Pare proprio che l’ex brigadiere Palmambrogio Guarziroli negli ultimi tempi si sia guardato qualche film. Negli ultimi quattro giorni è arrivato a quota novanta. Del resto, non avendo quasi nulla da fare tutto il giorno ora che è in pensione, ed essendosi ridotte le sue ore di sonno già da un bel po’ (per dirla tutta, da quando sua moglie è passata oltre, e sua figlia si è trasferita lontano lontano impedendogli di controllarla quel minimo, giusto per non cagarsi addosso quasi ogni momento – “Sei un papà troppo ansioso!” lo aveva sempre rimproverato Marla), Palmambrogio sembra proprio avere le carte in regola per essere un maratoneta da cinema: dieci film al giorno, quattro-cinque ore di sonno a notte. In più, è facilitato nell’impresa dal fatto di guardarsi i film sbrigando commissioni o andando al supermarket per il mezzo pollo arrosto con patate e qualche birra in lattina e poco altro. Magari, della pasta, e un barattolo in offerta di sugo al pomodoro o di pesto. Giusto il minimo per non crepare di fame o per disidratazione. Un po’ di frutta e verdura, anche, per non cristare troppo quando è il momento del gabinetto. E che sia per mettere roba dentro allo stomaco o per farla uscire dall’intestino, al supermarket o al bagno, in casa, in posta o alla stazione, Palmambrogio Guarziroli ha con sé l’inseparabile cellulare, e sul cellulare un film. Di solito, Palmambrogio preferisce i polizieschi o film sulla mafia. Si è visto un numero ormai incalcolabile di volte: Il giorno della civetta, Romanzo criminale, Gomorra, e anzi, ecco un’altra impresa degna del Palmambrogio degli ultimi periodi (quello vedovo, pensionato, abbandonato dalla figlia eccetera): vedersi dieci volte di seguito sul cellulare lo stesso film. Se lo facesse – se decidesse di perseguire seriamente questa cacata di obiettivo - probabilmente Palmambrogio sceglierebbe Titanic o Via col vento. È un romantico.

Negli ultimi tempi, sentendosi in colpa per dedicare tutto questo tempo al cinema sottraendolo, per esempio, alla lettura di un buon libro o all’ascolto di buona musica classica o jazz, l’ex-brigadiere si è sparato Nicholas Nickleby tratto dal romanzo di Charles Dickens, trovandolo notevolissimo (l'ha rivisto tre, quattro volte); su Rai Play, Grandi speranze di Dickens; e Bel ami - Storia di un seduttore tratto dal romanzo di Guy de Maupassant: la faccenda del lascito per lui è un colpo di scena acutissimo, e in quanto al monologo di Uma Thurman verso la fine: “Ho posto la mia intelligenza, la mia... visione... su di voi" ... gioiello; e poi, su YouTube, Il Conte di Montecristo tratto dal romanzo di Alexandre Dumas, con Tony Curtis e Richard Chamberlain. Sull’onda dell’entusiasmo per queste pellicole, Palmambrogio ha a questo punto in programma: Madame Bovary tratto dal romanzo di Gustave Flaubert, Piccole Donne dal libro di Luisa May Alcott, Oliver Twist di Dickens rifatto da Polański e la riduzione più recente di Anna Karenina tratta dal capolavoro di Leone Tolstoj. In più, sempre per colmare il senso di colpa per dedicarsi al cinema anziché a libri o musica, si è visto: Amadeus (e ha notato che in quel film il Re assomiglia al presentatore televisivo, concludendo dunque che “Amadeus” presentatore non dovrebbe chiamarsi “Amadeus” ma “Imperatore Giuseppe II” o “Giuseppe II” o al limite… “Charles Deetz”), poi Velvet Goldmine e il film su Bob Dylan. Eh sì, negli ultimi tempi guardarsi film manda il nostro ex-brigadiere in orbita. Ha anche escogitato metodi per guardare film in modo spiccio: quando li guarda al computer li velocizza quel tanto da fare in modo che gli attori non si mangino le battute (“Eh Ji Com v?” “En arzie”) in quel modo assurdo e ridicolo come capita in certi “film completi in italiano” su YouTube; e quando li guarda sul cellulare usa il tasto che consente di mandare avanti la scena di dieci secondi ogni volta che il regista guadagna tempo con inseguimenti o pedinamenti o quando gli attori per andare al cesso attraversano una sala sprecando due minuti buoni di pellicola per un equivalente di chissà quante migliaia di dollari - e certi film possono arrivare a costare anche milioni di dollari al minuto, pertanto si può proprio affermare che: a) i minuti di un film sono preziosi e b) si ha ben donde di parlare di spreco. Palmambrogio ingurgita film su film utilizzando questi modi e altri un po’ drastici come, ad esempio, saltare a piè pari scene piccanti o corteggiamenti troppo lunghi. Del resto, conosce ex colleghi divoratori di romanzi avergli confessato di leggere solo i dialoghi, ad esempio, o di saltare le presentazioni dei vari personaggi, i cosiddetti convenevoli. Ognuno ha i suoi trucchi per arrivare in fondo alla storia, non mollarla evitando il gesto profanatorio di saltare all’ultima scena per vedere come va a finire.

