A occhi chiusi ascoltiamo
la musica interiore,
smarriti tra domande e pensieri1.

È questo un tempo colmo di quel mistero al quale la nostra anima deve attingere con fiducia per riuscire, nonostante tutto, a nutrirsi di bellezza.
Abbiamo bisogno di tornare ai nostri saperi ancestrali per rispondere con forza e naturalezza a tutto ciò che ci accade, al cambiamento.
Sappiamo nel corpo che tutto si trasforma, scorre, finisce e ritorna, ma dobbiamo confrontarci con la fragilità, con il tempo sospeso, con l’impermanenza che è la grande verità che più che mai ci si è svelata.
Sentiamo intenso il desiderio di lasciarci scorrere nel fiume calmo di pensieri generosi, di accogliere con levità “l’apparir del vero” e di essere accolti con parole che dicono di rinate speranze.

Il nostro spirito corre
agli otto angoli dell’universo,
la mente si libra a distanza grandissima2.

Sono universi sconfinati quelli nei quali si alimenta la scrittura per trovare la forza di nascere ancora una volta, di aggrapparsi al desiderio di compiere un altro tratto di cammino per rispondere al richiamo del cuore.

Vogliamo viaggiare per incontrare mondi nei quali la purezza si fa materia del dire, dove l’ascolto diviene atto di umiltà, costellato di vibrazioni: il soffio del vento, il tuono, la voce degli animali, il suono della pioggia.
È un ascolto carico di attenzione che è certezza della continuità della vita, che è solidità.

Mettersi a scrivere è attraversare il portale oltre il quale le parole attendono di plasmare di realtà l’immaginario, di rendere reale l’impossibile.

Travasiamo
l’essenza delle parole,
assaporandone la dolcezza3.

Percepisco i segni della loro presenza, ritrovo strade già percorse, riesco a vedere la lucentezza delle illusioni che svaniscono nel soffio dei desideri.

È come andare alla deriva
in un lago celestiale
o immergersi nelle profondità marine4.

Eppure anche in questo bisogno di abbandono c’è saggezza, c’è misura nel piacere che dà lo scrivere. Anche quando le parole sgorgano come un diluvio da un angolo nascosto del cuore dobbiamo sceglierle con cura, con attenzione, mettendo ordine nei pensieri, portare in luce le preziose immagini che esse evocano, placare le acque tempestose di uno sguardo troppo appassionato per trovare equilibrio tra emozione e ragione.

I pensieri oscuri vengono offerti
alla luce della ragione;
gli echi ripercorsi sino alla fonte5.

Talora provo un senso di soffocamento poiché le parole si accalcano, tutte insieme, e ognuna gioca le sue carte e chiede risposta alla propria “candidatura”.

La rete delle immagini, lanciata, si allarga
sempre di più; il pensiero perlustra
sempre più a fondo6.

Inizio a scrivere per assecondare il bisogno delle parole di prendere respiro.
È un’esperienza potente, straniante quella di seguirle oltre il portale dell’immaginazione, lasciarsi condurre dalla loro forza abbandonando ogni pensiero stagnante per riportare alla luce la profondità dell’anima.

Come sacre sillabe pronunciate con la sonorità di un mantra le parole si illuminano, sono luci nella notte, sono stelle accese a rischiarare l’oscurità della mente che inizia ad incrinare la sua durezza, la rigidità, per abbandonarsi alla visione.
Incontrarle è percepire fili di collegamento che alterano tempo e spazio fino a spalancare orizzonti senza confini.
Mi fa bene seguirle nel loro magico mondo, affidarmi agli incantesimi dei loro antichi significati.

Scelgo di incontrare per prima la gentilezza amorevole (il suo aggettivo non la abbandona mai) che intona per me parole che rimandano alle dolci ninne nanne che mi facevano addormentare nella certezza di sogni meravigliosi.

Mia dolce bambina sperduta,
resta così sul mio cuore,
accogli il dolce tepore della mia anima
che ti accarezza e ti comprende.
Bambina cara, dal sentire antico,
guarda serena oltre l’orizzonte,
crea il tuo mondo di bellezza
e custodiscilo nel cuore.

Bambina sperduta
che hai attraversato universi sconfinati,
ritrova la gioia del tuo essere come sei,
incontra la Bellezza senza paura,
costruisci i tuoi castelli
ricoperti di pietre preziose.

Mia piccola amica,
dormi sul mio cuore e
lascia ogni pensiero
che non sia di gioia.

Mi lascio il tempo di ascoltare fino all’ultima vibrazione la voce dell’amorevole gentilezza e ancora vorrei restare in quell’abbraccio colmo di bontà e tenerezza.

