Fin dalla sera prima, Demetrio, il vecchio pescatore, ammiccando a Monte Giove coperto di veli oscuri, aveva preannunciato libeccio. Il mare, gonfio e pieno di sprazzi bianchi al largo, sembrava pronto a scoppiare. Tuttavia, anche quel giorno Pietro e l'asino comparvero alla solita ora alla curva della Torre e presero in su per la stradina del Porticciolo verso la campagna del Ventura.

Due o tre contadini erano già curvi sulla vigna e non si voltarono nemmeno allo scalpitio dell'asino. Era un rumore consueto, Pietro passava sempre di lì a quell'ora, e per patto tacito nessuno gli rivolgeva un saluto, che tanto lui non avrebbe mai risposto.

Non parlava con nessuno, Pietro, era sempre solo e sempre così cupo. Eppure quelli che lo avevano conosciuto prima della morte di sua moglie, dicevano che era stato un uomo aperto e quasi allegro. Era un contadino d'uva, e coltivava quelle terrazze enormi di uva moscato e di aleatico che appartenevano al Ventura, su verso Porticciolo. Dopo la morte della moglie, aveva lasciato andare le vigne in malora, e il Ventura gli aveva tolto quel lavoro e anche la casa in vigneria. Ora lavorava ancora per il Ventura, portando ortaggi dalla campagna fino alle barche ormeggiate al porto di Rio Marina, che ripartivano poi per Piombino.

La disgrazia della moglie era successa vent’anni prima. La donna era morta senza una ragione apparente nel giro di pochi giorni, senza che i dottori di Portoferraio fossero riusciti a capirne la ragione. Da allora, Pietro non era stato più lui. Lo si vedeva vagare per la campagna a lunghi passi gridando: "Ma perché, ma perché?" per giorni e giorni, che manca poco lo rinchiudono in manicomio. Si erano fidanzati da bambini, lui e la moglie, ed erano vissuti sempre insieme, e non facevano un passo l'uno senza l'altro.

"Erano troppo attaccati l'uno all'altro, erano come l'edera e il fico" dicevano le donne. La gente, quando parlava di lui, ricordava anche il dispiacere avuto dal figlio, che si era venduto quel piccolo pezzo di terra che Pietro si era comprato dal Ventura - scappandosene poi in continente con una sgualdrina conosciuta nell'estate a Marina di Campo. Nemmeno i bambini scherzavano con Pietro. La sua figura asciutta e nera, col volto di vecchio scavato e irsuto, incuteva rispetto e paura. Quando passava smettevano di giocare, e lo seguivano a lungo con gli occhi, come incantati - così come era successo a Giovanni - fino a che la sua figura non spariva dietro la curva.

Quando cominciò a piovere, Pietro aveva appena finito di riempire di verdura le due ceste dell'asino. Pietro già lo sapeva che sarebbe venuto un diluvio, era da un pezzo che guardava il cielo con uno sguardo preoccupato. Bastiano, quel suo vecchio asino, era malato, e lui aveva paura che un acquazzone lo avrebbe rovinato del tutto. L'asino era l'unico essere vivente con cui Pietro parlava. Qualche volta perfino lo carezzava, così nel collo, con la sua mano secca, e gli brontolava delle parole nell'orecchio, come se Bastiano lo capisse.

Caricate le ceste sull’asino, stavano ora ridiscendendo dalla strada del Porticciolo verso il paese. Pietro affrettò il passo, camminando in fronte all'asino e tirandolo per la corda. Così li incontrò Giuseppino, che era andato a mettere al sicuro le sue due capre, e quando vide Pietro tutto curvo e infreddolito sotto la pioggia lo invitò a fermarsi nella sua stalla. Ma Pietro non gli dette ascolto - forse non lo sentì, l'acqua scrosciava già forte.

Giovanni in seguito si fece raccontare più volte da Giuseppino di questo incontro, che, chissà perché, lo aveva molto impressionato. Tanto è vero che Giovanni continuò per anni ad avere lo stesso sogno: l'immagine del vecchio Pietro che si trascinava un asino nero e recalcitrante mentre nel cielo scoppiavano tuoni e fulmini. Giovanni si immaginava anche i colloqui di Pietro con la sua bestia: "Eh, lo so, lo so, Bastiano, che avremmo dovuto rimane’ a dormì questa mattina, porca miseria, lo sapevo io che sarebbe venuto tempaccio… Ecco, lo vorrei sape’ proprio perché t’ho portato qui! Per fare un piacere al Ventura? Ma no, ma no, chi se ne sbatte di quello lì... Lo vorrei sape' anch’io perché t’ ho portato a lavoro... È proprio una cosa che non ha senso. È tutta la vita che faccio cose senza senso. Sgobba’ così, da mattina a sera, senza mai fermarsi - ma uno nasce così, è come una condanna, come una malattia. Povero Bastiano, tremi tutto dal freddo... È tramontana di quella boia, e poi c’è quest'acqua gelida. Ma ce la faremo anche stavolta, Bastiano... piano, piano, guarda dove metti le zampe, stai attento, perdio, che fai casca’ anche me... Sta attento! E ora forza, forza!"

