Vorrete forse sapere come andò con Filomena e la sua famiglia una volta che tutti erano ritornati all'isola d'Elba, a San Piero, dopo i molti anni passati a Brooklyn. Ho raccolto solo poche notizie ma un po’ confuse, con qualcosa di più preciso sulla figlia maggiore, che abbiamo chiamato Cosetta - vi ricordate, dal nome originario di Cozia che voleva il padre. Ma appunto anche sui nomi c'è incertezza, per esempio, Cosetta in San Piero veniva poi chiamata Rositta, chissà poi perchè, e Filomena assume di nuovo il suo nome originario, Santa. La quale Santa, ed il marito, dopo essere approdati di nuovo nel natio San Piero, forse proprio per dare ai paesani l'impressione di unità e armonia familiare, produssero una nuova bambina, cui fu imposto il nome molto simbolico di Pasqua - indice di resurrezione, di pace e di amore.

Ma le cose nella coppia non andavano bene, lui non voleva o non poteva lavorare, adducendo di essere sempre stanco e malato - il che forse era anche vero. E di nuovo era lei sola che doveva far tutto per tener su casa e famiglia, fare il pane e racimolare qualche soldo per tirare avanti. Si separarono, uno di qua e lui di là, il marito si ammalò sul serio, e pare che lei continuasse ad accudirlo, oltre a fare tutto il resto.

Cosa era rimasto dunque del periodo americano, delle confabulazioni tra madre e figlie, delle confessioni di Cosetta e Isola Elba Italia, dei loro sogni e chimere di vita futura? Sembrava che San Piero si fosse divorato tutto - San Piero, con le sue stradine, con la fontanella, con le donne severe vestite di nero.

Sì, loro tutte rimasero per un bel po’ il centro di attrazione per il paese, e si formavano piccoli capannelli di gente, soprattutto intorno a Isola Elba Italia, o Isolina, come tutti la chiamavano, quando lei, con la sua parlantina, raccontava di quei posti lontani e mitici dove lei aveva vissuto con la mamma. La scuola? Ora vi racconto. Come si faceva la spesa? Ora vi racconto...

Ma ecco, dopo un po’, loro tutte erano come riassorbite dal quotidiano del paesino. Nessuno oramai pensava a Santa come una donna diversa dalle altre, era oramai una del paese, una che era sempre stata lì. Anche con le figlie, Santa non ricordava più quei paesaggi lontani, quella gente che parlava una lingua strana e che qualche volta aveva un colore di pelle nero o addirittura giallo... Con la figlia più grande, Rositta o Cosetta che dir si voglia, non c'erano più confessioni di sogni, lei la mamma le diceva ora di cercarsi marito.

A quell'idea, Rositta, ancora giovane, sentiva il cuore balzarle in petto. Come? Uscire completamente di casa, andare a vivere con un uomo, fare all'amore con lui, fare figli? Beh, però, togliersi d'attorno quella mamma, essere libera, avere una vita propria... Sì, ma con chi poi? Nel paese, tutti gli uomini, giovani o vecchi, lavoravano come minatori nelle cave di granito, arrivavano al mattino presto e tornavano a sera con le stelle. E le donne portavano loro la minestra dentro pentoline di rame - ecco, anche lei doveva essere una di queste, con il pentolino caldo in mano, ogni giorno che Dio metteva in terra?

Certo, c'era però lui, Davide, no, non che ci fosse qualcosa tra loro, ma lui, ogni volta che si incontravano per strada, si fermava a guardarla come incantato, e lei, chissà perchè, arrossiva e si sentiva turbata. A lei piaceva quel volto scuro ma dolce. Ecco, ripensandoci, portare a lui nella cava della miniera il pentolino con la minestra... E lui che l'avrebbe accolta con un sorriso, un abbraccio! Dio mio che emozione al pensiero!

Poi successe quella cosa con la borsetta alla chiesa, quella domenica. Era la borsetta dall'America, quella nera con le strisce rosse. Lei stava entrando in chiesa, con le amiche, gli uomini rimanevano all'inizio sull'uscio, sarebbero entrati dopo, poi... bang!... la borsetta cade a terra. Rositta fa per prenderla, ma lui, Davide, veloce come un lampo, staccatosi dagli amici, la prende per primo e gliela porge, lentamente. Lei, Rositta, allunga la mano, e sta qualche secondo così, senza prenderla. Una scena lunga molti secondi, in cui i due si guardano negli occhi. Tutti i paesani vedono la scena e capiscono, due o tre donne sorridono con simpatia. Erano ora compromessi.

Si dice che fu un grande amore - erano sempre insieme, come il fico e l'edera, tanto per usare una espressione elbana. Si sposarono. Ma la Santa non era totalmente convinta di quel genero, in quanto lui era noto come una testa calda in politica, uno di quegli anarchici che aizzano gli operai contro i padroni - e questo era foriero di guai per la famiglia e tutti loro.

E i guai si palesarono presto con gli anni Venti, dicevano che or c'era il fascismo, cosa che Rositta non capiva bene, ma capiva che c'erano uomini odiosi, anche del paese, che si erano messi una camicia nera, e più volte Davide era tornato a casa con il volto tumefatto di botte; lo picchiavano quando tornava dal lavoro, approfittando del buio. C'era anche il pericolo che venissero in casa di notte, e Davide aveva rafforzato la porta con delle travi di legno pesante - ma andava al lavoro con l'ansia che qualcosa potesse succedere a Rositta. Questo pericolo li univa ancora di più l'uno all'altra, ma non ebbero figli per molti anni per questa paura. Il primo bimbo venne nel 1927, ma era davvero un periodo in cui la stessa vita di Davide era in pericolo.

