La Mauritania essendo un paese africano, rispecchia in pieno tutto quello che da una nazione di quel continente ci si aspetta, quindi meraviglie naturalistiche ineguagliabili, paesaggi mozzafiato, che spaziano da un litorale meraviglioso, al deserto con le sue dune infinite, alla flora e la fauna di inestimabile valore, e contraddizioni sociali ed economiche conseguenza di altrettante conflittualità storiche e post coloniali.

Nouadhibou, originariamente chiamato Port-Étienne dai mercanti francesi che vi si stabilirono a ridosso della Prima guerra mondiale, è la seconda città più grande della Mauritania con quasi 100.000 abitanti e funge da importante centro commerciale. Si trova su una penisola di 65 chilometri o promontorio chiamato Ras Nouadhibou, Cap Blanc o Cabo Blanco, di cui il lato occidentale, con la città di La Güera, fa parte del Sahara occidentale. La Mauritania ottenne l'indipendenza dalla Francia nel 1960 e la città portuale fu ribattezzata con il nome attuale.

A causa del degrado economico associato alla mancanza di posti di lavoro e di reddito per la popolazione, il governo permise ad un gran numero di aziende di utilizzare le acque intorno alla penisola come ultima fermata per le navi. Le navi furono portate da tutto il mondo per essere lasciate nelle acque poco profonde con un boom particolare durante gli anni '80. Dopo quasi tre decenni di questa pratica, la costa di Nouadhibou è un paesaggio unico di oltre 300 navi in decomposizione ed è diventato famoso per essere uno dei più grandi cimiteri di navi abbandonate al mondo.

Un altro motivo di presenza di navi in decomposizione è che i mauritani avrebbero acquistato navi più vecchie da spedizionieri internazionali, sperando di gestire la propria attività di navigazione e competere. Ma le navi più vecchie non erano economicamente competitive. I costi di manutenzione e le riparazioni erano troppo elevati per essere sostenuti e quando fallirono queste aziende locali, le navi furono abbandonate, aumentando il numero complessivo.

Tuttavia, per gli abitanti del posto, il cimitero è una grande fonte di reddito e le compagnie locali pagano per recuperare qualsiasi cosa di valore dalle navi. Uno dei due principali vantaggi del cimitero navale è l'estrazione del ferro delle navi. Il secondo vantaggio è che le "baie" artificiali e i luoghi circondati da scafi in decomposizione forniscono spazio per la generazione di vari tipi di pesci.

Sebbene le navi abbandonate siano una fonte di occupazione, era previsto che le compagnie di soccorso marittimo iniziassero a ripulire le acque intorno alla città, infatti i metalli pesanti scartati con noncuranza, i residui di vari pezzi inquinati dai prodotti petroliferi e i rifiuti di qualsiasi tipo sono un problema quotidiano per le persone che lavorano in queste aree e mentre ci sono state numerose proposte per aiutare la Mauritania a ripulire le navi, nessuna è stata pienamente realizzata.

Il più grande dei residenti arrugginiti di Nouadhibou è lo United Malika, una nave di circa 120 metri che ha lanciato un messaggio dicendo letteralmente "fottetevi ragazzi e consegnate i vostri pesci, ho finito" prima di arenarsi nello stile di una balena nel 2003. Il suo equipaggio di 17 uomini è stato salvato dalla marina mauritana, insieme alla loro nave da pesca, ma la nave gigante stessa purtroppo non era trainabile e quindi è rimasta in loco a marcire per gli anni a venire.

La United Malika è un relitto affascinante, più volte fotografato, molto visitato, molte persone, turisti occidentali soprattutto visitano il sito e passano sotto la grande nave che si mantiene perfettamente dritta nella sabbia, con l'ancora ancora tesa per impedirne il ribaltamento. Un immenso pezzo di metallo arrugginito che sembrava essere in ottima forma, a parte la vernice scheggiata. Visto dal basso della sabbia, sembra ancora più maestoso e misterioso, soprattutto all’imbrunire o quando imperversa qualche temporale ed il mare ruggisce in lontananza.

Il mare, sappiamo è in continuo movimento, e con esso la costa, specialmente dove vi sono presenze non del tutto ‘naturali’, per questo motivo alcune delle imbarcazioni sono imprigionate nella sabbia lontane anche qualche centinaio di metri dall’acqua, altre invece sembrano ancora in funzione e galleggianti lontane in egual misura dal punto in cui le onde si infrangono sul bagnasciuga, uno gioco di andirivieni, di lontananza e di vicinanza da diversi punti di osservazione, per questo l’area a seconda di come l’osservatore la interpreta assume un significato del tutto soggettivo.

Le opinioni in merito sono variegate, si potrebbe considerare il sito come una enorme opera d’arte a cielo aperto, con occhio profondamente artistico ed altrettanto superficiale dal punto di vista ecologico, oppure come uno scempio avverso Madre Natura, una orribile testimonianza del più materialista e meschino lato oscuro dell’umana razza, che per risparmiare e trarne profitto non disdegna tali nefandezze perpetrate su larga scala. Sicuramente ci troviamo di fronte a qualcosa di spettacolare in qualsiasi modo lo si voglia considerare, e soprattutto una azione sulla quale meditare e per la quale il cambiamento in meglio o peggio non è facile da perseguire se non a lungo termine.