Ovunque orsi, caribù, alci, buoi muschiati, volpi, fiumi, salmoni, cascate, vette innevate e ghiacciai, in una natura straripante di straordinarie bellezze; dopo aver percorso la Highway One, la stupenda litoranea della California, la mia attenzione è stata letteralmente rapita dalla leggendaria Dalton Highway, la strada più settentrionale del continente America, l’unica che solca la remota regione del Far North fino all’Oceano Artico, in un paesaggio mozzafiato ai confini del mondo. Tracciata a tempo di record dalla British Petroleum (BP) nel 1974, in seguito alla scoperta di giacimenti sulla costa, e aperta ai mezzi pubblici soltanto dal 1995, la Dalton Highway inizia poco a nord di Fairbanks, la seconda città dell’Alaska fondata dal mitico modenese Felice Pedroni, attraversa il circolo polare artico, la catena del Brooks Range e scende al capolinea di Deadhorse, oltre il 70° parallelo: 1350km, tra andata e ritorno, di pista in gran parte sterrata e servita da tre stazioni di rifornimento soltanto: un viaggio ruvido, in odore d’avventura, ma ampiamente attuabile nei mesi estivi, aiutati dal clima mite e dalla luce del giorno perenne. Il raggiungimento della Dalton ci consentirà poi un ampio giro dell’Alaska, la favolosa terra della corsa all’oro, coi suoi punti di riferimento nel parco Denali del monte McKinley, Valdez e la penisola Kenai, per un totale di 3600 km percorsi in 22 giorni.

La Highway 3 verso nord
La mattina del 18 giugno con l’amico Marcello saliamo sul possente truck-camper Chevrolet 4x4 Silverado, con cellula Lance 845:8’6, della ABC Motorhome di Anchorage, l’unica compagnia di noleggio che non vieta l’accesso alla Dalton Highway. Risalendo la Highway 3 verso nord, ben presto ci si accorge di essere capitati in un paese straordinario, “fuori dalle righe”, per l’imponente visione del McKinley (6194m), che ci accompagna sulla sinistra, per le estrose composizioni da cacciatori esposte nelle proprietà private o nelle road-house e per la gente schietta e cordiale, armata di coltelli e fucili, che chiacchiera volentieri davanti ad una tazza di caffè quasi sempre offerta. E’ il genuino vissuto di pionieri custodi di una preziosa energia primordiale. L’ingresso nell’ex centro minerario di Talkeetna è come un tuffo nel passato, oggi trasformato in una stazione di aero-taxi diretti alle valli ghiacciate del Denali: un incessante via vai di idrovolanti e semplici aeroplanini, che paiono legati col classico fil di ferro. Verso sera, col sole ancora altissimo, raggiungiamo la barra del Denali National Park, uno dei parchi più estesi e vergini del pianeta, dove purtroppo ha trovato la morte il giovane Cristopher McCandless, esperienza umana raccolta nel libro, e poi nel film di Sean Penn, Into the wild. Per provare a dormire, con la luce di mezzanotte ci posizioniamo tra il fiume e la piccola e graziosa stazione ferroviaria di Nenana eretta nel 1916. Prima di coricarci visitiamo i due pub aperti: anche qui si parla di pesca al salmone reale, di caccia e di orme d’orso sotto casa; pare ve ne siano dovunque, ma difficilmente attaccano l’uomo. Ansiosi di allungare verso nord sulla Elliott (Hwy 2), il mattino seguente attraversiamo in tutta fretta Fairbanks, base di partenza per la Regione Artica, con l’imbocco della Dalton a 87 miglia (139 km).

