Manitoulin: sacra dimora del Grande Spirito Creatore, Gitchie Moanitou nella lingua degli indiani Odawa, Ojibwa e Potowatomi.

Il nostro viaggio inizia e finisce a Chicago, un ampio cerchio attorno ai Grandi Laghi col suo fulcro a Manitoulin Island sul lago Huron, nello stato canadese dell’Ontario, un’affascinante opportunità per visitare e conoscere da vicino le tribù indiane che vivono lungo le coste, tra cui gli irochesi e gli huroni, fieri guerrieri pellerossa del passato. E’ la terra del Cerchio del Grande Spirito, il sentiero circolare che attraversa le foreste vergini del popolo dei Tre Fuochi, un’antichissima unione siglata dalle tribù Odawa, Ojibwa e Potowatomi. Qui si erge la collina del “dreamer’s rock”, l’antico santuario di meditazione cosmica dove il pittore Mishibinijina sognò Papa Wojtila ricurvo sulla sacra roccia, dipinse la visione e fu invitato in Vaticano. L’avvincente ricerca ci porterà da una comunità all’altra, in un “pianeta a parte”, tra gente limpida e armoniosa dotata di un genuino e quasi sacrale senso dell’amicizia. Sulla via del ritorno, il giro in senso orario proseguirà per le riserve della penisola di Bruce, di Midland, capitale di Huronia legata al massacro dei gesuiti francesi del XVII sec., e la sublime visione delle cascate del Niagara, per un totale di 3400km attraverso sette Stati. A bordo del 4 Winds su meccanica Ford E 3500, un variopinto mansardato appena sfornato dalla compagnia di noleggio Cruise America, viaggia carico d’entusiasmo mio figlio Fabio di 10 anni, lui e io soli, grazie all’assenso dei professori di scuola.

Da Chicago verso nord: Illinois, Wisconsin, Michigan
Dopo un paio di giorni di piena estate trascorsi tra le scintillanti sculture del Millennium Park e la downtown di Chicago, prototipo di città moderna che tuttora svolge un ruolo importantissimo nell’ambito della scienza e dell’architettura, infiliamo la 94 in direzione nord ansiosi di raggiungere le riserve indiane del Canada. Lungo la Green Bay il traffico a poco a poco svanisce e la natura diventa sempre più prorompente, gradatamente nordica. Tra i vantaggi del viaggiare fuori stagione abbiamo inserito proprio i magnifici colori dell’autunno nordamericano e la maggiore disponibilità della gente, oltre a strade semideserte, nessuna ressa, prezzi scontati, campeggio libero dovunque e clima fresco, capace di regalare giornate di sole cocente. Si rischia qualche giorno di pioggia e vento, ma questo capita anche in estate. Salendo passo a passo la litoranea, il tratto più suggestivo è certamente la grande spiaggia che da Engadine conduce al Mackinac Bridge, ponte che delimita il lago Michigan dall’Huron, bagnata da onde simili a un mare. Per la notte sostiamo davanti al faro di St. Ignace, sul lato orientale del ponte, avvolti da una calotta di stelle brillanti e nitide quasi irreale, mentre la temperatura è scesa da 27 a 9°C.

