Carpione fatale

“Li vede quei cormorani? È un’invasione. Li hanno portati i cinesi. E i cinesi controllano anche il mercato della pesca qui sul lago. Dei vecchi pescatori siamo rimasti solo io e la Maria, una vera leggenda. Ci conoscevamo tutti durante il periodo della guerra, eravamo una decina. Lei era l’unica donna. Una forza della natura! Pensi che usciva tutti i giorni prima del tramonto con la barca a remi a metter giù le reti e all’alba tornava puntuale a recuperarle. Non ho mai capito come facesse con quattro figlie, perché lei non si limitava a pescare ma cucinava anche il pesce e al mattino lo portava in giro per i paesi. Il suo Lavarello in carpione è sempre stato il migliore, imbattibile. Ma ci sono molte storie intorno alla Maria, è un personaggio, è inevitabile. Già da ragazzina aveva voluto seguire il padre nel duro mestiere della pesca: mi immagino la sua ostinazione. Una donna di carattere, indubbiamente. Che non si faceva dire niente da nessuno. E che non si tirava mai indietro.

Come quando nell’estate del '44 erano venuti a casa degli strani personaggi a chiedere di portare in Svizzera, in barca, una persona importante. Siccome il padre in quei giorni si era infortunato era successo che la Maria si fosse offerta come alternativa. Quegli uomini non si fidavano ma lei non si era fatta mettere da parte e li aveva convinti, tanto che la persona da traghettare, riconoscente, le aveva regalato il suo orologio.

Le dico anche un’altra cosa: se avesse visto la Maria quando veniva su in paese a vendere il pesce si sarebbe accorto come me che le sue clienti erano solo donne e che gli uomini curiosamente se ne stavano a distanza. E sa perché? Per quel fatto drammatico di cui si parlò per anni su entrambe le sponde del lago.

Va detto che il marito era un poco di buono, un ubriacone. Le molestie erano cosa di tutti i giorni. Sembra però che un giorno il disgraziato abbia puntato alla figlia primogenita e Maria, che stava sfilettando dei lavarelli, non abbia più retto colpendolo dritto al cuore il con il suo coltello. La vicenda ebbe un seguito clamoroso perché al processo si presentò tutta la città compatta e furono in molti a testimoniare a favore della donna.

Bene, non mi crederà ma la Maria fu scagionata, non fece neppure un giorno di carcere. Per questo tutte le volte che arrivava il furgone bianco della Maria io li osservavo gli uomini e dentro di me sorridevo di fronte alla pavidità umana, mentre le donne, soprattutto le più anziane, facevano capannello intorno all’omicida come per afferrare, non il segreto dell’irraggiungibile carpione bensì il coraggio di farla finita con il proprio insopportabile consorte”.

Tonio nel blu

Ho conosciuto Tonio a Capri, un’estate di qualche anno fa. Frequentavamo lo stesso bar a picco sul mare, io turista, lui indigeno isolano, mito della pesca subacquea. Quando l’ho incontrato la prima volta stava meditando in cima a uno scoglio nella posizione del loto, a occhi socchiusi in mezzo alla ressa di bagnanti della domenica. Mi confiderà più tardi di essere rimasto a lungo immobile per seguire le mosse di una giovane turista tedesca, una tal Eva, che poi ha effettivamente abbordato e della quale, mentre mi racconta, mi mostra il numero di telefono.

Tonio non è diventato pescatore per vocazione, il suo è un passato di grandi disponibilità di denaro, di bei vestiti, di ragazze e feste senza limiti. Poi il vento degli affari è cambiato e il padre ha dovuto vendere la proprietà mentre tutti i membri della famiglia - i genitori, i fratelli - hanno deciso di cambiare aria e di trasferirsi all’estero. Lui solo si è fermato sull'isola. Con gli spiccioli rimasti e qualche camicia firmata nella valigia ha preso casa nel sud dell’isola, lontano dalla mondanità, e lì ha ricominciato.

L’idea della pesca gli è venuta per caso parlando con un amico. Da caprese doc, Tonio conosceva molti posti buoni e così, dopo essersi procurato una muta e un fucile a elastico ha cominciato. Si tratta di un lavoro altamente sfibrante e pericoloso. Tonio si immerge a oltre 30 metri di profondità e caccia “all’aspetto”, rimanendo per una manciata di secondi immobile dietro a uno scoglio per insidiare i grossi pesci che al tramonto vengono verso riva. Per fare ciò si sottopone ad apnee sovrumane che solo grazie alla pratica yoga e alla meditazione è in grado di gestire. Come se ciò non bastasse Tonio pratica la pesca durante tutto l’anno. I mesi migliori sono quelli in cui si riduce il movimento delle barche intorno all’isola e anche i pesci sono più tranquilli. Lo stress psicofisico al quale si sottopone non gli permette di pescare più di due giorni alla settimana. Ma le soddisfazioni sono tante. Una volta l’ho visto trattare la vendita di una cernia di 20 kg in un ristorante di lusso – mi ci pago l’affitto in un colpo solo, mi aveva detto Tonio strizzandomi l’occhio - e un’altra volta si è presentato al nostro bar ancora con la muta addosso e i capelli bagnati portando all’arpione un piccolo tonno lungo circa un metro che insieme abbiamo poi mangiato tagliandolo a tranci e cucinandolo scottato appena un attimo sulla piastra. Credo di non aver mai mangiato nulla di più saporito e fresco in vita mia.

Oggi che scrivo questo ricordo di Tonio qui spira un vento freddo proveniente dai monti e la primavera tarda ad arrivare. Ieri ho messo un piede nell’acqua del lago e mi sembrava di morire. In momenti come questo mi giunge l’immagine di Tonio immobile nel blu di qualche fondale profondo mentre, concentrato e felice, aspetta un nuovo pesce da insidiare.