La nostra vera vita è quando siamo svegli nei sogni.

(Henry David Thoreau)

Giorno 1 / Christmas tree

Fuggo dalla calura di un pomeriggio estivo e mi butto nel bosco. Uscito dalla traccia sicura del sentiero, mi avventuro lungo un pendìo ricoperto di folta vegetazione. Intorno a me troneggiano larici e abeti secolari.

Un vento caldo proveniente dal fondo valle ondeggia tra le chiome creando sul terreno una danza senza fine di zone d’ombra e luci, vera gioia per gli occhi. Giunto al limite di una ampia radura mi fermo al cospetto di un piccolo esemplare di abete, avrà 4, forse 5 anni. I sui aghi giovani sono di un verde così acceso che quasi non si può credere e al tatto, accarezzandoli, ci si commuove.

Dopo averlo osservato con cura decido di fermarmi un po' con lui. Approfitto di un morbido letto di muschio lì accanto e mi distendo chiudendo gli occhi. Trascorre così un lasso di tempo incalcolabile ma ecco, all’improvviso, risuonare una voce... -Tutti mi prendono in giro qui nel bosco, perché sono piccolo è perché sogno il Natale...

Strappato al mio torpore, subito mi guardo intorno, ma, con mia grande sorpresa, non vedo anima viva. Chi ha parlato dunque? -Forse tu mi puoi aiutare – riprende la voce - forse tu mi puoi raccontare. Sei il primo essere umano che si ferma accanto a me, altri ne ho visti ma da lontano, sempre indaffarati, con biciclette o a piedi, rumorosi e apparentemente poco interessati a noi alberi... Nessuno mi aveva mai accarezzato con tanta tenerezza... Ascolto quella voce fanciullesca e quasi non oso muovermi per paura di farla svanire. Poi rompo gli indugi e rispondo:

-Chi sei tu dunque?
-Il pinetto che ti sta accanto…. -Non sapevo che gli alberi potessero parlare..
-Certo che parlano, basta saperli ascoltare. E’ una questione di frequenze, di lunghezze d’onda. E tu mi sei stato, da subito, molto vicino..

-Sarà...ma non mi era mai successo prima di conversare con un piccolo abitante del bosco...
-Guardami, ho da poco compiuto 4 anni. E sono pieno di energia e di idee.. -Ma che bello! Racconta! Ti ascolto...
-Beh, da qualche tempo mi ritrovo a fantasticare sul giorno di Natale, so che voi umani avete creato questa festa e vi piace stare a casa e tenere in salotto un albero della mia specie per onorarlo e soprattutto per riempirlo di lucenti decorazioni...
-E’ vero. Abbiamo questa tradizione. E piace a tutti, intendo dire a grandi e piccini...
-Lo vedi? Deve essere un vero incanto. Oh, quanto vorrei vivere quell’esperienza! Vedere i bambini che fremono dalla voglia di addobbarmi e poi accoglierli con i regali ben disposti sotto i miei rami… che sogno! -Mi sembra un sogno facilmente realizzabile…

-Questo lo dici tu! Mio padre invece non fa che ricordarmi che la possibilità che qualcuno venga nel bosco e scelga proprio me è remotissima. Nella vita bisogna avere un progetto concreto – mi ripete ogni giorno – cosa ne diresti di diventare un giorno un bel tavolo? O travi? Travi robuste per costruirci una baita sull alpeggio? Meno male che c’è mio nonno, che ha più di cento anni e vive più su, nella parte alta del bosco. Anche lui, alla mia età, è stato un sognatore. Oggi, dopo essere sopravvissuto a siccità e tempeste, riconosce che anche solo essere albero è bellissimo e importante. E si gode la vita da lassù...
-Che storia commovente. Spero sinceramente che tu riesca a realizzare il tuo sogno. Se vuoi, nell’attesa, posso farti sentire in anticipo un po' della magia del natale...

-Cosa intendi dire?
-Ecco, guarda...ci sono tanti fiori blu e viola e anche gialli qui intorno, potrei usarli per decorare la tua bella chioma verde...
Ti prego, lasciami provare...vedrai..ti piacerà…
-Non è proprio la stessa cosa ma se insisti...

E così facendo cominciai a “vestire” il piccolino con fiori, foglie, muschi, riuscendo persino a piazzargli una pigna sulla cima a mò di puntale.. Lui smise di parlare e cominciò a fremere tutto. Si capiva che la sorpresa gli era gradita. Lasciai il mio amico ammantato di una luce d’oro. Nell’allontanarmi mi voltai un ultima volta verso la radura dove il piccolo abete si godeva la sua gioia e con il pensiero indugiai nel ricordo del Natale e di me bambino, così a lungo da percepirne batticuore ed emozioni che credevo dimenticate.