Ontario, Canada
Il giorno seguente curiosi cartelli sulla 75 segnalano che stiamo attraversando una Prison Area e raccomandano di “non dare passaggi agli autostoppisti”. Attraversato il ponte di confine sul canale che collega il lago Superiore al lago Huron, dopo una blanda dogana si entra subito nella graziosa cittadina di Sault Ste Marie o “Soo” per i locali, unico grosso centro dell’area dov’è conveniente fare provviste. Ceniamo dal simpatico Mike’s (518, Queen St.), sei tavoli in tutto in un edificio anni ’30, e dormiamo indisturbati nel parcheggio illuminato dell’A&P Store aperto 24 ore. Pochi chilometri verso est e ai lati della Trans-Canada 17 appaiono le case della Garden River Indian Reserve, coi primi totem e i giardini affollati da carcasse d’auto, pupazzi, tende (“ti-pi”) ed estrose composizioni, un disordine ad arte che rivela l’animo fortemente creativo di questo popolo. Sulla fiancata in ferro del ponte sul Garden River una vistosa scritta a mano sentenzia: “This is Indian Land”. Lo stesso sterminato Ontario è una parola irochese che significa “dirupo roccioso sopra le acque”, riferitosi alle cascate del Niagara. Emoziona la vista di un giovane orso che attraversa la strada. Ci fermiamo a Massay attratti dalle sculture in ferro, perlopiù animali a grandezza naturale che adornano i cortili del paese, entriamo nella trattoria Crock’s Country Kitchen per un boccone al volo e la cameriera ci presenta Laval Bouchard, l’ispirato autore delle sculture. A Espanola seguiamo poi la statale 6 verso sud, il traffico si riduce a qualche grosso camion luciferino, pieno di luci e tubi cromati, che sfreccia carico di tronchi nel saliscendi di un paesaggio boschivo sempre più selvaggio: foreste di conifere alternate ad acquitrini, laghi e corsi d’acqua che si riversano nell’Huron, teatro di eterne battaglie tra Mohawk e Ojibwa. Catturati da scenari idilliaci, infiliamo la pista nel versante nord della Bay of Island fino alla punta, dominata dal Forbes Cottage di Jacob, proprietario di una vasta area di caccia riservata ai clienti: “Orsi e cervi sono talmente numerosi che non esistono divieti”, spiega. Ci indica la via per la collina sacra nella vicina riserva di Whitefish River; sulla Sunshine Alley Road troviamo le cascate ma non l’intrigante “luogo di visioni e sogni” a causa della giornata buia e piovosa. Occorre comunque il permesso del Birch Island Band Office.

Manitoulin Island
E’ ormai l’imbrunire quando superiamo il celebre ponte girevole, il Swing Bridge (1913), che introduce alla sospirata isola di Manitoulin (13.000 ab.), citata sul Guinness per essere la più grande bagnata da acque dolci. E’ la sede di una folta comunità indiana divisa in sei riserve proclamate First Nation, cioè abitate dai veri americani della Prima Nazione, gli autoctoni. Siamo nella terra ancestrale del Grande Spirito Creatore, Gitchie Moanitou nella lingua Odawa (“custodi dei commerci e delle armi”), Ojibwa (“custodi delle cerimonie e del cibo”) e Potowatomi (“custodi del fuoco”). Alcuni secoli fa queste tribù formarono il popolo dei Tre Fuochi, che nel 1700 controllava gran parte della regione dei laghi, capace di arginare l’espansionismo di irochesi (“serpenti”) e Sioux (”piccole serpi”). Ai giorni nostri sono 42 le riserve First Nation dell’Ontario incorporate nella Anishinabek Nation, territorio che rappresenta una sorta di governo centrale indiano. L’ente del turismo si trova subito a destra del ponte, prima di scendere nel ridente Little Current (1500 ab.), l’abitato maggiore radunato attorno alla fila di case color pastello, con negozi, ristoranti, supermercati. Ci sistemiamo di fronte, accanto alla passeggiata del waterfront, cullati dal vento che scoppietta sulla bandiera del Federal Building: notte fresca ma non da accendere il riscaldamento. La statale 6 verso sud ci conduce presto alla piccola riserva di Sheguiandah (“nido di cicogne”), col museo che vanta reperti archeologici risalenti a 9500 anni, i più antichi del Nord America. Alle spalle il villaggio culturale degli Ojibwa, con l’anfiteatro e l’RV Camping riservato ai camper. Una breve sosta al belvedere del Ten Mile Point, per ammirare il panorama del lago, e al successivo bivio giriamo a destra per entrare nella vasta penisola di Wikwemikong (“baia dei castori”), per i locali Wiky, antica terra del popolo Odawa. Bussiamo alla porta dell’Heritage Centre giù al molo, dove ci accolgono con un melodioso “Aanii” ("benvenuti"); noi eravamo rimasti al fiero “Augh” di Alce Nero a Tex Willer. Ci prende in consegna il bravo Dun Spragget che ci introduce a fatti, luoghi, personaggi: dalle rovine dell’Holy Cross Mission del 1851 all’attuale efficienza dell’asilo d’infanzia, per terminare a casa del placido scultore di totem Sam Bondy. Collanina d’osso, tartaruga d’erbe profumate, ognuno desidera donarci qualcosa.

