Chi non viaggia non conosce il valore degli uomini.

(Proverbio arabo)

Uscire da un aeroporto di notte in un Paese sconosciuto è notoriamente una mossa perdente: con i mezzi di trasporto in pausa fino all’alba, i tassisti hanno il coltello dalla parte del manico e sono pronti ad affondarlo senza pietà nel vostro portafoglio.

Quindi atterrando ad Amman poco dopo mezzanotte, ero pronta ad affrontare una contrattazione feroce con i tassisti locali e mi sono trovata invece a dovermi misurare con il primo dei tanti shock che questo paese mi ha procurato. Ad Amman i tassisti ti circondano premurosamente e fanno di tutto per capire di che cosa hai bisogno, non ti trattano come se fossi il solito pollo da spennare ma piuttosto come una parente in visita, qualche cara zia venuta da lontano. Ti procurano il foglietto della corsa prepagata, ti portano la valigia, e ti avviluppano in una cosa strana, una roba che sa di affetto.

Non c’è modo di arrivare in Giordania preparati, ti trovi ad affrontare questo meraviglioso Paese da una posizione assolutamente svantaggiata: non siamo equipaggiati culturalmente per fronteggiare la generosità di gente che sembra avere risorse illimitate di gentilezza ed affabilità e noi, che invece emotivamente siamo dei poveracci, non sappiamo come contraccambiare.

Abituata come sono a dovermi difendere e sospettare di chiunque, oramai ho la guardia ben alta anche quando faccio la doccia, e poiché la disponibilità degli abitanti di questo piccolo stato è assolutamente disarmante, mi sono trovata spogliata dalla mia abituale armatura ed esposta ad un flusso di emozioni difficili da identificare e da gestire: confesso senza vergogna che più di una volta mi sono commossa talmente che non sono riuscita ad fare di meglio che mettermi a piangere.

La Giordania non è possibile visitarla: ti tocca proprio amarla.

È un paese molto piccolo, poco più grande dell’Austria, ha solo 10 milioni di abitanti di cui il 70% è palestinese.

Nel primo esodo del 1947/1948 sono stato principalmente i componenti delle classi medie e superiori ad arrivare: molte delle bellissime ville in pietra costruite ad Amman in quel periodo erano le loro.

Nel 1967 con l’occupazione israeliana della Cisgiordania si è aperto un secondo esodo con altre centinaia di migliaia di profughi in fuga: questo piccolo paese forte di una grande tradizione di generosità profondamente radicata, ha concesso ai palestinesi non solo l’ingesso ma anche la cittadinanza.

Con il conflitto in Iraq e oggi nella vicina Siria, il Paese ha dovuto nuovamente aprire le sue porte alle persone in fuga ed oggi ha la seconda più alta percentuale al mondo di rifugiati rispetto alla sua popolazione: ogni 10 Giordani c’è un rifugiato.

Questo piccolo territorio ospita profughi di 57 diverse nazionalità ed ha molto da insegnare al mondo quando si vuole dare un senso alle parole fratellanza ed accoglienza.

Anche l’attuale regina, Rānia, è palestinese. Ha una laurea honoris causa in Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione conferitale dall’università La Sapienza di Roma “In virtù dello straordinario contributo alla cooperazione internazionale come strumento per lo sviluppo dei popoli, per l'incessante attività a favore della pace e del dialogo fra le culture, dei diritti dei bambini e delle donne, senza distinzione di nazionalità e credo religioso”.

Il paese ha una bellezza selvaggia e saggia, c’è il deserto di Laurence D’Arabia e steppe desolate e infuocate, ci sono catene montuose e tra le loro pieghe una delle sette meraviglie, Petra. C’è il punto più basso della terra con un mare talmente salato che non ci puoi né nuotare né affogare ma solo galleggiare. Ci sono strade che attraversano il Paese da Nord a Sud costruite sulle rotte di antiche carovane che hanno nomi affascinanti, La strada dei Re, l’Autostrada del Deserto, su cui si può viaggiare per chilometri nel mezzo del nulla, senza incontrare nessun altro mezzo fino ad arrivare al mare, questa volta non quello Morto ma quello Rosso. Ci sono strade che sono una specie di Route 66 con aggiunta di cammelli.

Il mio consiglio è di non partire immediatamente per esplorare il Paese, trattenete la frenesia di arrivare a Petra e fermatevi a conoscere la sua capitale.

Istruita ed accogliente, Amman profuma di caffè e cardamomo. Non è propriamente bella, ma ha carattere da vendere ed un cuore gentile. Originariamente la città occupava la zona pianeggiante che oggi viene chiamata Downtown e poi ha iniziato ad espandersi sui colli, dapprima sette ed ora diciannove, è una città che è un giro sulle montagne russe, un continuo inerpicarsi e ridiscendere che ti toglie il fiato.

Girovagate a Downtown, passeggiate senza preoccuparvi troppo di dove andate, lasciandovi guidare da colori e odori, avventuratevi nel Souk tra i banchi di frutta e verdura o tra quelli dei sarti, e quando sarete stanchi e vorrete fare una pausa, andate al numero 12 di King Faisal Street.

