In alto quatro nuvoli, de soto un fià de mar,
xe ’l quadro più magnifico che mai se pol sognar.

(Canzone triestina)

Trieste è una Gran Dama di un altro secolo.

Abituata a fare da protagonista come unico porto dell’Impero Austro-Ungarico, si è improvvisamente ritrovata relegata a un ruolo talmente secondario da essere pressoché irrilevante, una piccola città ai confini d’Italia. La sua identità multiculturale e internazionale è andata in crisi assumendo connotazioni sempre più provinciali e iniziando un devastante processo di invecchiamento.

Sconosciuta alla maggior parte degli italiani che la collocavano chi in Jugoslavia chi nei dintorni di Trento, si è sicuramente risentita e, gravemente offesa, si è ripiegata su se stessa. Ma negli ultimi anni, corteggiatissima dalle riviste di viaggio di vari paesi europei, gettonatissima come set per le riprese cinematografiche di qualità che ha variato dal pessimo al sublime, Trieste si è incipriata il naso, ha rinfrescato il rossetto, drizzato il capo e con passo sempre più deciso ha iniziato a percorrere a ritroso il viale del tramonto.

La fama del fascino di questa Vecchia Dama che ha improvvisamente e miracolosamente ritrovato la bellezza della propria gioventù, è volata di bocca in bocca, i turisti hanno iniziato ad arrivare, e a frotte. I numeri delle presenze dei visitatori aumentano di anno in anno, un po’ come accaduto con la Coppa d’Autunno, una regata insignificante iniziata nel 1969 con la partecipazione di 51 barche che improvvisamente si è ritrovata ad essere la regata più affollata del mondo, e il fascino di questa bellissima città rischierà di venire offuscato dalla presenza ingestibile del turismo di massa.

L’aumento del turismo ha già sensibilmente interferito con la qualità del cibo e con il rapporto qualità-prezzo di una buona fetta di ristoranti, quindi se volete evitare di finire a mangiare un fritto di calamari congelati in un posto tristemente scontato, venite con me.

È un tardo pomeriggio estivo, e siccome avete sgambettato tutto il giorno a vedere le varie Trieste (quella di Maria Teresa d’Austria, quella liberty, quella romana, quella neoclassica…) iniziamo con una nuotata rinfrescante.

Dal centro città, andate a alla Stazione Marittima e prendete la motonave, il Delfino Verde, in direzione Barcola-Grignano-Sistiana, dopo quindici minuti scendete alla prima fermata e costeggiando il mare verso Miramare raggiungerete in un paio di minuti il nostro punto di ritrovo: la Fontana Luminosa, nella pineta di Barcola. La fontana non ha nulla di bello, è una vasca rotonda tipicamente anni Sessanta, la cui pressoché unica virtù consiste nel fatto che è facile da trovare.

Ma se volete vedere la fontana più brutta d’Europa, ce l’abbiamo, è a Piazza Ponterosso. Uno spasso.

Siamo sul lungomare di Trieste, la strada che probabilmente avete percorso arrivando in macchina dall’autostrada, da cui i “foresti” esterrefatti si trovano improvvisamente a guidare fiancheggiati da una folla in costume da bagno scoprendo che la leggendaria bellezza delle “mule” (ragazze) Triestine non è affatto una leggenda e che a Trieste apparentemente non lavora nessuno: sono tutti al mare.

Dalla fontana proseguiamo per qualche metro in direzione Miramare e ci concediamo un bel tuffo rinfrescante e liberatorio, usciamo dal mare bagnati fradici con l’acqua che ci cola negli occhi e ordiniamo uno spritz al Baracchino di Barcola. Il Baracchino è un bar vicino al mare, con arredi intelligenti e nessuna sedia di plastica, un tocco hippie e una offerta musicale di qualità straordinaria che spazia dal jazz alla world music. Lo spritz è vino e acqua frizzante in parti più o meno uguali, originariamente senza ghiaccio e senza limone: ereditato dagli austriaci, qui si beve da sempre mentre nel resto d’Italia si è diffuso recentemente grazie all’aggiunta dell’Aperol, la cui casa produttrice ne ha reclamizzato questa versione con un bruttissimo spot pubblicitario del 2010.

Il sole scende lentamente in direzione orizzonte, la luce si fa sempre più dorata (la luce a Trieste è fenomenale) e seduti o sdraiati per terra su una delle stuoie distribuite molto gentilmente e gratuitamente dal Baracchino, guardiamo la città cambiare colore, passare alcune sfumature di rosa per arrivare a un momento in cui c’è un bagliore di fuoco che fa illuminare i vetri delle finestre, poco prima che si accendano i lampioni.

Sì, Trieste è bellissima, e state già pensando di trasferirvici, perché al Baracchino sanno come si fa uno spritz e una colonna sonora, perché anche le mule sono bellissime, perché qua nessuno lavora e perché siete al quarto giro, che a stomaco vuoto porta a fare questo tipo di riflessioni.

Attraversiamo la pineta e prendiamo la strada che ritorna verso il centro della città, il Viale Miramare: arrivati al numero 30 c’è una apertura nel muro che costeggia la ferrovia, entrando si attraversano le rotaie di una linea dismessa e ci si trova davanti all’ingresso del Bagno Ferroviario. Che, anche se in pochi lo sanno, ha un ristorante aperto al pubblico, ed è uno dei pochissimi posti dove si può mangiare sul mare. A questo punto accomodiamoci, ordiniamo un prosecco, leggiamo il menu, e godiamoci il tramonto.

Ricordatevi che il tramonto è infinitamente più importante del menu, non perdetevene neppure un secondo perché ogni secondo di ogni tramonto è un momento di bellezza unico e irripetibile che si imprime nella vostra anima. E ricordatevi anche di ordinare pesce fresco e pescato, qui la scelta giusta è sempre il prodotto locale, pesce povero come cozze, sardoni e sgombri che poche ore prima nuotavano nel golfo che state guardando tingersi di arancione.

Non occorre molto per essere felici, in una serata d’estate a Trieste.

Baracchino di Barcola (da Davide e Sergio), Lungomare Benedetto Croce, Trieste
Ristorante Al Ferroviario, Viale Miramare, 30, Trieste