Sono stata presente alla prima edizione del San Patrizio Livorno Festival che si tiene nella città labronica ormai da due anni, in concomitanza con il genetliaco del Santo patrono dell’Irlanda, perché si dice che vi abbia soggiornato.

La partecipazione al Festival e le letture, come il Diario d’Irlanda di Heinrich Böhl e Irlanda Gentile di Edward Enfield, mi hanno sedotto e ho deciso di approfittare di uno dei Biciviaggi Fiab e di andare in Irlanda.

La scelta della bicicletta è stata vincente.

Le due ruote sono, infatti, una formidabile macchina di conoscenza del paesaggio che ci circonda e ci avvolge nelle nostre pedalate, delle persone che pedalano con noi e di quelle che incontriamo lungo la nostra strada.

…La sensazione di libertà, di immedesimarsi nella natura, di correre con il vento in faccia e tra il profumo dei fiori e dell’erba solo la bicicletta può darla. In bici si ha il tempo di vedere il paesaggio, di scorgere la lucertola che quasi ti taglia la strada, di sentire il canto assordante delle cicale e quello più armonioso dei grilli.

( Margherita Hack, La mia vita in bicicletta)

Con gli occhi pieni di immagini e con il volto accarezzato dal vento e bagnato dalla pioggia ho pedalato in un’isola delle Aran e nel Connemara: costa atlantica, estremità d’occidente, fine dell’Europa, angoli remoti di natura selvaggia con alberi dalle radici nodose e prati, odorosi di erica, spazzati dai venti.

A Dublino ho passeggiato per i vicoli del Temple Bar e nelle eleganti strade georgiane con le case dalle porte coloratissime e i grandiosi edifici come il Trinity College, dalla sua Old Library con il Book of Kells. Ho visitato il Castello e la Cattedrale di San Patrizio. Su suggerimento di Heinrich Böhl, ho preso un tè nella famosa Beweley’s in Grafton Street con gli ottimi scones.

Non poteva mancare la visita al museo dedicato alla Guinness, realizzato nelle parti più antiche della fabbrica, trasformate in un edificio di sette piani a forma di una pinta della birra irlandese più famosa del Mondo.

Da ciclista, sempre a Dublino, ho apprezzato la linea d’arresto avanzata per i ciclisti che si sta diffondendo in corrispondenza dei semafori in molte città europee e speriamo anche presto in Italia.

Da Galway, inforcate le biciclette, arrivate dall’Italia con il pullman, siamo andati alla scoperta del Connemara.

Il Connemara, chiamato luogo di "selvaggia bellezza" da Oscar Wilde, mi ha incantato con i suoi vecchi muretti di pietra, i pony, gli scorci caratteristici del paesaggio e gli angoli dove la cultura celtica sopravvive e resiste all’avanzare della globalizzazione.

A Galway, una delle città più vivaci dell’isola, ho apprezzato i suoi pub, la musica e la sua birra artigianale.

A Clifden, in un suo tipico pub colmo di gente, forse per una pinta di più, mi solo lasciata trasportare dalla musica celtica e ho tentato di ballare quelle danze che ho visto fare dalle ragazze nelle strade.

A Inis Mór, la più grande delle isole Aran, mi sono seduta sulla parte più alta e suggestiva della scogliera, a picco sulla costa sud-occidentale. Con un certo timore, sono rimasta a godermi il vento, il mare e a osservare le nuvole vaganti ora verso ovest, ora verso est. Mi è sembrato di essere arrivata alla fine della terra.

Ho visitato i suoi numerosi siti storici quali Dún Aonghasa e Na Seacht dTeampaíll (le sette chiese). Nell’isola sono entrata, sempre pedalando, in contatto con l'autentica Irlanda rurale e tradizionale e con persone gentili e disponibili.

Ho camminato scalza e sotto la pioggia, senza sentirne il fastidio, sulla sabbia bianca della Dog's Bay.

Girando in bicicletta sono stata costretta a fermarmi più volte per lasciare passare le pecore marchiate da vernici colorate. Le strade sono loro e l’incontro con gli animali è stata un’altra cosa che mi è piaciuta dell’Irlanda. Gli animali sono liberi e, quando passi loro vicino, ti guardano con degli occhi penetranti e curiosi.

Ho potuto apprezzare l’itinerario di andata e ritorno in bicicletta sulla Great Western Greenway della Contea di Mayo, una splendida ciclabile di 30 km, ricavata sul sedime di una vecchia strada ferrata, dove il paesaggio cambia continuamente: dal mare alle torbiere, dai boschetti ai pascoli verdi.

L’Isola di smeraldo mi ha proprio catturato ed averla percorsa in bicicletta, anche se solo in parte e per pochi giorni, credo che sia stato il modo migliore per scoprirla e imprimere nella memoria i suoi minuscoli villaggi semi deserti, i piccoli centri abitati con le tipiche casette in stile nordeuropeo, le baie di sabbia bianca, il mare cristallino e le distese verdi e respirare, a pieni polmoni, la sua aria fatta di naturalezza.