Oggi è il 13 Aprile. È il compleanno di mia mamma. Avrebbe compiuto 108 anni. A lei dedico questa frase, presa da un intervento al Parlamento Europeo, di un suo coetaneo, lo scrittore sloveno Boris Pahor, un grande ragazzo, ancora in questa vita: " ...Occorre trovare un accordo in Europa per cambiare il modo di vivere dell'uomo su questa Terra. Occorre un'organizzazione generale per creare nella vita della Terra una vita dell'uomo che sia giusta..."

È anche il Lunedì dell’Angelo. In questo tempo senza resurrezione il mio pensiero vola all'Angelus Novus di Paul Klee. Questa opera ha avuto un destino particolare perché ha ricevuto due epifanie. È stata infatti fonte d'ispirazione di una grande mente che, a parer mio, ne ha esaltato, moltiplicato e ricreato i contenuti. Sto parlando del filosofo, scrittore, critico letterario e pensatore eclettico, Walter Benjamin (1892-1940) Ecco le sue parole nella Tesi di filosofia della storia:

C'è un quadro di Klee che s'intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualche cosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato dove ci appare una catena di eventi egli vede una sola catastrofe che accumula senza tregua e la rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo progresso è questa tempesta.

E mi potrei fermare qui, ma da diverso tempo noi viviamo privi di sguardo e sempre più velocemente, senza sosta, ce ne andiamo in reciproche cecità, in giro per il mondo.

Abbiamo costruito la nostra catastrofe trasformando la Terra in una immensa cloaca. Non possiamo neanche spingerci nel futuro. Ora non più. Anzi il solo pensiero ci terrorizza. Il futuro ci appare "incerto, terribile, gravido di incubi". Siamo nell'epoca della retrotopia e dell'orizzonte retroattivo. Dopo quasi un secolo, l'Angelus Novus ha girato lo sguardo e si rivolge al passato cercando, al di fuori della Storia dei vincitori, lo spazio della contingenza, dell'intenzione, del senso. Ed è tutta un'altra storia. Lo sguardo dell'Angelo deve spingersi fino alle Herbarie. Deve percorrere vie sghembe. Come ha scritto, riferendosi agli artisti, l'amico Roberto Barbanti, nel mio libro d'arte Pesce fuor d'acqua: "...hanno lavorato i territori dell'assenza, piantandovi semi di vitalità gratuita. Era il loro modo di intrattenersi nel mondo, di colmare il vuoto delle perdite. Hanno ricostruito poco a poco mappe d'identità. ..."

Da mare a mare, da terra a terra le donne disubbidienti, inaffidabili, ribelli, hanno portato inquietudini sane e hanno segnato vie praticabili. I loro passi si sono opposti a tensioni paranoidi, frutto di un arbitrio originario. Le loro migrazioni ci hanno indicato che tra uccidere, morire e riempire la Terra di macerie, c'è una terza via, vivere.

L'Angelo è a loro vicino quando "...vorrebbe ben intrattenersi, destare i morti e ricomporre l'infranto...".

Scrivo e riscrivo queste poche parole da tanto tempo perché la storia che appartiene alle donne è l'unica voce che non corrisponde al gioco della guerra e dell'autorappresentazione che l'uomo ha di se stesso e che lo conduce inevitabilmente a non riconoscere l'altro o l'altra da sé, come le donne, le persone "deboli" e tutte le altre creature, madre Terra compresa. Nella Storia è assente quello "sguardo ben disposto che vede nell'altro e nell'altra un essere unico e irripetibile in carne e spirito, corpo e mente". Preferisce un Uomo universale, astratto, e "celebra un Soggetto che si mette al mondo col pensiero in modo che anche per nascere non ha bisogno dell'altra". L'unica redenzione possibile è quella della memoria: il ritorno alla storia delle donne, al ricordo delle vittime, all'insensatezza della loro sconfitta e delle loro sofferenze per interrompere il danno, ormai irreversibile, del cumulo di rovine.

È qui che l'Angelus Novus "...vede una sola catastrofe..."

È qui che il passato è l'altra faccia del presente - è il presente che genera dal suo interno, il proprio passato - come lo stiamo vivendo ora.