Spesso se la ride a pensare ai suoi amici terrorizzati dallo spoiler. In questo Paese nessuno legge libri: ma chiunque è pronto a farti a pezzi se spoileri un romanzo che peraltro nessuno (di quelli che vogliono ridurti una poltiglia) mai leggerà. Poi, cosa sia uno spoiler è cosa sulla quale spesso l’ex-brigadiere Palmambrogio Guarziroli, nelle sue giornate sempre più pigre e vuote, si interroga… Non è forse uno spoiler il fucile appeso al chiodo a pagina 5 di un romanzo di 250 pagine? Non è uno spoiler un colpo di scena che a metà romanzo ribalta la prospettiva informando su chi siano i buoni e chi i cattivi? Non è uno spoiler la presenza di un maggiordomo in un romanzo giallo? Un romanzo – specie se giallo, poi, ovvero il genere di romanzi più vulnerabili al tagliente stiletto dello spoiler – contiene al suo interno, se stiamo a guardare, già moltissimi spoiler: pochi, davvero pochi, sono quei romanzi che mettano in fila tutte quante le rivelazioni nelle ultime quattro pagine.

Ma per tornare ai film, Guarziroli ci nuota, negli ultimi tempi, ci sguazza, e abbiamo anche appena appreso come questo sia possibile, come Palmambrogio trovi il tempo di farlo. In questo senso, l’unico intoppo sono gli amici – una minuzzaglia - i quali gli telefonano per chiedergli o di uscire a far quattro passi o sapere come sta. Per non parlare dei centralinisti di aziende di Luce e Gas o linee telefoniche che lo chiamano per proporgli contratti vantaggiosi. Le chiamate interrompono, in automatica, la visione del film sul cellullare: e di sicuro Palmambrogio non vuole scoprire un modo per impedire che ciò accada disattivando, ad esempio, le chiamate. La sua misantropia non ha ancora raggiunto livelli così teratogeni. E poi, c’è sua figlia. A parte questo intoppino, film su film: cellulare, computer, qualche volta tramite quel mezzo antidiluviano e anacronistico, ormai del tutto antiquato, da puro modernariato, che sono i canali televisivi.

Non che a Palmambrogio non piaccia gustarsi un film al cinema o davanti al megaschermo piatto a cristalli liquidi nel soggiorno di casa vuota. Certo che gli piace ancora un frego andare al cinema e guardarsi un film: ma con l’età che avanza deve fare attenzione coi pop-corn, per via del sale, gli incasina i valori di minima e massima, gli fa venire dei capogiri, e alla peggio, attacchi d’ansia. Però, gli piace ancora un frego andare al cinema, a godersela. Ma vuoi mettere la bellezza di pucciarsi nella vasca per un bel bagno ristoratore tenendosi davanti lo schermetto del cellullare per seguire un qualche film? Tra l’altro, si mangia i pop-corn al cinema, si scola una confezione da sei di birra in lattina davanti al plasma in sala, ma davanti al cellulare ha riscoperto il piacere di sorseggiarsi dei liquorini mignon: gli sembra una cosa più di buon gusto, più proporzionata, ecco. Anche se la cosa – ed eccoci arrivati al punto – che lo eccita di più, quella che proprio lo fa andare tutto in sollucchero e brodo di giuggiole, è guardarsi un film durante un volo aereo intercontinentale. Per qualche ragione (tipo essere scampato a un disastro aereo o altro della serie), i film che ha visto in volo sono quelli che lo hanno coinvolto di più, anche se tante volte erano chiaviche di filmetti, a dirla schietta. Una volta Ecco noi per esempio. Un’altra volta Zia Polizia. Un’altra volta ancora… oh be’, inutile elencare. Ma nella sua testa, quei film sono, a tutt’oggi, capolavori, film strepitosamente belli.

Perciò, quando la figlia di Palmambrogio gli ha telefonato e gli ha prospettato la possibilità di un viaggio intercontinentale, a questo Palmambrogio ha pensato come prima cosa: non la possibilità di riabbracciare la figlia, ma la possibilità di vedersi un due o tre filmetti durante il volo.