Un portone si apre su una scala piuttosto ripida, che vi porta in uno dei luoghi veramente magici della città: il Diwan del Duca (Duke of Mukheiheh’s Diwan) L’edificio è uno dei più vecchi di questa giovanissima capitale: costruito nel 1924 e sede dell’ufficio postale, dal 1948 per cinquant’anni è stato un albergo di sole 5 stanze, l’Haifa hotel, fino a quando è stato salvato da un declino che sembrava inesorabile da Mamdouh Bisharat, The Duke, che lo ha affittato.

Filantropo e appassionato d’arte, il Duca ha deciso di preservare almeno un angolo della vecchia Amman, “offrendolo sia ai Giordani che ai forestieri, e creando un’atmosfera di amicizia, cooperazione, rispetto e incoraggiamento tra le persone.”

È straordinaria questa oasi degli anni ‘20 nel bel mezzo del secolo successivo, vi raccomando di fermarvi per almeno un’ora per poterne assorbire l’atmosfera. Vi offriranno un caffè: accettatelo, accomodatevi su una poltrona e sorseggiate come se foste i padroni di casa di questo non luogo pieno di poesia.

A pochi metri di distanza c’è un altro Santuario cittadino: l’Hashem Restaurant. L’Hashem serve esclusivamente hummus, falafel e fuul di una bontà tale da farvi dimenticare che esista altro cibo al mondo. Solitamente quando un mito locale viene svelato ai turisti perde molto del suo fascino, la qualità del cibo si abbassa al contrario dei prezzi che invece iniziano a lievitare. Ma non qui, qui siamo ad Amman e l’accoglienza è il battito cardiaco di questa città: l’atmosfera da Hashem è incorrotta.

Dopo aver gironzolato per il Souk, esservi riposati sedendo sui gradini del magnifico teatro romano, aver comprato qualche pezzo di sapone di Aleppo e fatto provvista di spezie, si può proseguire alla scoperta dell’Amman dell’Arte.

Fate un giro nel quartiere attorno a Paris Circle, è una zona tranquilla e residenziale con meravigliosi caffè e piccoli ristoranti, da lì scendete lungo una delle lunghissime scalinate che fendono le colline andando verso il centro attraverso il quartiere di Jabal Al Waidebh, centro pulsante dell’arte contemporanea del paese. È un intero mondo di gallerie e circoli artistici, potete aggirarvi per ore nelle stradine passando da una mostra all’altra.

Imperdibile? Darat al Funun, sei magnifiche case tradizionali degli anni ‘20-‘30 che ospitano sale espositive, una residenza per gli artisti, una libreria, la sede della Khalid Shoman Foundation, circondate da un giardino che include un sito archeologico.

Se volete scoprire il lato bohémien della città, dirigetevi senza indugio all’House of Dreaming, opera d’arte in sé e centro non commerciale che promuove ogni espressione dell’umana creatività.

Ogni attività proposta dal centro, dai corsi di disegno a quelli di yoga, sono finanziati da libere donazioni degli allievi ma come puntualizzano amabilmente gli organizzatori “nessuno sarà escluso per mancanza di fondi”.

Un altro posto assolutamente da non perdere è il Jadal for Knowledge and Culture, centro socio/culturale-caffè-ristorante, melting pot di artisti, espatriati, intellettuali e persone curiose. Tra pranzi comunitari, conferenze, corsi, musica dal vivo e dibattiti Jadal possiede una vitalità straordinaria e un’offerta straordinariamente varia di corsi che spaziano dai seminari di comunicazione non violenta a quelli sul pensiero critico, dalla danza e la cucina Levantina al macramè. Il giardino interno ha una dolcezza tutta araba, ed è molto facile sentirsi a casa.

Per concludere questo nostro giretto ad Amman, andiamo a cena e per una volta ci concediamo un po’ di lusso: vi porto da Shams El Balad. Andare da Shams non è andare al ristorante, è entrare dall’altra parte dello specchio, spendere due ore in un universo parallelo, è trasferirsi in una dimensione magica, in un paradiso per tutti i sensi.

Ospitato in un’antica villa, lo spazio è magnifico, ricco, arioso, e il cibo è sublime. Le materie prime sono di livello altissimo, i fornitori sono piccoli produttori locali che coltivano con metodi biodinamici; dalla tostatura del sesamo alla qualità dell’olio d’oliva alla freschezza del coriandolo qui tutto viene curato con amore e passione. Il posto dichiara di ambire a coniugare la tradizione con una identità contemporanea: beh, ci riescono perfettamente.

Perdetevi nel Mezze, antipasti caldi e freddi, è una festa di colori profumi e sapori, intingete il pane nelle ciotole, buttate le posate e portate il cibo alla bocca con le mani: sentite come se ne coglie meglio il profumo? Abbandonatevi al rituale del Mezze, fate girare le ciotole, assaggiate tutto.

Il cibo descrive così bene il cuore di un popolo: questo è un pasto da cui è stato escluso il concetto di “mio” a favore di quello di “nostro”.

Benvenuti in Giordania, paese della condivisione.