Wikwemikong, riserva indiana mai ceduta
Tra le comunità indiane, Wiky è la più numerosa e singolare, l’unica che rifiutò di firmare il trattato governativo sulle riserve del 1862 vantando così il titolo di Unceded Indian Reserve, oggi una delle cinque capitali culturali del Canada. Qui si svolge il più grande Pow-Wow (festival di danze tribali) del Canada e sempre qui risiede la star Lisa Odjig, due volte campionessa mondiale di Hoop-Dance (con anelli), nipote e alunna di Gordie Odjig, il giocoso direttore di Wiky Tv 5, che ha anche la fortuna di vivere in una “cartolina”: un isolato cottage chiamato Endy-Aang (“la tua casa”), con spiaggia, battello e molo privato adagiato sulla Smith Bay. Il suo hobby è raccontare la cultura indiana agli stranieri. Totem dell’aquila, animale sacro per eccellenza, bandiere nordamericane sovrastate da immagini di capi indiani o minacciose scritte a caratteri cubitali, rivendicano identità etnica e il diritto d’eredità sulla terra. Tuttavia le riserve ora godono d’autonomia politica, giuridica e amministrativa. Una sorta di stato nello stato, ciascuno col proprio magnifico stendardo, la propria polizia tribale e cliniche dotate di “ruota della medicina” (healing log), la stanza conica invasa dal fumo delle quattro piante divine (salvia, cedro, tabacco, erba dolce) e un’enorme testa di bisonte appesa alla parete, in cui anziani “stregoni” curano gli ammalati in modo tradizionale. Nelle First Nation non si pagano tasse, la benzina costa la metà e sono gratuiti i servizi scolastici, medici, ospedalieri, farmaceutici e quant’altro. Anche il sorprendente Piero, curioso italiano tra gli indiani, sforna pizze per i nativi e ha intestato tutto alla moglie Odawa per non pagar le tasse. E’ gente gioiosa, ricca di storia e di saggia umanità, titolare di un mondo interiore notevole. Ovunque si respira la purezza della Madre Terra, che infonde un invidiabile concetto di fratellanza. La loro filosofia è incentrata sul numero 4, sui colori e sul cerchio, che rappresenta il sentiero circolare della vita. All’interno delle capanne, rigorosamente a base circolare, vengono posti drappi colorati nei quattro punti cardinali, che simbolizzano le radici dell’Universo indigeno da migliaia di anni: Giallo a est, dove siamo nati, l’inizio di ogni cosa, l’alba del nuovo giorno; Bianco a nord, da dove viene la neve che uccide i germi e porta aria pulita, salute, pulizia, purezza spirituale; Rosso a sud, che significa Africa, cuore rosso, da dove viene l’amore, la passione, l’unione tra i popoli; Nero a ovest, dove andiamo quando moriamo, verso il buio, il tramonto della vita terrena. Da sempre la croce è sinonimo del Grande Spirito, immagine che casualmente facilitò l’opera dei primi missionari cristiani.

