Tutti i bambini del paese conoscevano il mago Palandrana, i suoi capelli intrecciati, la sua maschera per le danze rituali. Lo avevano sempre visto in compagnia della vecchia Holda, una donna più anziana di lui che non si è mai saputo bene se fosse sua madre, sua moglie, sua sorella o una collega di magia, forse una strega, forse una fata.

Una gatta azzurra con il pelo soffice e arruffato li accompagnava dovunque, inseparabile come un’ombra. Il felino dagli occhi blu piaceva molto ai bambini del paese per il colore del pelo lucente e per l’agilità dei suoi movimenti. Solo Letizia, una bimba allegra come una melanzana, con i capelli corvini e gli occhi verdi punteggiati di giallo, però, conosceva il mistero di quell’animale dallo sguardo umano. Una domenica, infatti, la gatta azzurra era apparsa nella sua stanza e le aveva detto:

Son la gatta misteriosa
e gironzolo curiosa
sono molto più sincera
di qualunque gatta nera.

Se mi fate una carezza
voi avrete la certezza
che sul pelo mio turchino
può dormire anche un pulcino.

Sono bella e morbidosa
il mio nome è Sinforosa
appartengo al grande Mago
a voi tutto offro uno svago.

Letizia non si era meravigliata che il gatto parlasse, in qualche modo lo aveva sempre saputo e l’aveva ascoltato con interesse. La gatta le aveva allora portato questo messaggio del mago Palandrana:

Palandrana vuol vedere
proprio nella sua dimora
tutti i bimbi del paese
domattina di buon’ora.

Letizia, sapendo che i gatti parlano molto bene, rispose con queste parole:

Oggi quando vado a scuola
porterò la tua parola
condurrò di certo tutti
bimbi, bimbe, belli e brutti.

Il gatto ringraziò e scomparve, mentre Letizia si alzò, si preparò e andò a scuola. Durante la ricreazione spiegò ai compagni che il mago Palandrana voleva incontrare tutti i bambini del borgo. Alle otto del mattino del giorno seguente i trentatré bambini del paese entrarono nel giardino del mago Palandrana. La gatta azzurra era sdraiata e appena vide che c’erano tutti si alzò, si stiracchiò e andò a chiamare il mago. Il mago uscì dalla porta, fece un cenno di saluto ed esclamò:

Benvenuti miei bambini
dai più grandi ai più piccini
oggi voglio organizzare
un evento un po’ speciale.

Voi ben poco conoscete
e del resto non potete
cosa avviene oltre la vita
ossia dopo che è finita.

Oggi voglio a voi spiegare
che la morte non è un male
soprattutto se chi muore
ha vissuto in gioia e amore.

Una vecchia che trapassa
con un suono di grancassa
porta doni a voi bambini
soldi, semi e regalini.

Se durante il funerale
una specie di giullare
accompagna l’animella
lassù in alto su una stella.

E se i bimbi tutti quanti
dietro in mezzo e anche davanti
fanno parte del corteo
anche l’ultimo babbeo.

La vecchina sale in cielo
alla fine dell’Inverno
per tornare in Primavera
giovinetta battagliera.

Ora il freddo l’ha stancata
e la terra è ormai gelata
giunge il tempo di finire
e domani vuol morire.

Alle tre del pomeriggio
con il prete Don Remigio
si comincia la sfilata
per la nostra vecchia fata.

Letizia, portavoce degli altri bambini, così rispose al mago:

Maghello maghello
domani danzeremo
bruceremo nel gran fuoco
ogni oggetto vecchio e rotto.

Ma Diletta, la bimba più piccola, si mise a piangere e urlò:

Ma io ho paura!

Allora il Mago Palandrana la rassicurò:

Mia piccola fanciulla
vedrai che non è nulla
uno spirito leggero
sale in cielo per davvero.

La Natura ha il suo ciclo
è la legge del riciclo.

A quel punto intervenne Federico, il bimbo più coraggioso di tutti, che disse:

Domani è Epifania
porterò anche mia zia
che farà dolci e dolcetti
con fagioli, fave e ceci.

Tutti insieme al funerale
di una vecchia assai speciale
che poi nasce a vita nuova
con un mazzolin da sposa.

Il mago ringraziò i bimbi e si congedò. Tornato a casa assicurò alla vecchia che il funerale sarebbe stato allegro come lei desiderava. Allora Holda disse:

Devi cucire un vestito da sposa
di tulle rosso velluto di rosa
velo di seta copra il mio viso
e scarpe bianche per il Paradiso.

Mettimi al dito un anello turchino
un giglio rosso come un rubino
poni sul petto sopra il mio cuore
che mi trasmetta gioia d’amore.

Prima di andare voglio mangiare
fragole dolci e pasticcio di pane
erbe dell’orto vino frizzantino
uno stufato che sa di divino.

Grazie alla vita a me donata
così felice varia dorata
non ho davvero da dire altro
esco di scena e faccio il gran salto.

Dopo aver pronunciato queste parole, la fata si distese sul letto serenamente, sorrise, chiuse gli occhi e abbandonò il suo corpo. La gatta azzurra si accoccolò accanto e vegliò fino all’indomani. Il mago andò a riposare indossando una palandrana azzurra e una cuffia in velluto carminio. Prima di dormire chiese aiuto alle stelle sorseggiando un buon vinello:

Stelline lontane e vicine
domattina la vecchina
splenda di luce in cuore
appena sorge il sole.