Gli amici gli consigliavano di fuggire via, andare in America. Cosa? Come? Lasciare Rositta e la bimba? E allora vuoi farti ammazzare e fare di Rositta una vedova? E lasciarti dietro un'orfana? Questi sono assassini!

Così Davide dovette partire. Torno presto, Rositta amore mio! Questione di un anno, forse due, fino a che le acque si calmano! Vai, tesoro, salva la tua vita, ritorna presto e non dimenticarti di me! Dimenticarmi di te? Ma che dici, Rositta mia? Due anni? no. Quattro, cinque?

Il tempo passava lentamente a San Piero. Davide scriveva ogni mese, puntuale, e puntualmente metteva nella lettera un dollaro, a volte due o tre, così che Rositta e la bimba potessero sostentarsi. Ma Rositta, donna granitica come la mamma, non usò mai quel denaro per sé, il dollaro americano lo metteva sempre da parte, e ogni volta che ne aveva abbastanza, comprava un piccolo appezzamento di terra. Dopo dieci, dodici anni, lei era una piccola possidente.
- Così, quando ritorna babbo, - diceva alla figlia ormai grandicella - lui si troverà proprietario di un po’ di terra!

Per andare avanti, lei continuava a fare pastorizia, come la mamma un tempo, portando al pascolo le capre da cui poi tirava fuori il latte per fare le famose ricottine, quelle che tanti anni prima la mamma faceva e vendeva per racimolare i soldi per il gran viaggio per le Americhe. Lavorava tanto, tutto il santo giorno.
- Ma quando torna questo babbo? - gridava la figlia spazientita.
- Vedrai, vedrai che tornerà presto!

Ma non era ancora tempo. Poi ci fu l'episodio delle fedi. Il governo fascista aveva bisogno di oro per comprare armi per la guerra, e aveva richiesto che tutte le donne e gli uomini dessero la loro fede nuziale d'oro, sì che le fedi d’oro venissero raccolte e poi essere consegnate al capo fascista del paese.
- Mai e poi mai! - gridava la Rositta - La fede è il ricordo che ho del mio Davide, il mio pegno d'amore, mai e poi mai ve la darò!
E non ci fu modo di farle cambiare idea, lei fu anche malmenata per questo - ma il pegno d'amore rimase saldo al suo dito.

Lui tornò dopo venti anni. Lei se lo vide comparire davanti nella bettola del paese, e quasi svenne. Ci fu festa in paese e si capì subito che quell'amore che era stato così vero e sincero, sarebbe continuato. Lui, oltre che innamorato, era ora ammirato, sbalordito, dal fatto che la moglie non avesse mai usato i dollari che lui le aveva spedito, e li aveva usati invece per comprare terra. L'amore si tramutò quasi in venerazione. E le disse:
- Tu Rositta hai lavorato tutta la vita duramente, ora devi riposarti, ci penso io al resto!
E si dice che veramente facesse tutto lui per la moglie. Lui le comprò una seggiola, dove lei doveva sedere e riposare. Lui la pettinava, lunghe ore a lisciarle i capelli con un grosso pettine nuovo, le lavava i piedi sull'uscio di casa, e lei davvero sedeva e si riposava.
Credo che quella seggiola scura esista ancora a San Piero.

Rositta si vantava molto di una cosa: di essere rimasta sempre fedele al marito in quei lunghi venti anni di assenza. Lo diceva con orgoglio, anche alla figlia, che un giorno le rispose male:
- Sì, tu gli sei rimasta fedele. Ma credi tu che lui abbia fatto lo stesso? Chissà quante donne lui si è fatto, lì in America!
Al che Rositta rispose:
- Spero bene che qualche donna lo abbia fatto felice in tutti questi anni. Glielo auguro di tutto cuore!

Passava di lì per caso don Michele, il prete buono del paese, che sentì quella conversazione animata, e vide come la Rositta, innervosita, se ne andasse lasciando la figlia in mezzo alla strada.
Don Michele si avvicinò alla ragazza e le mise una mano sulla testa, come si fa ai bimbi.
- Figliola, tu hai ascoltato una grande lezione. Senti: quando qualcuno augura il bene al prossimo, passando sopra il proprio orgoglio e il proprio egoismo, questo qualcuno ti sta dando una lezione che devi tenerti dentro il cuore per tutta la vita. Capito?
La ragazza lo guardò a bocca aperta, e chinò il mento. Forse aveva capito.

Don Michele se ne andò, pensando a quella cosa, quella sintonia tra il bene altrui e il proprio egoismo. E gli venne in mente un'altra persona, un altro episodio accaduto proprio lì nel paese.

Si trattava della Zorba, chissà perchè poi la chiamavano così, che non era nemmeno un nome cristiano. Lei era sposata con un brav'uomo ma non erano riusciti ad avere figli. Ma era risaputo in paese che lui di figli ne aveva due, un maschio e una femmina, avuti con un'altra donna. La Zorba aveva una botteguzza dove si vendeva un po’ di tutto, piccole cose, anche caramelle e dolci per bambini. E lei, la Zorba, invitava sempre i due bambini, quelli di suo marito, a venire in bottega, e li riforniva continuamente di caramelle e dolci. E a qualche vicina che le diceva - ma come, tratti così bene questi figli illegittimi di tuo marito, sapendo bene che non sono i tuoi? Rispondeva:
- Ma che differenza fa? Sono bambini, e bisogna essere buoni con loro. Io voglio solo che siano felici.
Don Michele sapeva anche che la Zorba aveva lasciato in eredità la sua stessa bottega alla bambina, e la sua stessa casa al maschietto. Pensando a questo, don Michele pensò al Vangelo e si mise in cammino fischiettando contento.