Dalton Highway – giorno 1
Ore 14, ecco l’agognato cartello, visto tante volte su Internet e ora qui, davanti a noi, ricoperto di adesivi come una classica valigia da viaggio. L’Alaska è l’indiscusso eden di camperisti e motociclisti, ve ne sono ovunque, ma ben pochi lungo la temuta Dalton (Hwy 11), tuttora considerata un'autentica conquista riservata agli amanti dei luoghi estremi, ai più temerari. Una esagerazione legata al passato ancora recente, nota come “haul road” ("massacrante"), e alla reputazione dei mesi invernali, quando la Dalton può diventare letteralmente letale per il ghiaccio e i sassi taglienti. Oggi alcuni tratti sono stati addirittura asfaltati o ingentiliti ed è sufficiente non correre e seguire le normali istruzioni illustrate un po’ dappertutto. Tuttavia la Dalton rappresenta ancora una grande sfida, anche per quei rari ciclisti che qui giungono per un’altra difficile sfida. Lo spettacolo è garantito! Le prossime stazioni di rifornimento, con meccanico, ristorante, alloggio, docce e telefoni, sono tre: Yukon River (miglio 56 - 90 km), Coldfoot (miglio 175 - 280 km) e il capolinea Deadhorse (miglio 414 - 662 km). Nel primo tratto non tardano però i dubbi: segnato sulle carte come asfaltato è invece sterrato, col mezzo ricoperto di densa fanghiglia a causa della pioggia: “Se questo è asfalto, cosa sarà il resto?”. Il clima cambia in fretta, vento, pioggia e sole spesso si alternano rapidamente e così il saliscendi perpetuo della pista camionabile torna asciutto, compatto e ben percorribile, ma non catramato. Il segno di recenti quanto devastanti incendi è evidente un po’ dovunque. All’altezza dell’Hesse Creek Bridge incontriamo il giovane Bill armato di fucile di precisione: sale sul suo quad honda e s’inoltra nella foresta a caccia d’orsi: “Just for fun” ("così, per svago"). All’ampio e melmoso Yukon River, il quinto fiume d’America (3200 km), giungiamo alle 16.30. Attraversato il Patton Bridge tavolato in legno, unico ponte sullo Yukon in Alaska, nel grande spiazzo a sinistra si trova il caseggiato del motel-ristorante e il bombolone della gasoline davanti all’officina, mentre a destra oltre l’oleodotto c’è la casetta in tronchi dell’efficiente Visitor Centre. Giù dal ponte, invece, armeggiano su canoe due attempati tedeschi ben più temerari di noi: in un mese di pagaia hanno disceso quattro fiumi per un totale di 2000 km. Ripartiamo alle 18. Dall’Italia, su Internet, la presenza quasi costante dell’elevata pipeline a lato della strada pareva una visione orribile, mentre in loco diventa addirittura una presenza umana gradita. Fa compagnia, e non disturba come pensavo. Occorre invece fare attenzione agli enormi camion oversize della BP, hanno la priorità e sfrecciano arroganti col rischio che qualche sasso ci “fiondi” addosso. Il primo tratto d’asfalto inizia dal miglio 90 e conduce sulla panoramica spianata del Finger Mountain, una bassa sagoma granitica attorniata da cespugli di bacchi alpini. A ovest si apre la splendida valle del Kanuti Wildlife Refuge e si scende tra laghetti, acquitrini e torme di minuscole, ma voracissime zanzare, anch’esse una costante del viaggio. Il segmento d’asfalto successivo conduce al modesto piazzale del Circolo Polare Artico (miglio 115): sosta d’obbligo per la foto al cartellone che indica la latitudine 66°33’N, il punto in cui nel giorno del solstizio d’estate il sole non tramonta mai. Dopo conche arcaiche e infiniti intrecci di torrenti impetuosi, dove tuttora si setaccia il bacino come ai tempi del gold rush, alle 23 entriamo a Coldfoot (miglio 175) col sole ancora ben alto e il campo invaso da camion in un mare di fanghiglia.

