Era una stramaledetta serata piena al Villarock. C’era talmente tanta gente che sembrava di stare in viale Ceccarini alla notte rosa. Era la serata Schiuma Party. Quindi c’era un cretino che sbrodolava melma biancastra e puzzolente da un cannone simile a quelli che si usano per la neve artificiale. E la gente si lascia investire in pieno da quel getto viscido e colloso. E ridono, e si divertono. Poi, siccome il Villarock è in cima a una collina, verso le tre del mattino battono i denti, investiti dal vento, bagnati fradici, collosi e puzzolenti.

Lo schiuma party è la manna dei pervertiti. La pista si riempie del liquido seminale del cannone. Quaranta cinquanta centimetri di poltiglia sul pavimento. E il cannone continua a spruzzare, dall’alto della consolle, finché la pista appare come un brodo primordiale in cui nuotano batteri monocellulari. E tra il buio, l’alcol, e la cascata di melma, i pervertiti spalpazzano alla grande culi e tette.

Ogni due minuti c’è una ragazza che corre a cercare un buttafuori. “Un tizio mi ha preso da dietro e mi ha smanazzato le tette”! “Chi è stato”? Risponde il buttafuori. La ragazza si gira verso il brodo primordiale, osserva decine e decine di corpi ricoperti di melma.“Non lo so”, risponde.

Ho sempre odiato quel tipo di eventi. Per fortuna la maggior parte dei metallari e dei rockettari detesta la schiuma. Non ce la vogliono nella loro pista. Lo schiuma party è una schifezza riservata alla pista commerciale. E io sono di guardia alla pista dei rockettari. Ma quando c’è un evento stupido, gli stupidi accorrono a frotte. E i guai non mancano.

La maggior parte della gente sguazzava nella melma. Quasi tutti i buttafuori erano impegnati intorno alla pista commerciale e all’ingresso. Durante certe serate non è male stare all’ingresso. Devi controllare le borse delle ragazze: ci infilano di tutto. Lattine di birra, bottiglie di vodka o di amaro, tequila, fiaschette, bottiglie di plastica con i cocktail preparati a casa. Ce ne sono alcune che nelle bottiglie di plastica cercano di imboscare superalcolici come la sambuca, o altre brodaglie di colore trasparente. E credono di passarla liscia. Il bello è sequestrare tutto, metterlo da parte, e dividerselo con i colleghi a fine nottata. Poi, però, quando l’ingresso chiude, i buttafuori vengono assegnati d’ufficio al posto in cui c’è più bisogno. Mi era andata bene.

Verso mezzanotte e mezza un collega ci ha avvertito di tenere d’occhio quattro persone appena entrate. Due ragazzini di quindici anni, e i loro padri. C’era stata una discussione all’ingresso. Il responsabile della sicurezza non voleva farli entrare. L’età minima per una discoteca è sedici anni. Uno dei due padri aveva dato di matto. Diceva che la responsabilità di suo figlio era sua. “Lasciali entrare”, aveva detto uno dei gestori.

Al Villarock la pista commerciale è la prima che si incontra, appena entrati. Per la pista rock bisogna prendere un sentiero piastrellato sulla destra e farsi una ventina di metri in salita. È un locale costruito in modo che non ci siano interferenze tra i generi musicali. Ho dato uno sguardo verso il basso. La pista commerciale era piena, non ci entrava più nessuno. Ci ballavano anche intorno. Il cannone sparava. I due barman correvano come pazzi. Sentivo i colleghi chiamarsi per radio e riferirsi le posizioni. Ho visto i due over cinquanta con i loro marmocchi. Si sono fatti largo a spallate e sono arrivati al bancone del bar. Mi sono incamminato verso la pista commerciale, senza perderli di vista. I due marmocchi erano bassi, e piuttosto grassi. Hanno buttato giù un paio di shot di non so che. E si sono messi a ballare tra di loro, in mezzo alla pista. I due vecchi sembravano Stanlio e Ollio. Solo che quello più grasso era alto la metà dell’altro. Sono salito sul palco della consolle, dietro al cannone spara melma. C’era puzza di gas e merda, dietro quell’affare.

Stanlio e Ollio erano quasi sotto ai miei piedi, appoggiati al bancone, e non mi potevano vedere. I due marmocchi erano facilmente riconoscibili, anche ricoperti di schiuma. Dalla pista saliva un gran caldo umido di fiati e calori corporei. Il bianco della schiuma era chiazzato di macchie scure di cocktail e vomito e cicche di sigaretta. E tutta quella gente aveva il sorriso stampato mentre sguazzava e saltava. Stanlio ha raggiunto i marmocchi in mezzo alla pista. Gli ha passato due bicchierini. I marmocchi hanno buttato giù d’un fiato, e si sono piegati a metà. Li vedevo tossire. Stanlio ha fatto un cenno a Ollio ed è scoppiato a ridere, battendosi una mano sulla gamba.

