La caldera di un vulcano spento normalmente evoca desolazione, mentre in questo caso pullula di popolazione animale in una tale varietà da richiamare alla mente l’arca di Noè.

Il cratere di Ngorongoro in Tanzania è sicuramente una delle ambientazioni che riesce a elevarsi come suggestione nel già enormemente variegato panorama africano. La sua origine si perde fino a due milioni di anni fa, quando manteneva la forma di vulcano pienamente efficiente, popolato solo da fiumi di lava. In seguito, l’era glaciale gli regalò nella caldera ormai spenta un lago originariamente profondo 25 metri, e ora ridotto a poco più di un metro e mezzo che giace proprio nel mezzo di questo enorme cratere del diametro di 17 km.

La natura stessa ha lavorato per formare un grandissimo recinto naturale con ripide pareti alte 700 metri, in cui trovano rifugio decine di migliaia di specie di grandi mammiferi, rettili e volatili che vivono isolati dal resto della Rift Valley (sistema di depressioni tettoniche che si estende dalla Siria al Mozambico), pur facendone parte a pieno titolo. Nonostante il parco nazionale di Serengeti-Ngorongoro occupi l’enorme superficie di 30.000 kmq (con il parco creato nel 1940 e l’area specifica di protezione del cratere nel 1974) all’interno di Ngorongoro l’impressione è di trovarsi in un immenso zoo safari naturale. La percezione non lontana dalla realtà ha trovato riscontro anche nelle parole del naturalista tedesco Bernhard Grzimek che, sorvolandolo insieme al figlio sul loro Piper zebrato, ha definito il cratere come una sorta di immenso giardino zoologico da dove gli animali non potevano fuggire.

Ngorongoro ha da sempre incuriosito pletore di studiosi e naturalisti: George Schaller proprio qui intraprese lo studio sul rapporto tra i suoi prediletti leoni e le loro prede, e anche la naturalista Jane Goodall a metà anni ’70 si trovò a frequentare questo luogo magico, complice la sua vicinanza affettiva al direttore dei parchi della Tanzania. In questo vasto territorio il biologo olandese Hans Kruuk cercò conferma delle sue teorie riguardo la “predazione in eccesso” (strategia secondo cui un predatore abbatte prede in numero superiore alle necessità alimentari del momento, per garantirsi maggiori risorse di sopravvivenza), propria di iene, leoni, leopardi e altri mammiferi che trovano rifugio nel cratere. E proprio perché impossibilitati nel libero movimento questa zona non è mai stata oggetto delle grandi migrazioni per cui è famosa tutta l’area del Serengeti, che coinvolgono soprattutto gnu e zebre presenti ovunque in questa vallata.

Gli gnu, antilopi dai strani lineamenti, vivono in mandrie popolose come strategia di difesa dai predatori che rimangono disorientati dal branco enorme, e condividono lo spazio usualmente con le zebre essendo i primi golosi di erba bassa, mentre le seconde di quella più alta, aiutandosi reciprocamente a ottimizzare le risorse di una zona. Ma non mancano neppure impala, elefanti, bufali, e un imprecisato numero di specie di uccelli, artropodi o rettili: che si decida di esplorarlo per studio o per diletto il cratere di Ngorongoro rimane una culla strabordante di vita selvaggia a disposizione della curiosità di naturalisti e turisti.