura da un altro mondo, come una meteora sta transitando da queste parti e anche la sua intelligenza è mobile. Viaggia da un capo all'altro del sapere e ha una specie di vocazione del vivere con agio. Ora è la nostra guida. Noi due ci capiamo al volo. Rispetto alla gran mole di lavoro sia nel campo del mosaico sia in quello della musica jazz prodotto da Catia, da Elena e da Marcello noi ci troviamo un poco a lato e la cosa non ci dispiace affatto. Abbiamo la stessa vena ironica e lo stesso piacere per la scrittura. Tutti i nostri progetti hanno preso corpo in grande allegria: ecco quello che unisce il gruppo, ecco la ragione per la quale oggi mi trovo insieme a questi quattro magnifici e irresistibili amici con la certezza che qualsiasi cosa accadrà noi ci divertiremo. Nonostante, ad esempio, la partenza avvenga venerdì 17/11/2017.

I superstiziosi si dividono in due categorie: quelli che sostengono l'origine di iettature il 13 chi il 17. Noi per accontentare tutte e due le categorie siamo partiti venerdì 17 e guarda caso i nostri posti in aereo, già prenotati, sono nella fila n. 13.

All'aeroporto ci perdiamo quasi subito. Renzo, che ha organizzato nei minimi dettagli il viaggio va avanti, Catia, io siamo nel mezzo e Elena e Marcello ci seguono, ma in un attimo, spariscono, noi due ci guardiamo e iniziamo a ridere: erano andati a fotografare il triangolo tra due Lamborghini. E in cinque saliamo sull'aereo per un viaggio troppo breve. A me piace guardare le cose dall'alto, poi di notte le luci dei paesi che sorvoliamo indicano che lì c'è vita. Infine il profilo della costa toscana e l'attraversata del mare. Terra. Olbia. Un attimo. Perdersi in aereo è quasi impossibile, quindi siamo partiti e siamo arrivati in cinque. Per poco.

Renzo parte alla ricerca dell'auto che ha noleggiato. Noi gironzoliamo nel vasto parcheggio dell'aeroporto. Finalmente Renzo ci avvisa che ha trovato l'agenzia; è dietro la siepe. Ci guardiamo intorno, siamo circondati da siepi. Catia trova quella giusta. Ma non è semplice ritirare un'auto già prenotata. I documenti e le domande richieste sono infinite e assurde: quanto guadagna, che lavoro fa, quanti figli ha, è vegetariano, quante volte fa la doccia e va in bagno, quanto pesa, che sport fa, vuole l'assicurazione, e via di seguito. Finalmente, sfinito dal lungo interrogatorio, Renzo esce dal box e ci conduce alla vettura. Noi lo seguiamo e si parte per Ploaghe alla volta dell'agriturismo di Antonia Masala e di Fabiano Salvador, presidente e vice presidente del Festival internazionale Mosaico &Art.

Nella superstrada siamo quasi soli, nell'auto è in funzione il navigatore, anzi due, ma tra di loro non si accordano e indicano percorsi diversi. Andiamo fuori strada una volta sola. Rientriamo. Catia inizia a raccontare episodi della vita dei suoi nonni e di sua mamma. Abbandona l'italiano forbito, cambia voce, cambia lingua, cambia persona. Dà corpo a un "come eravamo" con autoironia affettuosa e contemporaneamente tagliente. Elena e io giù a ridere come matte. Marcello, davanti, dice a Renzo: ecco incominciano a ridere, chi le ferma più? Dopo un'oretta, abbandoniamo la retta via e ci addentriamo in una stradina buia in mezzo al bosco: quello di Hansel e Gretel, di Cappuccetto Rosso, di Pollicino. È sempre così, gli agriturismi te li devi conquistare. Altrimenti sarebbero b&b o alberghi. In fondo al buio una luce. Siamo arrivati.

Antonia ci aveva parlato di una gran cena. E una gran cena è stata. Dal Piemonte, al Friuli, alla Sardegna percorriamo, in compagnia di cibi, prelibati mezza Italia. Ad accoglierci e a condividere con noi i piaceri della tavola ci sono soci autorevoli dell'associazione che organizza il Festival internazionale del mosaico e il sindaco Carlo Sotgiu. Dopo cena, brevi discorsi ufficiali, doni e una lettera del sindaco di Ravenna a quello di Ploaghe. Rimango sempre incantata dagli interventi di Catia. Parla come "un libro stampato". Parte dalle origini - da Paolo Fresu - mette subito in chiaro la sua professionalità, per poi raggiungere passioni, condivise dai presenti. Il tutto senza sbagliare un congiuntivo, un accento, un termine.

In questo giorno infinito abbiamo superato la stanchezza. A fine serata, usciamo da quel luogo accogliente per compiere un altro breve tragitto e raggiungere così un letto di qualsiasi tipo, dal futon al giaciglio, tutto, a questo punto, va bene, pur di abbandonarci alla posizione orizzontale. Prima di salire in macchina alzo lo sguardo e il cielo mi è così vicino che mi vien voglia di toccarlo con un dito.

A Ploaghe la casa che ci ospita porta il numero 17. Anzi di 17 fuori dalla porta ce ne sono due. È difficile condividere la stessa casa in cinque senza urtarsi, a urtarci ci penseremo magari domani; questa sera voliamo nelle nostre stanze, sfiniti. Ma anche se sono sfinita non dormo. Nella mia mente vanno e vengono pensieri notturni. Ritorna la domanda del perché sto così bene con queste amiche e questi due amici. Gli uni separati dagli altri abbiamo, come quasi tutti, le nostre vite complicate, in questo momento poi, la mia, è particolarmente storta. Eppure, con loro, ritorno ancora a condividere la stagione della giovinezza. Non so cosa sia esattamente l'amicizia. I gusti in comune? Le affinità o le differenze di carattere? La creatività moltiplicata per cinque? Lo stesso modo di vedere le cose? I consigli reciproci? Forse. La cosa più probabile credo risieda nella certezza istintiva, assoluta di non essere giudicata dagli altri amici. Posso dire qualsiasi cosa, dalla più sconcertante scemata, al segreto più intimo e magari vengo criticata o consigliata, ma mai giudicata. La totale libertà di parola, insomma. O forse quel senso di irresponsabilità, di spensieratezza che è il bello della giovinezza, solo qui recuperabile.