Sentiero del Grande Spirito
L’aria è tersa, il cielo si apre mostrando fila di anatre selvatiche che migrano e tutto si accende di colore nella bella baia di M’Chigeeng (“pesce arpionato”), riserva incentrata sulle preziose gallerie dell’Ojibwe Cultural Foundation, una sorta di museo delle tribù locali. Il giovane direttore Kevin Eshkaw coordina il Sentiero del Grande Spirito, un labirinto di corridoi onirici nei verdi territori dell’anima, esperienza che certamente rafforza lo spirito: trekking e canoa passando per le otto riserve dell’area (6 sull’isola e 2 sulla terraferma). Quasi ogni dipinto della sala mostre rappresenta l’aquila, animale sacro che accompagna i segnali di fumo in cielo e intercede tra gli uomini e Moanitou. Vediamo il pow-wow per eco-turisti, valida combinazione tra tradizione e bisogno di fondi atti a migliorare i servizi della comunità. Arcaiche credenze e usanze sono comunque ancora parte integrante di canti e danze, mentre dall’accostamento di colori, addobbi e piumaggi emerge una profonda cultura del bello. Al Maggie’s Cafe ci consigliano la zuppa delle “three sisters”, composta di zucca, mais e fagioli in riso selvatico, alimenti storici della cucina indigena, considerati un dono divino. Il menu elenca pure la grigliata di cervo, lo stufato d’alce e il pesce di lago fresco o affumicato, insaporito con sciroppo d’acero. Alla parete il ritratto color seppia di un vecchio saggio a tutela dei dieci comandamenti indiani, basati sulle qualità dell’uomo e sulla dedizione alla terra, sacra dimora del Grande Spirito. E’ toccante vedere in quanti si prodigano per noi, come la cameriera Bonnie o Lillian del museo di fronte, che corrono a casa per procurarci riviste e materiale tribale, in cui scopriamo che per gli indiani un anno ha 13 lune e per le donne 13 cicli mestruali. La stessa Lillian gestisce un ottimo RV Park per camper sulla spiaggia, nella pineta alle spalle del Paul’s Corner Store & Esso. Nella parte occidentale di Manitoulin, isola traforata da 150 laghi, raggiungiamo la scultura dell’aquila a Sheshegwaning (“terra del serpente a sonagli”), luogo di partenza del Nimkee’s Trail (20 km di natura, orsi e cervi), poi un remoto sentiero tra la boscaglia ci conduce alla riserva gemella di Zhiibaahaasing, dove sono stati eretti il calumet della pace e la rete cattura-spiriti più grandi al mondo a rassicurare i sonni dei 200 Anishnaabe.

Il cerchio si chiude
La via del ritorno è ugualmente segnata da soste importanti, dopo due ore sul Chi-Cheemaun (“grande canoa”), ultimo ferry stagionale che collega Manitoulin alla penisola di Bruce, entriamo nella straordinaria tenuta indiana di Cha Mao Zah (“tanto, tanto tempo fa”), gestita da Sid e Brenda figli di Wilmer Nadjiwon, noto capo della tribù Chippewa. Volendo si può dormire in ti-pi. Per una nuotata, tenete presente che la costa orientale della penisola, bagnata dalla Georgian Bay, scende subito in una fossa di 100 metri, mentre sul lato del lago Huron si può camminare per chilometri grazie a fondali bassi. Segue la riserva di Christian Island e il sito storico di Sainte-Marie tra gli Huroni a Midland, città anonima abbellita da grandi e stupendi murales con soggetti d’epoca. E prima di chiudere il cerchio a Chicago, ci sistemiamo nel piazzale panoramico del duty-free, all’ingresso del Rainbow Bridge, sul tonfo assordante delle cascate del Niagara: più basse delle Victoria, meno estese di Iguazu.

Da non perdere:
Manitoulin Island
L’attività turistica principale di Manitoulin è la navigazione da diporto, tra le 20.000 isole del North Channel, e la pesca, essendo le acque del lago ricche di salmoni, lucci nordici, trote e pesci persico, ma anche la caccia, il trekking su sentieri ben marcati e soprattutto la visita alle riserve indiane, col suo fulcro nel magico folclore del pow-wow, ovvero “leader spirituale” in riferimento agli uomini-medicina.

-Il pow-wow dei giorni nostri è diventato un raduno tribale che consente a tutti i presenti di danzare, cantare, socializzare, in onore della cultura aborigena. I più grandi pow-wow hanno luogo in piena estate, in particolare quello di Wiky nella prima settimana di agosto richiama partecipanti e spettatori da tutto il continente in una superba competizione tra comunità che va ben oltre il fatto turistico. Alcune canzoni e danze recitano l’imitazione di animali e di fenomeni naturali, altre sono censurate in pubblico a causa del loro significato religioso, ma le più esaltanti sono certamente quelle legate ai momenti di guerra. Comunità e clan affiliati si distinguono per il repertorio e gli ornamenti: lo Spirito del Potere è ritenuto sacro nella combinazione di certi colori, disegni e numeri. La festosa adunata può durare da uno a tre giorni con sessioni di 5-6 ore al giorno. Fuori stagione rimane lo show dell’Ojibwe Cultural Foundation a M’Chigeeng che ha luogo nei fine settimana. Non sono ammessi i cani per motivi scaramantici.