Fu alla curva sotto la chiesa di Santa Filomena che, a detta del Ventura, Pietro scaricò le ceste dall'asino e le buttò per terra. Il viottolo che scendeva abbasso era già tutto un pantano e le ceste furono ritrovate due giorni dopo, tutte infangate. Di certo, Pietro aveva voluto alleggerire la bestia, che non ce la faceva più. "Ecco, anche te ti sei fatto coglie dalla vecchiaia. Non ce la fai più, eh? ... piacerebbe anche a me, sai, lasciarmi cadè per terra, chiude gli occhi, e non curarmi più di nulla... Dopo che anche quel farabutto di figliolo mi ha lasciato. Ecco, dice lui, vado in continente per un po' di tempo, faccio soldi e ti rivengo a prende. Ma sono più di vent'anni, e non s’è più fatto vede’. Nemmeno una lettera! L'ultima mi è arrivata dieci anni fa. Sono dovuto anda’ dal prete a farmi legge le sue lettere, io... In tutto mi ha scritto tre lettere , e prima me le facevo sempre rilegge, poi un giorno l’ho buttate via ... Anche lui non c’è più... che dannazione, Bastiano, che dannazione... Senza sape’ se è morto o vivo. Ma io me ne sbatto di lui lì! Lui si vergognava di me, di un padre così bifolco, forse ha davvero fatto soldi, che Dio stramaledica i soldi e il continente e tutti quelli che ci razzolano... Io me ne sbatto delle sue lettere. Dieci anni senza sape’ se è morto o vivo… Forse è morto, Bastiano, forse gli è successo una disgrazia. In un modo o nell'altro anche lui non c’è più".

A quel punto erano già arrivati alle prime case del paese, dove lo stradello diventava selciato. Fu la Marianna, la moglie di Pilade il pescatore, che lo vide e si spaventò nel vederlo tutto fradicio e con quella bestia tutta pelle e ossa che tremava da capo a piedi. "Lo chiamai, gli volevo da’ il mi’ ombrello, ma lui parlava fitto fitto col suo asino e non mi guardò nemmeno...". "Ah, Bastiano mio, non ti ho mai visto così conciato... Questa volta ti ammali davvero, lo so. Ah, avrei dovuto lasciarti dormì, maledetto me!.. Su, stai bravo, che siamo arrivati, ora ti porto all’asciutto e ti metto una coperta sul groppone... forza che ci siamo, ancora dieci minuti... piove anche di meno, ora... Anch'io non ce la faccio più, sai?

Quel giorno era domenica, e improvvisamente le campane della chiesa cominciarono a suonare. Un suono che si sentiva bene anche nello scrosciare della pioggia. Di sicuro Pietro si fermò ad ascoltare. Era stato don Mario il prete a raccontare di Pietro e delle campane. Don Mario era l'unico che aveva parlato con Pietro negli ultimi anni, quando lui andava a farsi leggere le lettere del figlio. E qualche volta Pietro si era lasciato andare a qualche confessione, anche se le faceva usando poche parole. Anche quella volta delle campane, Pietro non aveva detto molto, solo che quand'era bambino, e vagava da solo nei boschi, si fermava sempre ad ascoltare le campane, perché gli mettevano uno strano fermento dentro, specialmente quando era piovuto -diceva lui - e dalla terra veniva quell'odore di erba bagnata. E qualche altra volta, Pietro aveva perfino raccontato a don Mario di quelli che erano stati i suoi sogni di gioventù.

"... Sì, quando ero giovane! Anche allora era la stessa cosa, Bastiano... Da mattina a sera, tutti i giorni che Dio metteva in terra, sempre a sgobba’ come bestie. Una differenza c’era, Bastiano, di questo mi ricordo bene. Era così, che da giovani ci si aspetta qualcosa, capisci, si sentiva una voce dal di dentro che diceva che qualcosa sarebbe cambiato. Era un aspetta’ continuo, da un giorno all'altro, era quasi bello, ogni mattina ti svegliavi e pensavi che sarebbe successo qualcosa, e allora non t’accorgevi nemmeno della fatica, di tutte quelle ore di lavoro. Ecco, domani, dicevo, sarà diverso, capisci Bastiano? E poi invece un giorno ti accorgi ch’è tutta una fregatura ché non succede e non succederà proprio niente. Dopo tant’anni passati a sgobba’ e soffrì, t’accorgi infine che non c’è proprio niente d’aspetta’. Allora quella curiosità per il domani svanisce, svanisce, non la senti più, te ne dimentichi, non ti resta che aspetta’ la morte. Te ne ricordi solo a tratti, ecco, quando senti le campane, maledizione, ti fanno ricorda’ di quando eri giovane, di quando c’era la speranza... Che fregatura, Bastiano, che fregatura!