I marmocchi hanno ripreso a ballare. Non erano un bello spettacolo neanche da sobri, ma adesso sembrava che ballassero una musica tutta loro. Si dimenavano, scoordinati. Barcollavano, e ridevano. Ollio li ha raggiunti, e si sono messi a ballare. Prendevano a manciate la schiuma da terra e se la lanciavano. Si prendevano tra di loro e se la spalmavano in faccia. Uno dei due marmocchi ha vomitato. Erano sbronzi, tutti e quattro. Il più grasso dei due padri si è girato alla sua destra e ha ficcato una mano sotto la gonna di una ragazzina. È stato non più di un secondo. Quando la ragazza si è girata non riusciva a capire. Probabilmente era sbronza anche lei. E si stava chiedendo se fosse successo davvero. Ho visto i quattro ridere di gusto.

Poi uno dei due marmocchi ha deciso di provare. Si è girato, e ha smanazzato il culo di una biondina alla sua sinistra. Ma è stato troppo lento. Se l’è goduta, la palpata. Non aveva l’aria di uno dalle mani abituate. Ha peccato d’avarizia. Il ragazzo che stava ballando con la biondina l’ha beccato. Con un braccio ha spostato lei, e con l’altro ha schiantato un manrovescio sulla guancia paffuta del marmocchio. Ho aperto il canale e ho urlato: “pista giù! In mezzo”! Ho guardato la melma sotto di me. E mi ci sono buttato dentro. I due padri si sono messi in mezzo. Quello più grasso ha preso il ragazzo della biondina per la gola e l’ha affondato nella melma. Ero a non più di tre metri. C’era un sacco di gente, e un sacco di melma. Il più alto dei due padri ha tirato fuori dalla tasca uno spray al pepe. Il ragazzo della biondina si è rialzato dalla schiuma e si è pulito la faccia. Ha puntato il dito e ha detto qualcosa. Il padre grasso l’ha immobilizzato, e il più alto gli ha riempito gli occhi di pepe. Il ragazzo è caduto come un sacco, sprofondato nella schiuma, con le mani sul viso. La ragazza urlava. Si era aperto un cerchio intorno a loro. Uno dei due marmocchi ha dato un calcio al ragazzo. E un mio collega l’ha steso con una bracciata. Siamo arrivati in sei, nello stesso momento. Ho strappato di mano lo spray al bastardo più alto e l’abbiamo portato fuori. Urlava e si dimenava. “Non ho finito con quella merdina”! Diceva.

“Cosa cazzo ha”? Mi ha chiesto uno dei gestori all’ingresso.
“C’è bisogno di un'ambulanza”, ho risposto. “Per lui”?
“No. Non ancora, almeno”.

Il gestore si è fiondato dentro, con il cellulare all’orecchio. Un mio collega è uscito con i due marmocchi. E altri due con il padre più grasso. L’ingresso era chiuso, non c’era più nessuno.

Il gestore è uscito con il ragazzino in braccio. La biondina al seguito. Lei piangeva. Lui sembrava un peso morto in braccio al gestore. Il gestore si chiamava Vanni, aveva quasi settant’anni. Ma era alto poco meno di due metri, e aveva due belle spalle. “Il barista gli ha lavato la faccia con due bottiglie d’acqua”, ha detto. “Credo che sia svenuto. L’ambulanza sta arrivando”. Poi si è girato verso il più alto dei due padri. “Sono quarant’anni che faccio questo mestiere. E ne ho viste di stronzate. Ma una cosa così... Chi ha lo spray? Serve come prova per la polizia”. “Ma quale polizia”? Ha detto il padre più alto. “Noi ci siamo solo difesi. Questo qui”, e ha indicato il ragazzo a svenuto, “ha dato un ceffone a mio figlio”.

Il gestore mi ha chiesto lo spray. Poi si è avvicinato a quel tizio. Gli si è piantato davanti, a non più di dieci centimetri. Lo fissava negli occhi. Era pronto a premere lo spray con il pollice. È passato del tempo, non so quanto. Abbiamo cominciato a sentire le sirene. Vanni non si è mosso da lì finché dall’ambulanza non sono scesi i soccorritori.