Forse nella vicenda c’entrano anche gli usignoli. Il paesaggista tedesco Xavier Kurten, incaricato nella prima metà dell’Ottocento da Carlo Beraudo di Pralormo di progettare un parco romantico all’inglese intorno al castello di famiglia in Piemonte, che nel Medioevo era stato fortezza, pose le panchine sotto le fronde giuste. Chi si siede, sente gli usignoli cantare e trae ispirazione. Li avrà ascoltati Consolata Beraudo di Pralormo che, accompagnata da tanta soavità, non fa che spargere bellezza.

Di idea in idea, romantica sì, ma pure spiritosa, custode di tradizioni secolari (a lei si deve la perpetuazione del ricamo di tappezzeria bandera che rischiava di andare smarrito per sempre) e formatrice di coscienze, Consolata, che prende il proprio nome da uno dei luoghi di culto più antichi di Torino e ci consola con le sue invenzioni, passeggia con energia nei viali della vita e li vuole in fiore. Ridondanti di peonie, profumati di lillà e di glicine, indecifrabili di orchidee, evanescenti di ciliegio giapponese e, soprattutto, straripanti di tulipani.

Vent’anni fa, simile a una fiamminga del ‘600, fu presa dalla tulip mania, ma non causò bolle speculative come nell’Olanda di allora che era pazza di quel fiore elegante e sensuale, appena arrivato dall’Asia centrale, grazie a Ogier Ghislain de Busbecq, ambasciatore di Re Ferdinando I alla corte di Solimano il Magnifico, che veniva pagato a peso d’oro e immortalato in innumerevoli dipinti.

Consolata, laureata in Storia dell’Arte, divenne tulipano-dipendente durante un viaggio nel 1999 e decise che avrebbe creato la sua versione di quelle distese a colori contrastanti che prosperavano sui campi sabbiosi dei Paesi Bassi. Tenendo conto, cioè, che aveva a che fare con l’Italia, con un parco romantico all’inglese e un castello alle spalle che si specchia nel laghetto progettato da Kurten per l’autonomia idrica.

Al principio ci fu scetticismo da parte olandese, ma la sfida le dette ulteriore spinta e sul pesante terreno argilloso sabaudo sistemò dei cuscinetti di terra, torba e sabbia che possono essere adagiati senza danno sui prati. Non mancò poi di esaltare il prodotto perfetto che le era stato fornito, quando gli scettici dovettero ammettere che il risultato era glorioso.

“A chi mi chiede perché abbia scelto proprio i tulipani – spiega - rispondo che, come spesso accade nella vita, si sono sovrapposte esperienze, incontri e casualità: da tempo avevo in mente di organizzare una manifestazione botanica, nel corso degli anni avevo raccolto materiali e idee, avevo visto tantissime mostre in Italia e all’estero, avevo, insomma, mille spunti, ma non riuscivo a visualizzare la ‘mia’ manifestazione. Poi, un’estate, un viaggio in Olanda ha fatto ‘scoccare’ la scintilla. I tulipani hanno una storia affascinante e quindi possono essere ospiti in un castello ricco a sua volta di storia e di fascino. Hanno infinite varietà di forme e colori e mi permettono interventi davvero creativi nella progettazione che asseconda sempre l’impostazione di Kurten: aiuole sinuose che seguono i sentieri serpeggiando fra gli alberi, accostamenti di tonalità delicate mentre il sottobosco si trasforma in un’ininterrotta fioritura”.

Con Antonio Molino, disegnatore figlio d’arte, Consolata ha creato Messer Tulipano, un gentiluomo olandese, giardiniere provetto, che simboleggia la manifestazione e ogni anno riporta la primavera a Pralormo. Per i suoi vent’anni, che ricorrono adesso, Messer Tulipano ha piantato centomila tulipani, fra precoci, medi e tardivi che fioriscono sfrenatamente dai primi di aprile ai primi di maggio. Sessantamila visitatori in quattro settimane hanno trasformato Messer Tulipano, l’amico immaginario di Consolata Pralormo, in un evento internazionale. Tra le varietà selezionate per le celebrazioni: Mata Hari, bianco screziato di rosa e alto quasi settanta centimetri; Pink Impression, molto alto con un calice rosa all’esterno e rosso all’interno; Queen of Night, il tulipano nero protagonista anche di romanzi e racconti; Pappagallo, dai petali movimentati; Shirley, uno dei preferiti di Consolata, che cambia colore tre volte; il Famiglietta che fiorisce a mazzetti, i Viridiflora caratterizzati da petali in tinta unita rosa, rosso o bianco con una fiammatura verde, come se le foglie proseguissero nei petali. Un tripudio indescrivibile.

Che cosa si prova a creare tanta bellezza, lavorando dodici mesi su dodici, e a porgerla agli altri? Un appagamento eccezionale. Consolata cita un messaggio che l’ha particolarmente commossa: “Vengo qui da vent’anni, ogni anno, perché ci dona nuove occasioni di stupita meraviglia”.

Non si meraviglierà più delle trovate di sua moglie, e forse al tempo stesso sì, Filippo Beraudo di Pralormo, egli stesso impegnatissimo nella valorizzazione del castello, che si esalta alle proposte di Consolata anche se si ipotizza gli procurino un brivido momentaneo di terrore finanziario. Fra un tulipano e l’altro, fra una violetta a lei dedicata che sembra di velluto, proprio di velluto, non per modo di dire trito-poetico, e un pensiero alla quercia che era la guardiana del castello ed è stata semi abbattuta dal maltempo, Consolata racconta, frizzante, di quando nel 1996, per i cinquant’anni chiese in regalo al marito il restauro della splendida serra di manifattura francese. “Preferirei farti un assegno in bianco da Cartier” le rispose, accontentandola. Adesso la serra custodisce la collezione di orchidee della castellana e le piante carnivore. Per il compleanno dei settanta ha voluto un vialetto di ciliegi giapponesi: Filippo ha piantato trentasei alberelli. Mentre, rimanendo in tema di doni di anniversari, in occasione delle nozze d’oro gli sposi Pralormo hanno ricevuto dal figlio un orologio senza lancette a simboleggiare che per loro il tempo si è fermato.

“Mi dicono che questo parco rigenera” dice Consolata che ci guida anche nell’Orangerie, pertinenza del castello, dove ha allestito la mostra Il tesoro verde. I viaggi dei cacciatori di piante che narra le imprese degli esploratori ai quali dobbiamo le magnifiche specie ora verdeggianti nei giardini. Ci guida nel castello dove ha imbandito tavoli, con servizi di piatti e bicchieri da lei abbinati con fantasia e dove ha ricreato le cucine e gli altri ambienti utilizzando l’immenso patrimonio di oggetti degli antenati.

Gironzolando con Consolata si ha l’impressione che senta una gioia immensa nel condividere la storia del suo casato ed è come se riuscisse a dare a ciascun visitatore il senso di appartenenza al castello e ai petali di tulipano. Quasi il privilegio fosse la cultura e non il possesso delle testimonianze della cultura.

Sullo sfondo ci sono le galline. Non sono ineffabili come gli usignoli, in compenso fanno le uova.