Non furono molti a vederlo, perché era freddo e per le strade non c'era quasi nessuno. Quelli che lo videro raccontarono la stessa cosa che Pietro era pieno di riguardi per l'asino, che lo sospingeva gridandogli parole d'incoraggiamento. Ma Bastiano tremava tutto, non ce la faceva più. Arrivati alla grande siepe di fichi d'india, Pietro lo fece fermare, ma non gli permise di accovacciarsi, aveva paura che non si sarebbe più rialzato. Voleva prima portarlo all'asciutto, nel magazzino della spiaggia. Lo tenne su, aiutandosi con bruschi strattoni di corda e grida quel grido rauco di Pietro che sembrava venire direttamente dalla pancia più che dalla gola. "Forza che ci siamo, Bastiano... ancora cento metri, perdio! Non ti ferma’ proprio ora. Forza che dentro c’è asciutto, e ti faccio un bel foco. Dai, vieni...".

Lo tirava con forza, e la bestia si muoveva lentamente, e - a detta di Demetrio che li vide arrivare, Bastiano aveva già le gambe rigide e gli occhi vitrei. A Demetrio, che con l’aiuto di Ughetto e degli altri pescatori era venuto per mettere al sicuro le barche dalla mareggiata, venne sulle prime l'idea di andare a aiutarlo. Ma poi, come raccontò lui in seguito, si rese conto che quella era una cosa privata, fra Pietro e l'asino che nessuno poteva intromettersi.

Pietro spalancò con un calcio la porta del magazzino e spinse la bestia dentro. L'asino si accasciò al suolo "con un gran sospiro", come raccontarono Demetrio e Ughetto che osservavano la scena da una decina di metri di distanza. La porta del magazzino era rimasta aperta e così Demetrio e Ughetto poterono vedere quello che successe. L'asino si era disteso per la sua intera lunghezza e respirava pesantemente. Pietro gli camminava intorno agitato, parlando a voce alta come uno spiritato. Lo si vide chinarsi presso la testa della bestia, poi saltar su e correre ai suoi piedi per tastare il pulsare dei tendini, e via su di nuovo a carezzargli il collo bagnato di pioggia e di sudore.

Così forse li trovò il Ventura. Aveva visto l’arrivo di Pietro dalla finestra della sua casa, e aveva notato che l'asino non aveva le ceste. Era venuto al magazzino a passi svelti, con i suoi stivaloni verdi e l'ombrello verde nuovo, e si vedeva che era arrabbiato. Ma, come raccontò poi Ughetto, il Ventura si fermò alla porta del magazzino e vide la scena di Pietro e del suo asino, e senza proferir parola indietreggiò, affiancandosi al gruppo dei pescatori che osservavano la scena.

"Ecco, guarda, ti metto questa coperta addosso, ecco, così avrai meno freddo. Smettila di trema’ così, perdio, aspetta che ora ti accendo il fuoco... Maledizione, maledizione, ma che fai, Bastiano, ma che fai? Ma che muori?...". Fu a questo punto, doveva poi raccontare Demetrio, che successe quella cosa che fece loro male al cuore: che Pietro si alzò in piedi, drizzandosi in tutta la sua persona, e poi gli tirò un calcio che risuonò cupo nel vasto magazzino. Pum! Un calcio, proprio così, Pietro al suo stesso asino. E poi un altro, e un altro ancora. "Ecco, anche tu mi lasci, Bastiano. Maledetta bestia, mi lasci anche tu, dopo tutti questi anni, dopo tutto quello che abbiamo fatto insieme, dopo tutto quello che io ho fatto per te... Carogna, maledetta bestia, anche te, anche te! Tie', piglia questo, e poi questo!".

Ughetto, il Ventura e gli altri pescatori si raggrupparono intorno a Demetrio e stettero a guardare immobili, nonostante la pioggia e il vento gelido. Videro come Pietro, dopo la sua breve furia, si fermasse, rimanendo immobile in piedi vicino all'asino. Come poi si chinasse su di lui tenendosi la testa tra le mani. E così lo lasciarono, solo.