Avevo ventisette anni e nessun talento (almeno così credevo), ma possedevo molte piccole virtù, un amore incontenibile per la natura, una tenacia incrollabile, tanta voglia di osare e una strana attitudine ad aggiustare le cose rotte, meglio se vecchie e brutte (da bambina le bambole più scassate le vestivo per benino e ritornavano come nuove, le piante mezze morte le innaffiavo e le curavo finché, come per miracolo, non ritornavano bellissime).

Col passare degli anni ho capito quale sarebbe stata la mia bizzarra missione nella vita: avrei trasformato un pezzetto di mondo brutto e degradato nel luogo dei miei sogni per viverci. Il posto è stato facile da trovare, appena l’ho visto ho capito subito che era quello giusto, nel centro storico, ma nessuno lo voleva. Negli uffici del Comune era classificato come zona di degrado e il nome, Vicolo Capannetti, sta a indicare che fino all’inizio del secolo scorso in questo luogo c’erano soltanto misere casupole, capannetti, appunto. Luogo abitato da povera gente da sempre, mi è piaciuto subito: troppo stretto il vicolo perché le auto potessero entrare, c’erano i presupposti per creare un ambiente a misura d’uomo.

Un vecchio giuggiolo solitario in tutto quel grigiore desolato è stato la mia guida, mi indicava già la strada da percorrere. Topi, muffe, scarafaggi, niente mi spaventava, ero una donna giovane piena di passione con un progetto ben chiaro nella testa. È stato difficile convincere i miei vicini di casa ad arrendersi alla natura, che la vita attraverso le piante e ai fiori che avevo in mente di piantare ricominciasse a scorrere come una linfa vitale. Dopo dieci lunghi anni di sguardi dubbiosi e indecisi, finalmente il mio eroico vicino di casa Giuseppe ha preso mazza, scalpello, piccone e anche un martello pneumatico, e insieme abbiamo scalzato striscie d’asfalto nel vicolo, vicino alle nostre case, abbiamo liberato un po’ di terra, un gesto rivoluzionario, anarchico e liberatorio. Abbiamo fatto dei buchi in qua e in là felici come bambini e abbiamo piantato gelsomini, iris, rose, calicantus e oleandri; ci siamo ripresi un pezzetto simbolico di campagna usurpata e abbiamo piantato salvia, basilico e rosmarino, un melograno e due viti d’uva bianca.

Che felicità e che cambiamenti, la vita è arrivata: un giorno sotto il melograno è nato un bel fungo e io mi sono commossa, non so perché. Dopo il restauro vero e proprio della casa, la conversione dell’ambiente è avvenuta usando la natura come alleata, lei sì che vivifica e aggiusta tutto. Ho sperimentato una magnifica convivenza fra natura, case e umanità lasciando libertà alle piante di ricoprire la mia casa e di entrare sempre di più nella mia vita. Il genius loci, il genio del luogo che temevo fosse morto di stenti, in realtà era solo in esilio, è tornato felice e mi sussurra spesso all’orecchio deliziosi consigli per migliorare ancora e io l’ascolto sempre.

I piccolissimi spazi verdi si sono moltiplicati perché il mio occhio cerca sempre le piante tutt’intorno, mi aiutano, mi consolano, mi salvano. Mi piace condividere i miei spazi e così a poco a poco il valore dell’ospitalità è diventato un lavoro. La mia casa ora è un bed and breakfast, le camere per gli ospiti hanno una loro atmosfera gentile, con libri, giornali e oggetti che fanno capire che ho pensato alla sosta di un viaggiatore e alla sua quiete, il bagno è in camera e c’è l’uso di una cucina in comune. È una tipica casa di borgo, veramente suggestiva e succede spesso qualcosa di straordinario; molti lasciano disegni, messaggi, poesie. Mi piace pensare che i miei occasionali ospiti si siano ispirati e sentiti bene qui a Ravenna, in questo luogo, che abbiano percepito le segrete suggestioni, le vibrazioni di questo mio lungo processo creativo, fatto con amore per me e per tutti. Una coppia ha lasciato questa poesia pochi giorni fa:

Libera regnat
Protetti da sguardi
e da affanni lontani
in un nido di tende,
di rumori ovattati
e giardini minuscoli
che racchiudono lembi di un cielo
che è solo nostro,
ascoltiamo la pioggia
che scende insistente
sulle piante gentili
e sugli ultimi fiori d’autunno
lucidi d’acqua.