Da Coldfoot a Deadhorse – giorno 2
La stazione, che in origine si chiamava Slate Creek, venne ribattezzata "Coldfoot" ("Piedefreddo") alla fine dell’800, quando un gruppo di minatori l’abbandonò a causa dei piedi sempre freddi. Posta in una conca circondata da montagne, la manciata di costruzioni del Coldfoot Camp rappresenta la base obbligata per tutti coloro che vanno o arrivano dall’estrema regione artica: qui, finalmente, si respira la tipica atmosfera dei posti di frontiera. Ricoperti di melma, i motociclisti del Colorado appena tornati da Deadhorse ci raccontano di belle visioni, ma anche del freddo gelido patito e ironizzano con noi, che con la “casa appresso” non avremo certo questo genere di problemi. Il ristorante offre un ottimo servizio buffet da 8 e 13 dollari. La doccia costa 14 dollari e per una cameretta allo Slate Creek Inn di fronte ne chiedono 200. I camper stazionano nel prato erboso a nord del perimetro. Sono da vedere i filmati sulla regione al mega Arctic Interagency Visitor Center. Alla partenza (ore 10) il cartello ci ricorda “next services 240 miles”: riempiamo un paio di taniche extra, procurate nell’officina meccanica. Ad appena 11 miglia, subito dopo il ponte del Middle Fork Koyukuk, giriamo a sinistra per il secolare villaggio di Wiseman, abitato da una trentina di cacciatori veraci che vivono in capanne di tronchi. Fondato dai minatori che scoprirono l’oro nel vicino Nolan Creek, oggi è l’unica comunità di non-nativi a nord dello Yukon; sparse dovunque cataste di corna, zampe, crani, ossa, trappole e pelli d’orso, in una dimensione lontana e difforme. Camere, ristorazione e store all’Arctic Gateway, ma per manufatti e racconti dal vivo seguite il cartello che conduce alla casa di Jack Reakoff, prezioso custode della storia locale. Da non perdere! Il traffico permane pressoché inesistente, con la Dalton che pare costruita solo per noi. L’inconfondibile sagoma del massiccio di Sukakpak (1340 m) al miglio 203, la neve nei fiumi e infine il cartello che indica l’ultimo abete del nord America, The Last Tree (miglio 235), ci annunciano il graduale accesso alle pendici del Brooks Range, col paesaggio che diventa sempre più affascinante e il clima più rigido. L’intrigante salita all’Atigun Pass (miglio 244) è ripida ma breve, con pendenza del 12% tra aridi pendii ancora innevati. Dalla cima del passo (1422 m), chiuso in una gola e per niente panoramico, la strada melmosa scende a picco per aprirsi su ampie valli che, al pari di un passaggio segreto, riportano la mente ai verdi giardini incantati. Sono le valli del North Slope, remoto regno di dinosauri. Ovunque laghi, uccelli acquatici, fiori selvatici e bacche commestibili, col profilo della barriera spartiacque del Brooks che si staglia alle spalle. All’altezza dell’Happy Valley (miglio 334) incontriamo la ciclista di Berlino Marion, assetata, che ci racconta lo spavento per due grizzly avvicinatisi un po’ troppo alla sua tenda; tuttavia è riuscita a scattare alcune foto che ci mostra. Nell’approssimarci all’Oceano, il freddo si fa più pungente e la fauna selvatica negatasi a sud del Range ora ci appare abbondante: volpi artiche, mandrie di buoi muschiati e di caribù che pascolano pacifiche a bordo strada. Tutt’attorno all’orizzonte il curioso fenomeno delle collinette polari, dette pingo: figure coniche che, come miraggi, sembrano galleggiare nella tundra. Alle 21 entriamo a Deadhorse, costeggiamo il lago Coollen ghiacciato e nonostante il sole, c’è vento e un freddo cane! Parcheggiamo di lato all’Arctic Caribou Inn, luogo di raduno obbligato, accanto ad alcune moto e a un paio di truck-camper come il nostro: viaggiatori coi quali è facile fraternizzare. Il cartello cita “Se siete giunti fin qui potete elogiare la vostra caparbietà”.

Prudhoe Bay e ritorno – giorni 3, 4 e 5
Oggi, 21 giugno, festeggiamo il solstizio d’estate e il mid-night-sun dal Grande Nord, un osservatorio decisamente privilegiato. Al Caribou Inn, alloggio con ottimo buffet ($ 15-18) e pareti tappezzate da regole militari ("fumare a 15 metri dal caseggiato"), prenotiamo l’escursione alla base protetta di Prudhoe Bay, distante 8 miglia: per ragioni di sicurezza occorre registrarsi il giorno prima. Nell’attesa, perlustriamo il singolare “abitato” di Deadhorse: l’aeroporto, lo store, la posta. Il panorama è lugubre: prefabbricati, cisterne e hangar invasi da mezzi pesanti e macchinari di ogni forma e genere, adatti a tundra e climi polari. E’ la base petrolifera più grande degli USA, abitata da 5-6000 operai che alternano due settimane di lavoro a due di riposo a casa. Il mattino seguente in pulmino raggiungiamo la spiaggetta in sassi di Prudhoe Bay, la sosta è breve, giusto il tempo di bagnare i piedi nell’Oceano Artico: $ 45, eccessivo! Alle 11 imbocchiamo la Dalton sulla via del ritorno e alle 22 siamo nuovamente a Coldfoot, assieme a un gruppo di allegri sudamericani impegnati nella Trans-America: Alaska-Tierra del Fuego (15.000km). Con loro gli argentini Carlo Platz e Samanta, che a casa hanno venduto tutto per conoscere il mondo. Il 23 avvistiamo un orso in località Five Mile e usciamo dalla Dalton alle 20, dopo le solite 10-14 ore di guida, per un resoconto totale di 4 giorni di viaggio e 1 di sosta.

