Non ho potuto non aderire all’invito di Zio Bici di trascorrere un breve soggiorno lontano dal caos cittadino, lungo la costa della Maremma toscana.

Una pedalata, in vista del monte Argentario e del mare che circonda le isole dell’arcipelago toscano, era quello che ci voleva per ricaricarmi.

Alla stazione di Capalbio ho atteso i bromptoniani romani che sono arrivati con le loro bici pieghevoli di tutti i colori. C’era anche Giulia, una piccola tutta sorridente.

Pedalando immersi nella natura per 35 km e costeggiando l'oasi del WWF di Burano, siamo arrivati a Garavicchio nei pressi di Pescia Fiorentina, alle porte di Capalbio, per visitare il Giardino dei Tarocchi. È un parco di creature fantastiche e visionarie che hanno affascinato sia noi grandi, che la piccina. Ideato dall’artista franco-statunitense Niki de Saint Phalle, con l’aiuto del marito, lo scultore Jean Tinguely, è popolato da ventidue figure, ispirate agli arcani maggiori dei tarocchi.

Alte circa 12 metri sono ricoperte di mosaici in specchi di vetro pregiato e ceramiche, cotti direttamente sul posto, in undici anni di intenso lavoro. L’opera, che si estende su mezzo ettaro di terreno coltivato a uliveto, costituisce una vera e propria “città” magica, in cui le sculture ciclopiche e coloratissime segnano le tappe del percorso.

Il Sole, raffigurato da un uccello dalle ali spiegate, è secondo la de Saint Phalle, la creatura che gli si avvicina di più. Una scultura abitabile, realizzata in forma di sfinge, è stata per alcuni anni l’abitazione della de Saint Phalle in uno spazio, interamente rivestito di frammenti di specchi, suddiviso in una camera da letto, un soggiorno, una cucina ed un bagno.

L’Imperatore è una scultura complessa in forma di castello, organizzata intorno ad una corte centrale racchiusa da un loggiato sorretto da un portico. Sul retro, ricoperta da un mosaico di specchi, si vede la Torre colpita da un fulmine (una scultura di Jean Tinguely).

L'accesso al Giardino dei Tarocchi, creato da Mario Botta con collaborazione dell’architetto grossetano Roberto Aureli, è sbarrato dalla lunga muraglia del padiglione ed è costituito da un doppio muro di recinzione in tufo con una sola grande apertura circolare al centro, chiusa da una cancellata.

Con la struttura dell'ingresso, Mario Botta ha voluto rappresentare la "separazione" tra il Giardino ed il mondo esterno, secondo il desiderio di Niki de Saint Phalle. Il muro è inteso come una "soglia" da varcare per entrare in una "pausa magica" nettamente divisa dalla realtà di tutti i giorni.

Dopo la visita accurata a questa inaspettata meraviglia, abbiamo raggiunto il Tombolo della Giannella (la striscia di terra più a Nord che collega la terra ferma all'Argentario).

Pedalando, con forte vento contrario, siamo giunti nell'oasi del WWF all'antico Casale Spagnolo della Giannella, immerso nella natura. Storicamente noto come Torre della Giannella, il casale è stato costruito, nella seconda metà del Cinquecento, per rafforzare il sistema difensivo costiero. Nelle foresterie, in una sistemazione spartana ma piacevole, abbiamo passato la notte dopo aver raggiunto, il ristorante di Orbetello "I Pescatori”, dove abbiamo gustato un'ottima cena a base di pesce: antipasto tipico lagunare, spaghetti vongole e bottarga, filetto di spigola con pomodorini e zucchine.

A Orbetello, abbiamo ammirato uno dei suoi simboli, il Molino Spagnolo che è l'unico mulino a vento che si è conservato della serie di nove costruiti dai Senesi e restaurati nel 1557 dagli Spagnoli, quando la città lagunare divenne la capitale del piccolo Stato dei Presìdi, creato per volontà del re di Spagna Filippo I e di cui facevano parte anche Porto Ercole e Porto Santo Stefano.

Abbiamo fatto anche un giro in battello, sotto le stelle, della Laguna di Orbetello che è zona umida di importanza internazionale. In essa nidificano o transitano di passaggio molte specie di uccelli: il cavaliere d'Italia, il fenicottero rosa, il falco pescatore, il cormorano e varie specie di anatre.

Il giorno dopo dal Casale abbiamo pedalato alla volta del Tombolo della Feniglia (l’altra striscia di terra, più a Sud, che collega la terra ferma all'Argentario) e dopo esserci soffermati alla stele in ricordo del Caravaggio, che nella zona ha trovato la morte per stenti e febbri malariche, abbiamo passato l'intera giornata tra mare e pineta.

La spiaggia è di sabbia fine e chiara, ci sono alcuni stabilimenti; ma per la maggior parte è libera e in alcuni punti è decisamente selvaggia e deserta, con qualche capanno costruito con i rami portati dalle mareggiate.

Alle sue spalle si trova la stupenda pineta della Riserva Naturale Duna Feniglia dove è facile avvistare i daini. La spiaggia è facilmente accessibile da Orbetello con una pista ciclabile che arriva al mare.

Dopo l’intensa giornata di mare cristallino ed esserci rilassati nell’ombrosa pineta composta da pini marittimi, sughere, lecci, ed altri arbusti della macchia mediterranea, montati in sella, abbiamo percorso l'ultimo tratto di pista ciclabile e costeggiando, da un lato gli allevamenti di pesce (circondati da gabbiani) e dall'altro la ferrovia, siamo arrivati a Orbetello scalo per prendere il treno per tornare a casa.

Abbiamo pedalato, per molti tratti, nel silenzio della natura. Il canto delle cicale e dei grilli ci ha fatto da sfondo musicale.

Il viaggio in bicicletta, che è un viaggio lento, crea meravigliosi momenti di armonia fra la natura e il proprio corpo, permette alle persone, che vi partecipano, di conoscersi meglio e apprezzare tutto quanto li circonda, senza alterarne l’ambiente.

In Italia c’è tanto da scoprire, anche fuori rotta: ambienti, città e borghi autentici, lontani dagli sfarzi delle città d’arte. Questo forse è il momento giusto per farlo, soprattutto in bicicletta.