La caduta degli angeli ribelli
E in questo Lunedì dell’Angelo, non solo l'Angelus Novus, ma anche la caduta degli angeli ribelli. Non potevo dimenticarli.
Mi ritorna alla mente il dipinto di Pieter Bruegel, il Vecchio. Una fitta schiera di angeli decaduti dal loro stato di grazia e per questo motivo allontanati dal Paradiso terreste e trasformati in bestie mostruose. La caduta verso il basso - si può cadere solo verso il basso - decreta la loro punizione per aver disubbidito o per essersi ribellati a Dio.

È la vocazione verso la caduta che mi porta a sentire, in questa schiera, antiche parentele. Le mie cadute ormai non le conto più. Tempo fa cadevo per poi risorgere, ora invece cado e mi frantumo non solo le ossa. Ho la fastidiosa sensazione di andarmene un pezzetto alla volta come il personaggio di una canzone di Gaber. Ma, in questo momento quello che mi accade è completamente irrilevante.

Parlo di una moltitudine di angeli che cadono, tutti giù agli inferi. Verso il luogo maledetto, verso il luogo dove si compirà la maledizione divina. Un dio tremendo il nostro, che punisce soprattutto chi ne vuol sapere di più. Anche questi angeli sono stati cacciati per la loro volontà di conoscere altro. Il desiderio, la volontà di conoscenza porta, fin dalle origini, cadute, sofferenza, rimorso, ferite e morte.

In questa nostra catastrofe, così complicata e difficile - costruita con puntiglio e determinazione da noi esseri umani - possiamo vedere e ascoltare tutto ciò che accade ma anche il suo esatto contrario. E anche qui è possibile un ribaltamento.

Quella originaria caduta degli angeli dal Paradiso verso gli inferi - le condizioni attuali della nostra terra - crea un'immagine capovolta, salvifica: tutti giù a terra. Sì. Tutti giù a terra per risentirne il respiro, per riappacificarsi con essa. Non è un caso che venga richiesto agli artisti di esserne i giardinieri; i giardinieri della terra. Forse è già troppo tardi.

Nel 1982, per la rivista d'arte Stilo rappresentai visivamente la caduta dell'Angelo e accompagnai l'immagine con queste parole di Walter Benjamin. A lui ritorno; tutto ritorna in una forma ciclica, almeno nella mia scrittura.

Impara dall'angelo, che avvolge con lo sguardo il partner
ma poi retrocede a scatti, inarrestabilmente:
se lo tira dietro in quella fuga verso un futuro da cui proviene.
Dal futuro nulla di nuovo spera più, se non lo sguardo dell'essere umano cui resta rivolto.

(Agesilaus Santander, prima versione 1933)

E mentre, apparentemente sola, in questo studio che sta fuori dal mondo, continuo a disubbidire scrivendo, la mia amica di sempre continua a condividere il tempo del Coronavirus con il marito. Ora il suo problema non è il marito il quale, anche se in minima parte, ha compreso che sua moglie gli ha imposto di togliersi giubbotto e scarpe e di lavarsi le mani, non perché è ammattita o ce l'abbia con lui, ma perché la pandemia è estremamente insidiosa e pericolosa. Quindi il marito è quasi innocuo, sempre considerando come può essere innocua una palla al piede, ma lei è ugualmente agitata, e preoccupatissima. Non ha mai lavorato tanto in vita sua, inoltre, con pessimi risultati. Nelle pulizie si accanisce con pavimenti, bagni e cucina, però in fasi alterne. Cucinare le è diventato una perdita di tempo. Cerca disperatamente un ristorante che le porti a casa un piatto di canocchie. Da quando ha scoperto che il marito gira le pagine del giornale umettandosi il dito ha deciso di tenere i guanti usa e getta anche in casa, casa che è e rimane il suo campo di battaglia. L'altra notte, in bagno, si è imbattuta in uno scarafaggio e ha perso completamente la testa. Si è messa mascherina, guanti e ha iniziato a spruzzare come una pazza in tutte le fessure dell'appartamento, cercando di orientare lo spruzzo verso il pavimento, ma a testa in giù la bomboletta non dava segni di vita, quindi ha dovuto alzare il tiro, rendendo, in questo modo, l'aria irrespirabile. È ritornata a letto e ha iniziato a tossire. Le è sorto il dubbio di essersi autoinfettata. Alla fine della pandemia, se fine ci sarà - lei, su questa fine, nutre seri dubbi - sicuramente risulterà intossicata per l'uso eccessivo di alcol, di amuchina, di varichina, di napisan, di ogni disinfettante che incontra in qualsiasi negozio lei vada. Dal giornalaio, in cartoleria, in macelleria, ben in evidenza, c'è sempre una bottiglietta più o meno grande, di disinfettante.