Felix Pedro
Il sole è ancora alto e da Fox, ai piedi della Dalton, giriamo sulla Hwy 6 per una manciata di miglia fino al monumento di Felice Pedroni (1858-1910), localmente arcinoto come Felix Pedro, eretto di fronte al Pedro Creek, il piccolo torrente dove nel 1902 il fortunato pioniere di Fanano , Modena, scoprì un ricco filone aurifero e pose le basi per la fondazione di Fairbanks. La mattina seguente passiamo a salutare il sindaco, l’estroversa Terry Strle, che ci mostra le sale di un municipio ricolmo di foto, documenti e sculture donate dalla città gemella Fanano: qui, come i Italia, ogni anno a luglio si festeggia il Felix Pedro Day e le manifestazioni in suo onore si sprecano. Sulla via del ritorno verso sud seguiamo la Hwy 2, con sosta obbligata alla celebre casa di Santa Claus a North Pole; prendiamo poi la Hwy 4 tra superbe visioni di laghi, monti, cascate e ghiacciai fino alla turistica Valdez, dove terminano i 1286 km del Trans-Alaska Pipeline iniziati a Prudhoe Bay. Un giro per la panoramica Kinai Peninsula, col tempo però inclemente, prima di riconsegnare il mezzo ad Anchorage.

Il paese degli orsi – Bear Country!
Lungo la Dalton Highway è possibile incontrare orsi neri e grizzly praticamente ovunque, sia di giorno che di notte. Entrambi sono imprevedibili e potenzialmente pericolosi, tuttavia sono di indole pacifica e attaccano l’uomo solo se si sentono minacciati. Non cucinate pesce, pancetta o piatti dagli odori intensi: richiudete le provviste e gli assorbenti mestruati in contenitori di plastica. Noi non abbiamo mai cucinato, solo biscotti, sandwich, frutta, latte e i ristoranti dei campi. Se entrate in un bosco, specie vicino ai corsi d’acqua, fate sentire la vostra presenza cantando o battendo forte le mani. Se capita d’incontrare un orso, non giratevi per scappare; evitate scatti improvvisi, con calma alzate le braccia sopra alla testa e iniziate a parlare pacatamente all’animale arretrando piano piano senza voltare le spalle. Quando si alza ritto non è per attaccare, ma per guardarvi meglio. Ringhia quando finge di sfidarvi per allontanarvi, avete invaso il suo spazio. In genere le sue cariche si arrestano o deviano a pochi metri: se non si muore d’infarto si hanno buone possibilità di sopravvivere. In caso di vero e proprio attacco, con un grizzly occorre buttarsi al suolo in posizione fetale, mettendo le mani dietro la nuca, e fingersi morti, mentre con un orso nero bisogna difendersi perché non ci casca. Gli spray al peperoncino funzionano solo se vi trovate col vento a favore.

Dalton Highway – Informazioni generali
Uffici del turismo - Bureau of Land Management, Fairbanks, Alaska
Tel. 001-907-4742200
Arctic Interagency Visitor Center, Coldfoot, Alaska
Tel. 001-907-6785209 www.blm.gov/ak/dalton
- Da Fairbanks al capolinea Deadhorse (800 km) il rifornimento è limitato a due stazioni intermedie: Yukon Crossing a 90 km ( www.yukonrivercamp.com) e Coldfoot a 280 km (Tel. 001-474-3500; www.coldfootcamp.com): l’ultimo segmento è di 384 km. Sulla Dalton la benzina costa un dollaro in più al gallone, per il resto non c’è la grande differenza di prezzo che in tanti ci avevano annunciato.
- Non esistono medici, negozi o banche (l’unico bancomat ATM si trova a Deadhorse) e i cellulari funzionano solo a Deadhorse. Wiseman è l’unico villaggio della Dalton, abitato da cacciatori bianchi; nessun centro di nativi è presente su questa striscia.
- La Dalton è percorribile fino a Deadhorse; per l’Oceano a Prudhoe Bay, distante appena 13 km, occorre prenotare l’escursione il giorno prima all’Arctic Caribou Inn (Tel. 001-866-6592368): $ 45.
- I lavori per migliorare le condizioni della strada sono in continuo svolgimento, tuttavia, la Dalton rimane un percorso lungo, isolato e a tratti sgangherato, polveroso o scivoloso, a seconda delle condizioni meteo.