Ci arrivano echi dalla città
che vive di antichi splendori
custode del tempo
mentre, in pace col mondo,
respiriamo
la dolcezza dell’aria e
suoni leggeri
nella luce discreta
della casa del borgo.
(M&N)

E questo è un regalo dell'amica Mariella Busi De Logu:

Vicolo Capannetti
Se, in bicicletta, attraverso il Borgo San Rocco, vado controsenso. Mi capita spesso.
Ma oggi devio, allungo e risalgo la corrente di via Ravegnana.
Automobili parcheggiate o in azione, motociclisti in fuga, ciclisti a testa bassa, pedoni distratti. Qui la gente va di fretta – gomitate nei fianchi.
Impegnata come sono a evitare lo scontro con tutte queste forze in movimento oltrepasso il vicolo.
Oltrepasso il vicolo e me ne rendo conto solo quando rivedo la Porta del Borgo.
Ritorno. Prendo la mira. Entro.
No, non è questo. È simile, anzi è proprio diverso.
Eccolo.
Ma anche questa volta – assomiglia.
Questi vicoli sono carta assorbente, invece cerco la pagina scritta – l'originale.
Ma l'originale forse è sparito.
Forse non è mai esistito.
Anche Claudia me la sono sognata. La chiamo al cellulare.
Più avanti.
Più avanti più indietro.
Di lato.
Proprio qui.
Tra due case, la strettoia.
Una membrana leggera trasparente separa la luce da foschie metropolitane.
Come se ci fosse sempre stata solo per sguardi allenati alla bellezza.
È troppo forte il contrasto tra l'esterno e la viuzza.
Fuori polveri sottili, gas di scarico, negozi usa e getta, gente che divora e sperpera.
Intenta a riempire il proprio pozzo senza fondo.
Alzo il velo.
Alzo il velo e vedo la Madonna.
No.
Neanche il paese delle meraviglie di Alice. Qui è tutto vero. Tocco con mano.
Però mi ritorna alla mente la visione e i profumi del mese di maggio, a Cesena, quando ero bambina.
Inizio a respirare in stato di libertà, senza difese cambia il ritmo.
Insieme allo stupore, la leggerezza.
Scende sul mio corpo quel riposo che annienta tensioni permanenti.
Il vicolo ha pareti di piante rampicanti.
Il vicolo ha pareti di piante rampicanti e a terra tappeti di ciottoli con bordi fioriti.
Un microcosmo può suggerire grandezze ben più vaste del macrocosmo che lo contiene.
Qui non facciate ma montagne; verdi in primavera, fiorite in estate, rosse e gialle in autunno.
Qui non viuzze ma gole.
C'è vita pulsante.
Una specie di rimprovero vivente per lo sviluppo in stato confusionale di quartieri appena nati e già fatiscenti.
Faccio venti passi.
Faccio venti passi, giro a sinistra ed ecco la facciata rossa con fasce gialle e rampicanti gloriosi.
Giganti – i giganti della montagna incantata.
La loro crescita non deve essere disturbata, sono guerrieri in perenne conquista di nuovi spazi.
Apriti sesamo.
Entro nella preistoria.
Claudia ha scelto ruderi per un processo che si rinnova quotidianamente ed è il centro della sua vita: " È decrepita la rinforzerò, è grigia la dipingerò, è buia la illuminerò, ha piccoli cortili fatiscenti ne farò foreste verticali."
Il verde dell'albero e della pianta, il mistero della moltiplicazione degli spazi, ecco a che cosa ritorno pensando a Claudia. La sua è la condizione della crescita nell'atto irripetibile del germogliare e così attorno a lei, nel Vicolo Capannetti, piante, animali, case, persone, vivono intensamente e si moltiplicano.
E si moltiplicano seguendo desideri e passioni di questa Primavera della semina spontanea che deriva direttamente dal cespuglio, dal ramo, dallo stelo, dall'albero, dalle foglie, dall'acqua, dalla terra. Vermi compresi.
I desideri e le passioni di Claudia hanno origini lontane. Nell'infanzia. La nostra origine.
È li che ritorniamo sempre.
È li che ritorniamo sempre per comprendere chi siamo ora.
La mano e lo sguardo di Claudia bambina che a scuola governano le piccole piante sanno quello che fanno.
Più avanti nel tempo l'incontro della conoscenza – mano e sguardo – con la coscienza – la mente – è il primo giardino, la prima casa.
È il primo giardino, la prima casa nutriti da tutta la sua vita passata.
Giardini pensili di Babilonia, casa, madre di tante figlie – l'ultima è nata questa estate – possono durare in eterno come richiamo per quelle improbabili dimore che sorgono ora; così per caso.

Per maggiori informazioni:
Bed and Breakfast Capannetti
Vicolo Capannetti 19/15A
48100 Ravenna
Tel: + 39 0544 67588
Cell: + 39 339 6274304
www.capannetti.it

Foto: Gerardo Lamattina