La vendetta è un piatto che bisogna applicarsi alle parti basse, delle volte. Mentre prendevo la biova e la bucavo con le dita, rompendo la crosta e tirando fuori la mollica, mi veniva in mente la cosa con la zucca e il melone che fai quando sei adolescente. Poi, continuava a sovvenirmi l’immagine della padella di wurstel. Lei con il forchettone che ne infilza uno e mi ci fa: “Lo vuoi? Questo è pronto…” e me lo faceva scivolare sul piatto. Lo stronzo wurstellone rotolava nel piatto e io me lo mangiavo.

Quella mi dava da mangiare metafore o similitudini. Mi mangiavo metafore o similitudini o sineddochi e nemmanco lo immaginavo. Ma quanto è vero Iddio che scrisse la Bibbia di Abramo, Isacco e Giacobbe, quella celiaca maledetta che è la protagonista della qui presente schifa storia, mi faceva mangiare metafore e similitudini e io nemmeno lo immaginavo, lo capivo. Ma avrei dovuto.

“Questo wurstellino è di otto centimetri” mi diceva la celiaca. “Questo wurstellone è un signor venti centimetri” mi diceva la celiaca. E io, gnam gnam. Mangiavo, ché a me i wurstel (-ini o -oni) piacevano una botta. E poi, mi diceva, spruzzandomi sopra ketchup: “Un po’ di salsa rossa su Flavio” e poi spruzzando maionese: “Un po’ di maionese su Giuseppino” e poi la senape: “Ecco la senape su Maurizio” e io gnam, gnam, sgrumf, e smunf, a mangiare, aiutandomi con un po’ di pane, e magari mugugnando a bocca piena: “Dai i nomi ai wurstel?” ma senza stare lì, a trapanarmi il cranio di pippe mentali, finché la inchiavardavo al materasso e mi faceva pastasciutte e wurstel, ma che avesse tutte le stranezze di questa Terra… chìssene.

Solo in seguito ho preso a unire i punti e ad accorgermi della raccapricciante verità. Flavio, Maurizio, persinanco Giuseppino erano gente che se la zompava di brutto, la celiaca, e due più due fa quattro, mi dava da mangiare i wurstel, padelle di wurstel, padelle su padelle di cazzi di ex.

Se ci penso, vomito e caco a spruzzi. Le interiora mi si piegano come una fisarmonica. Ecco il sentimento d’amore che cosa fa, che cosa è. L’amore è la spada, e la celiaca l’aveva per il manico, questa spada, e mi rigirava la lama nelle budella.

Ma eccomi alla vendetta. Scopro che la disgraziata è celiaca. Tipo che se mangia una briciola di pane si riempie di verruche e si gratta la carne fino a scorticarsela più chissà quali altri problemi. Riesco a ottenere un appuntamento e lei molto superficialmente accetta. Io mi sono massaggiato le parti basse con pane e pasta di pizza. Mi sono ricoperto di farina come se mi fossi messo del borotalco e tengo in bocca briciole e briciole di pane. La amo come mai l’ho amata. Dico a letto. Ci do dentro alla grande. Ma non è facile. Vorrei vomitarle e cacarle addosso a spruzzi per quello che mi ha fatto. Quando apre le gambe, ho persino un’allucinazione. Dalla sua fica vedo uscire wurstel, sbocciare da lei come petali di un fiore fatto di wurstel Flavio, Maurizio, Giuseppino, otto centimetri, quindici, venti. Mangia la padella di cazzi dei miei ex. Li tengo tutti dentro, qui con me. Ci stanno tutti e potrei aprirci un wurstelleria, una salumeria, una, che ne so? pasticceria o salsamenteria.

Consumo la mia vendetta, imbriciolandola e infarinandola.

La lascio così, a marcire e rigirarsi nel letto. A grattarsi. A ischeletrire.