Le stelle iniziarono una danza di luci accendendosi e spegnendosi, illuminandosi più o meno intensamente nel firmamento come tante lucciole nella notte. La volta celeste fu invasa di polvere di stelle dalle infinite galassie dell’Universo. E tutte le stelline si depositarono sulla bacchetta magica del mago portando un buon sonno. L’indomani mattina il mago si svegliò di buonora, prese in mano la sua bacchetta e disse:

Bacchettina mia
fai questa magia
tanti fili variopinti
voglio subito dipinti.

Il giardino di casa si riempì in un istante di fili colorati pronti a dare allegria al corteo del funerale. I bimbi coinvolsero i loro parenti e amici. La banda del paese si schierò con tutti gli strumenti musicali: ottavini, flauti, fagotti, clarinetti, oboi, sassofoni, trombe, tromboni, flicorni e poi percussioni, tamburi, grancasse, piatti e triangoli. Ci sarebbe stata una grande parata in onore della vecchia Holda.

Il paese fu mobilitato per l’occasione, la gente indossò gli abiti più belli e alle tre del pomeriggio in punto partì il corteo capeggiato da Palandrana. Il mago indossava i suoi variopinti abiti rituali e una enorme maschera di legno. La vecchia Holda era ricoperta di drappi variopinti e la gatta azzurra vi stava appoggiata sopra come un soprammobile. I fili colorati furono sollevati da tutta la gente e il corteo iniziò a muoversi dal giardino del mago per fare il giro del paese.

Palandrana in testa al gruppo danzava scuotendo a ogni balzo i sonagli attaccati al polso, ruotava la bacchetta e pronunciava questo scioglilingua:

Nonna nonnetta
danzano in fretta
bimbe e bambini
coi sonaglini.

I bambini rispondevano subito:

Balli gioiosi
canti briosi
ugole d’oro
in un gran coro.

A quel punto il mago faceva una piroetta, girava su se stesso dieci volte e balzava in avanti animando sempre più la danza. Prendeva una bottiglia di vinello frizzantino e ne beveva un sorso dopo aver alzato il calice al cielo sussurrando:

Frizza frizzantino
vinello divino
bevo un pochino
faccio un inchino.

E la banda faceva tuonare le grancasse, rullare i tamburi, turbinare il suono dei piatti, finché tutti cantavano:

Sali animella
sopra una stella
vola più in alto
fai il gran salto.

E i bambini con le loro vocine continuavano:

Nonna nonnina
fata o regina
porta con te
i sogni del re.

Allora il mago si fermava un momento, volgeva lo sguardo al cielo e pronunciava una formula magica:

Sciaccabaracca
Cognegiracca
Locamaracca
Rubalarapa.

E poi emetteva un ululato volgendosi verso la folla.

Uuuuuuuuuhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!

I festeggiamenti si protrassero per tutta la serata. Quando il sole iniziò a calare il corteo giunse accanto al fiume e divenne silenzioso. Con un fischio sibilato sul pelo dell’acqua Palandrana chiamò a raccolta tutti i pesci del fiume. Le carpe e le trote saltarono gioiose e un luccio dorato scintillò come un oggetto prezioso. Le pietre del fiume divennero rubini, smeraldi, zaffiri e gli spruzzi dell’acqua si trasformarono in diamanti. Le goccioline di rugiada furono perle e i fiori si alzarono danzanti verso l’alto. Gli alberi stiracchiarono i rami e ogni essere della foresta intonò una misteriosa melodia. Sopra il corteo si riversarono uccelli e farfalle variopinti e tutto divenne suono e colore.

Mentre il disco di fuoco si nascondeva dietro la collina, una farfalla trasparente fatta di luce si posò sulla vecchia Holda. Pian piano la farfalla ascese al cielo e tutti la seguirono in silenzio finché non scomparve su una nube candida e brillante a forma di carro.

Quando la farfalla sparì, i bimbi si accorsero che la gatta azzurra luccicava come fosse di madreperla. I suoi occhi scintillavano come zaffiri e le unghie delle zampe erano diventate di diamante. Intorno a lei ruotavano infinite stelline e la sua voce divenne il sommesso canto dell’Universo.

Quando tutti si ritirarono nelle proprie case, le luci del paese furono spente e, nel buio più assoluto, il mago e la gatta tirarono giù il carro pieno di doni che Holda aveva lasciato scendere dal cielo. Quando giunse l’alba e il sole sorse, i doni erano stati distribuiti e il carro era tornato sopra la nube bianca dove si era annidata la farfalla che esplose diventando polvere di luce. In quel momento la gatta azzurrina fece cenno al mago che la cerimonia poteva concludersi.

Il mago alzò il calice in alto
e fece un piccolo salto

Ora che è passato un po’ di tempo, la gatta spesso cammina per le vie del paese. Quando incontra un bambino miagola così dolcemente che tutti i bimbi ne sono stregati. Talvolta va a trovare Letizia e ci fa lunghe chiacchierate. Ma perché solo lei può udire la voce vera del gatto? Questo è un segreto che non può essere svelato.