Se tutto procede in questo modo, a casa usurerà, oltre ai guanti anche la mascherina che solo apparentemente sono "usa e getta". E qui ha inizio un altro calvario. In terrazzo non più bucati stesi al sole, ma guanti e mascherine. Mucchietti sparsi in ogni luogo e siccome non ricorda quali sono quelli lavati o quelli ancora da lavare, rifiniscono tutti di nuovo a mollo con disinfettante. Infine per essere ben protetta, quando esce prende guanti e mascherina dal sacchetto, nuovi di zecca. Le dico che questa sua follia non può continuare ancora per molto. E infatti l'altro giorno, una sua amica dottoressa le ha detto che i guanti sono più pericolosi delle mani nude e le ha spiegato bene la ragione. È ritornata a casa e ha buttato tutti i mucchietti di guanti nel sacco della plastica.

Ora il suo pensiero è tutto rivolto agli scarafaggi, animali notturni come lei, pronti a crearle ulteriori problemi. Si chiede se abbiamo già superato l'era dell'Antropocene e stiamo varcando la soglia dell'era della Metamorfosi, già prevista da Kafka.

Si precipita nella stanza da letto del marito che riposa tranquillo. No, lo scarafaggio non è lui.

Non ci capisce più nulla, ma guardando video e televisione e ascoltando trasmissioni radiofoniche e quotidiani si è convinta che la scienza sta barcollando nel buio e la politica non fa altro che formare commissioni antagoniste tra di loro già in fase di collisione.

Prima era il pipistrello nel mercato di Wuhan, forse no, il premio Nobel, Montagnier dice che è uscito da un laboratorio, forse in Cina, forse in Germania. Boh? Però, Montagnier pare non sia più attendibile come in passato.

Intanto le persone continuano a morire. A migliaia. Ormai sono solo numeri.

Non sopporta più nulla.
Non sopporta tutti questi "uniti ce la faremo", "lontani ma vicini", "siamo un grande popolo " - per lei, siamo un popolo impreparato a tutto - "andrà tutto bene" - per lei è andato tutto male.

Non sopporta più le finestre e i balconi con le bandiere italiane, dove si canta o si battono le mani.

Come ai funerali, per commemorare la strage degli innocenti.

Non sopporta più i predicatori, gli animatori, i persuasori, i manovratori che le dicono se è come e quando avere paura, oppure come trascorrere questo tempo a casa; vorrebbe che venissero tutti quanti ad aiutarla a pulire, a disinfettare, a cucinare, a mettere in ordine.

Non sopporta più la vecchiaia tradita.

In questa giostra di norme, di editti, di proclami, ha capito solo che è meglio stare a casa e lavarsi spesso le mani.

Le mancano troppo figlie, nipoti, amiche e amici.
Tutti così lontani, ma vicinissimi, nel nulla.
Le sembra che il suo microcosmo rifletta perfettamente ciò che accade nel macrocosmo.
Si continua ad andare a tentoni in reciproche cecità, esattamente come a casa sua.
E lei si sente fuori luogo. Vuole togliere il disturbo, il suo.
In questo Lunedì dell'Angelo arriva fin qui, da me, dove più in alto c'è solo il cielo e lei - che è l'errore incarnato - si lascia precipitare.
Si lascia precipitare nel nulla.
Resurrezione o fine?

...E se fosse che non è esistito nulla? Chissà, forse non mi è accaduto nulla.
...Dovrò avere il coraggio di adoperare un cuore indifeso e di andare parlando al nulla e al nessuno?

(Clarice Lispector, La passione secondo G. H.)