-La perlustrazione in camper della riserva indiana di Wikwemikong, una vasta penisola rimasta intatta grazie al viscerale amore degli indiani per la natura. Superato l’istmo della baia di Manitowaning un’elegante scritta dà il benvenuto alla “riserva mai ceduta”. Alle spalle l’allegra distesa di fantocci, grandi paraboliche dipinte e composizioni bizzarre, che includono anche un wc. Dal confine al capoluogo Wiky sono 13 km di strada asfaltata e in ottime condizioni, dove è però opportuno procedere lentamente. La serpentina, detta “two o’clock”, conduce all’arena ricreativa di Zaawiknaang, abbellita da totem, bandiere e tende ti-pi, prima di entrare a Wiky. La strada passa tra due chiese, centro storico del villaggio: sulla sinistra il campanile a punta dell’Holy Cross Mission (1851), eretta nel luogo in cui Padre Poncet iniziò a predicare il vangelo nel lontano 1648, mentre l’edificio in rovina appresso, bruciato nel 1954, ospita le esibizioni dei de-ba-jeh-mu-jig (“cantastorie”). Di fronte la Jennesseaux Hall (1860) dei missionari gesuiti francesi. Proseguendo si sale verso Potrie Point, paradiso di botanici e naturalisti, e al ritorno non dimenticate di visitare la Little Italy di Wiky, nel complesso dell’Andy’s Store: la spartana pizzeria di Piero con accanto la farmacia dei coniugi eritrei laureatisi a Bologna, giusto per fare due chiacchiere e gustare un succoso piatto di polpette e spaghetti cotti a regola d’arte. La strada dietro la posta permette poi di completare il giro passando per le fattorie di Kaboni e la South Bay fino alla sorgente, di fronte alla chiesa delle Grazie, per un totale di circa 80 km.

-Il tratto più noto del The Great Spirit Circle Trail è rappresentato dal Nimkee’s Trail, il sentiero che in 20 km collega le due riserve confinanti di Sheshegwaning e Zhiibaahaasing. Il percorso, supportato da passerelle nei tratti paludosi, segue la costa del North Channel ed è fattibile in 5-6 ore di facile cammino. La prima tappa d’obbligo è il dirupo panoramico col totem dell’aquila, luogo sacro capace di fondere la voce dell’uomo a quella della natura, mentre nella folta foresta d’acero a metà via s’incontra il rustico Nishin o “casa della caccia”, un eco-lodge che funge da base per gli avvistamenti di orsi e cervi, abbondanti nella zona.
Per informazioni: www.circletrail.com

Notizie utili:
L’accesso a Manitoulin può avvenire da nord col ponte girevole o da sud col traghetto, che collega Tobermory (Bruce Peninsula) a South Baymouth, nella parte meridionale dell’isola.
Ente Nazionale del Turismo Canadese
Tel:+ 39 02 205724
Manitoulin Tourism Association
Little Current
Tel: 705 3683021
mta@manitoulin.net
www.manitoulintourism.com

Dati del viaggio:
Durata giorni: 17
Giorni in camper: 13
Km percorsi: 3380 (2091 miglia)
Stati: Illinois, Wisconsin, Michigan, Ontario (Canada), New York, Pennsylvania, Indiana
Grandi Laghi: Michigan, Superior, Huron, Ontario, Erie.
Mezzo di trasporto: Four Winds C25 del 2007, su Ford E 3500 (7m/5 posti)
Costi:
Noleggio camper, euro 1183: (91 euro al giorno) compreso assicurazione, tasse e 1500 miglia
Extra miglia 66: 596 miglia a 0.11 euro al miglio
Benzina: euro 477, 1 gallone equivale a litri 4,50 e costa circa euro 2,70
Traghetto lago Huron: euro 74
Autostrade: euro 20