Ora sono pronta a rispondere al richiamo della profezia: la donna velata che siede sulla riva dell’antico mare dove un tempo abbiamo lasciato le nostre luccicanti code di sirene, scopre il suo volto per salutarmi e vedo lo sguardo perduto di chi cerca di immaginare la vita oltre la vita.
Mi fa cenno di toccare le sue mani diafane; all’anulare indossa un grande cuore di ossidiana. Il suo lungo abito è di colore blu. Mi chiede di custodire il suo nome che spalanca gli orizzonti e conduce nel dilatato spazio in cui la parola torna ad essere respiro del sacro.
È la parola che può salvare quella felicità che è consonanza con il daimon, lo spirito divino che è in ciascuno di noi.

Proseguo il mio viaggio.
In una nebbia color dell’ocra che avvolge ogni cosa e rende labili i contorni si avvicina una figura che indossa un abito di seta verde sul quale spicca una sontuosa collana di perle: è la condivisione a rammentarmi il nostro essere perle preziose, tutte diverse ma infilate nella medesima collana che da ognuna prende la propria ineguagliabile lucentezza.

Mi fa dono di una grande conchiglia nera a forma di ventaglio. Apprendo che proviene dagli oceani di Madre Terra e che la sua oscurità ricorda che non bisogna temere il buio dell’ignoto.
La ricevo dalle sue mani mentre con dolcezza, a bassa voce, mi offre frasi misteriose:

Nel sogno la Terra è una conchiglia al centro della mia mano. Tengo la mano contro l’orecchio e l’ascolto cantare in tante lingue.

Me ne sto con il fiato sospeso mentre pian piano torna ad essere avvolta dalla nebbia e cerco di ricordare le sue parole.

La quiete siede in una posizione confortevole, con lo sguardo sereno, è in armonia. Si percepisce l’energia morbida e pura che emana dal suo volto.

La osservo con discrezione tenendomi in disparte e sento che anche il mio viso si dispone alla serenità. Sento il benefico effetto del suo sorriso luminoso. Mi lascio cullare dal ritmo armonioso del suo respiro. Sono semplicemente dove sono.
Riesco ad immaginarmi nel silenzio che è vuoto di sofferenza, vuoto di paura e di inganno, nutrita dalla voce del grande universo.

È in questa rarefatta atmosfera che sento arrivare l’ispirazione che è, per sua natura etimologica, fatta dello stesso respiro che nutre il corpo con l’inspirazione.
È un fluido rasserenante, una ventata di guarigione che alimenta con nuova linfa la mente, apre scrigni abbandonati in antichi fondali, ritrova tessere di un mosaico lasciato incompiuto, rimanda ritmi e rime della mai esaurita fonte della poesia.

Mi porge un piccolo libro di carta rosa lievemente profumata di cipria. Contiene una bellissima frase:

Ogni donna cammina nel cielo e cambia il mondo tramite il viaggio della propria immaginazione.

Mentre ancora sono immersa nella forte emozione di questo omaggio sento una voce messaggera che annuncia l’apparire di colei che viene chiamata “Donna che Cambia”. Porta al collo il guscio blu iridescente di uno scarabeo a ricordare che tutte le cose cambiano e anche noi cambiamo.
La osservo mentre ascolta, muta, le parole che raccontano di lei, l’antica divinità che ha il compito di mantenere l’universo in costante flusso. Lei è “Colei che danza incessantemente da una montagna sacra all’altra”.

Cerco di fermare la sua immagine per portarla con me e sento la forza che emana dalla sua ieratica figura. È inaspettato ed emozionante il suo regalo per me: un pezzo di osso intagliato con tante figure fantastiche come a dire che possiamo trasformare la materia attraverso la bellezza.

Non mi stupisco che in questa mia disponibilità ad accogliere il cambiamento mi si presenti la fiducia. Mi viene incontro con passi di grazia, nel suo abito color dell’oro e mi fa ricordare parole che avevo dimenticato:

Se noi oggi siamo qui è perché qualcuno ha avuto cura di noi, ci ha protetto, ci ha - forse in modo maldestro e sprovveduto - voluto bene. Noi oggi viviamo perché qualcuno, amandoci nella sua imperfezione di essere umano, ha protetto quei semi di fiducia che noi, bambini e bambine di un tempo, abbiamo di certo avuto, ha protetto cioè quel nostro credere che era bello ogni giorno crescere di vita 7.

È con questa rasserenante suggestione che attraverso di nuovo il portale per tornare nel flusso della quotidianità, ma porto con me sette parole: gentilezza, profezia, condivisione, quiete, ispirazione, cambiamento, fiducia che depositerò con cura sulla giusta carta, con la giusta penna in attesa di renderle protagoniste di una nuova storia.

A cura di Save the Words®

Note
1 Lu Ji, L’arte della scrittura, Guanda Editore, Parma, 2002.
2, 3, 4, 5, 6 Id., Ibid.
7 C. Gianotti, Il respiro della fiducia, Mimesis Edizioni, Milano, 2015.