“Bongiorni, Valentina”
“Paaaapà!”
“Che c’è?”
“Lo sai che mi fai venire i vermi quando dici “Pronti”, “Bongiorni”, “Ciau” e “Aloha”
“Che ci possi fari? Ii soni fatti così”
“Papààà!” Smettila subito?”
“Perché chiamare Papa? Tu volere denari Papa?”
“Nooo! Ecco perché me ne sono andata. Non si può avere a che fare con un papà che scherza sempre. Non sei mai serio!”
“Insomma, che c’è? Stavo vedendo uno spettacolo di Villaggio…”
“Sei in vacanza?”
“Ma non “Villaggio turistico”… Paolo Villaggio. Villaggio. Paolo Villaggio. Quando fa l’imitazione del tedesco imbranato. Grande Villaggio! Fa la satira di tedeschi e italiani, Villaggio… Capisci? Vuole dirci: Altro che nazisti e fascisti. Tedeschi e italiani sono solo dei Fantozzi”
“Non… Ma che dici? Di che parli?”
“Cosa c’è? Cosa c’è?”
“Vieni a trovarmi. Sono qui con Mumbata”
“Con chiiii?”
“Mumbata. Il mio amico. Il mio… amico. Siamo a Puerto Alegre. Trascina il pancione qui. È un sogno, bellissimo. Siamo in un appartamento immenso. Non so, saranno seicento metri quadrati. Nel condominio c’è la piscina… Ci sono delle palme di plastica azzurra nella piscina. Vieni. Paghiamo noi. Non spendi.”

Sicché, père Palmambrogio eccolo in viaggio verso la figlia, il Brasile, sole, vacanze e tanto, anche se si dovesse rompere, ha il cellulare, con i suoi film. Il volo è della Qatar Airways. Economico. Non ha voluto gravare troppo sulle tasche di sua figlia. È arrivato all’aeroporto in treno e in metropolitana. Non in macchina. Per non dover scollare nemmeno un momento gli occhi dal cellullare e da qualche film. E lo ha praticamente fatto, anche se sembra impossibile. Si è costruito un coso per farlo. Ha messo il cellulare in un portacellulare di metallo, di quelli che si attaccano alla mascherina dell’aria condizionata in macchina e a quello ha attaccato una sottile bacchetta di metallo (rimediata da uno scacciamosche). Ha assemblato bene il tutto scocciando e riscocciando. In questo modo, con una mano teneva una valigia stracolma per lo più di calze e mutande e spazzolini da denti e con l’altra il cellullare. D’accordo, per strada non faceva questa figura e nemmeno alla stazione dei treni al momento del cambio, ma così ha potuto perdersi ben poche scene dei suoi filmetti. Ora, sull’aereo si sta guardando i film della Qatar, da uno schermetto davanti a lui agganciato al retro dello schienale del sedile davanti al suo.

Eh sì. Guarda film. È arrivato a quota novanta. E sta incarnando sempre più un caso probabilmente senza precedenti di dipendenza da media televisivi… Si guarda gli inseguimenti. Le pallottole che scheggiano superfici, frantumano vetri, fischiano. E gli attori. Come sono vestiti. L’aspetto. E ricorda chi è stato, quando era giovane. Sono ricordi-lampo, per non perdersi un solo fotogramma di quei sogni impressi su pellicole di due ore. Anche le emozioni che prova, determinate dalla storia del film, Palmambrogio le comprime più che può per non rischiare di perdersi l’emozione successiva. Che tempo faccia fuori… Chi siano i suoi vicini di posto… Che taglia di reggiseno porti la hostess della Qatar… Tutti “dettagli” che Palmambrogio ignora. Legge invece con cura i titoli all’inizio e i titoli di coda dei film non perdendosi nemmeno i loghi in fondo, quei disegnini strani. E anche se qualcuno lo scuote forte accanto a lui. Anche se vola a diecimila metri sul livello del mare. Anche se sente scossoni. Anche se sono ormai trascorse tre ore dal decollo. Anche se oscilla di qua e di là. Dondola. Sente botti. Urla. Strilli. Parole confuse. Ordini. Ondate di panico e trambusto. Lui che è un Papà Ansioso. Lui che sa per mestiere cosa è pericolo e cosa si deve evitare. Lui che nel corso degli anni ha accumulato dentro sé paure su paure: una montagna, un pinnacolo di terrore che buca il cielo e da lontano sembra un tornado. Eppure, Palmambrogio Guarziroli non distacca gli occhi dallo schermetto. L’ultima cosa che vede è lo schermo nero di pochi pollici della Qatar. Poi… l’Ignoto.