- Bisogna tenere le luci sempre accese e a nord dello Yukon è proibito uscire dal corridoio della Dalton per più di 5 miglia.
- Se si esclude la costa artica - North Slope (-3/5°C), dove fa più freddo che a Capo Nord, la temperatura rimane sopra lo zero da giugno a metà agosto (10/30°C), mentre il sole nel Far North resta sopra l’orizzonte dal 10 maggio al 2 agosto.
- I campeggi autorizzati sono 4, dei quali 3 gratuiti: Five Mile (miglio 60), 4 miglia a nord del fiume Yukon con acqua potabile e “dump station” ("scarichi"): il posto migliore è nel terreno alto vicino al gate d’ingresso; Arctic Circle (miglio 115) sulla collina dietro l’area pic-nic. No acqua o scarichi; Marion Creek (miglio 180), 5 miglia a nord di Coldfoot, con acqua potabile a pagamento. Se non c’è posto, a 3 km lungo il fiume trovate uno spiazzo tranquillo davanti a una bella cascata; Galbraith Lake (miglio 275), 4 miglia dalla Dalton: seguite l’indicazione aeroporto e poi continuate dritto. Veduta spettacolare del lago e del Brooks Range.
- L’acqua dei torrenti non è potabile, va bollita o disinfettata con iodine: la Giardia, infezione parassitaria altamente contagiosa, è molto diffusa nei fiumi dell’Alaska. Portatevi acqua, provviste base e il repellente per zanzare; molto usata la retina a cappuccio per la testa.
- Tenete pulito il campo in modo da non attirare animali, ai quali non è saggio avvicinarsi o lanciare del cibo: alci e buoi muschiati appaiono pacifici, ma possono diventare pericolosi se avvicinati troppo. Lupi e volpi nel North Slope possono avere la rabbia. Lungo la Dalton è capitato di lupi che, sempre per motivi di cibo, hanno attaccano l’uomo o i suoi animali domestici. La maggiore attività degli animali ha luogo al mattino presto e alla sera.

Notizie utili
Enti Turismo - Alaska Travel Industry Association (ATIA) - Tel. 001-907-9292200 - www.travelalaska.com
Anchorage Convention & Visitors Bureau - Tel. 001-907-2764118 - www.anchorage.net
Fairbanks Convention & Visitors Bureau - Tel. 001-907-4565774 Nativi – Alaska Native Heritage Center, Anchorage - Tel. 001-907-3308000 - www.alaskanative.net
Ogni mezz'ora documentari e danze dei principali gruppi etnici: Yupik e Inupiaq Eskimo (Nord), Yup’ik e Cup’ik (Ovest) Athabaskan (Centro), Tlingit, Eyak, Haida e Tsimshian (Sudest), Aleut e Sugpiaq (Isole Aleutine). Popolazioni che in buona parte rifiutano la colonizzazione dei bianchi.
Documenti - passaporto a lettura ottica. Prefisso internazionale - dall’Italia 001 e dagli USA 011-39; per informazioni premere “0” (Operator) da qualsiasi telefono. Emergenza - polizia, ambulanza, Tel. 911; Alaska State Trooper, Tel. 001-800-8110911 - CB canale 19. Assicurazione - l’assistenza medica negli USA è costosissima; con 42 euro Europe Assistence (Tel. 800443322) copre fino a 70.000 euro. L’assicurazione in camper è compresa nel noleggio.
Consolati d’Italia
Anchorage Console onorario - Tel. 001-907-7627664 - victormontemazzani@gci.net (dipende da San Francisco) - Tel. 001-415-9314924 - www.conssanfrancisco.esteri.it
Noleggio Camper
ABC Motorhome Rentals, 3875 Old International Airport Road. Anchorage - Tel. 001-907-2792000 - www.abcmotorhome.com
Occorre saldare il conto tramite carta di credito (non pre-pagata) un mese prima della consegna. Il costo è superiore del resto degli USA, sono però comprese le miglia illimitate, il servizio navetta da/per l’hotel, il lavaggio e lo scarico del mezzo al rientro, oltre a piatti, tegami, saccopelo, cuscini e coperte. E’ richiesta la patente di guida. I campeggi sono tantissimi e ben indicati ovunque. Tutti i tipi di camper, caravan, luoghi e materiali attinenti, sono indicati con la sigla “RV” (pron. ar-vi = Recreational Vehicle).