Gin tonic with a view

Dopo essermi congedato dal piccolo sognatore allungo il passo verso una radura dove sono visibili i segni di un vecchio disboscamento. Tra ceppi semi disfatti e cespugli di felci scorgo un altro declivio ricoperto di muschio. Ispirato dalle sue caratteristiche ergonomiche decido di attardarmi per schiacciare un nuovo pisolino. Prima di chiudere gli occhi però succede qualcosa: la bellezza del paesaggio di fronte a me, fatta di crode azzurre e alpeggi ridenti, improvvisamente s’incrina, perdendo tutta la sua forza d’attrazione.

Sorpreso, allungo le gambe e appoggio la testa ma il muschio, stranamente, è meno morbido e accogliente del previsto. Che dire poi di questa improvvisa nostalgia che sento per il comodo divano di casa? Sorge spontanea la domanda: ma perché ho deciso di imbarcarmi in questa avventura alpestre quando avrei potuto tranquillamente restarmene in città? A quest’ora sarei in terrazza, dalla quale, diciamolo, si gode una vista che non ha nulla da invidiare a…. Forse mi aiuterebbe un buon gin tonic con ghiaccio, si, mi ci vorrebbe il mio gin-tonic quotidiano, ma so già che nel mio zaino c’è solo la borraccia con della fottutissima acqua e così il mio agognato drink posso solo sognarmelo.

Uff ma senti che fastidiosi sti uccelli con i loro cinguetii striduli - penso tra me. Annoiato, mi metto a smanettare con il mio smart-phone alla ricerca delle ultime hits scaricate da poco, come la bellissima “ Lost” dei Deep Forest, ah eccola, ora si comincia a ragionare, mi metto le cuffiette, alzo un po il volume, sorseggio il mio gin immaginario, piego il giubbotto, me lo piazzo dietro la testa per dare, subito dopo, un’ultima occhiata alle chiome alte degli alberi e alle montagne laggiù, faticose e irraggiungibili. Quand’ecco giungere un torpore inatteso, al quale non mi sottraggo.

Apro gli occhi e mi sento leggero, qualcosa è cambiato in me. La consistenza morbida del mio giaciglio mi invita a restare ancora fermo per un attimo. Il profumo intenso del muschio mi fa ricredere, pensando a quanto olfattivamente sia misero il divano in pelle che mi aspetta a casa e quanto sia pretenziosa la vista dal terrazzo a confronto con la commovente bellezza di questo bosco.

Il risveglio è dolce in questo luogo, penso tra me e me, mentre cerco nello zaino la borraccia. Qui ogni gesto possiede una dignità regale. L’acqua ha un sapore ineguagliabile quando viene bevuta in mezzo alla natura, niente potrebbe dissetarmi di più. Che ore sono? Che importa. Ho lasciato apposta a casa il telefono per liberarmi dal tempo. Un coro di uccelli risuona improvvisamente nel bosco, è il segno festoso del mio raggiungimento: sono tornato in contatto con me stesso.

What if

In quest’altra parte del bosco la vegetazione è più rada, per questo qui il sole filtra, prepotente. Mi siedo per un attimo in contemplazione e assaporo il caldo che mi accarezza il volto. La voce della mia parte interiore più selvatica mi invita insistentemente a lasciarmi andare, a togliermi i vestiti, permettendo per una volta a tutto il corpo nudo, di godere. Altre voci di segno opposto subito insorgono. Al mio insistente: what if i take all my clothes off? Si contrappone un pudico : what if somebody see you? O il moralista: do you think people normally go around naked while they walk in the forest?

Paralizzato nell’incertezza resto nella mia posizione statica e respiro. Non senza prima essermi tolto la maglietta. Potrebbe essere il giusto compromesso per mettere d’accordo tutti, mentre sento con piacere il torso arroventarsi. Il sole nel frattempo fa ribollire nuovi desideri e crescere il coraggio. Al che rompo gli indugi e comincio a spogliarmi, prima piano poi sempre piu in fretta e subito sono nudo,si..sono finalmente nudo nel bosco..mi sento Adamo, una versione moderna del mitico uomo. E se c’è qualcuno che mi sta guardando che guardi, in fondo che c’è di male? Nulla. Rimiro il mio corpo con curiosità e orgoglio, in questo santuario naturale il mio fisico, ancora tonico e in forma, ben si accorda alla celebrazione della bellezza e... You are not so big! Si ode all’improvviso un mormorio corale proveniente dalla cime degli alberi...

Ma come vi permettete? Rispondo urlando, intimamente infastidito. Insolenti! Mi siedo. Subito sopraggiunge la vergogna. Il mio corpo bianchiccio, reduce dell’inverno, mi sembra improvvisamente meno prestante, persino brutto. Ma si, me la sono proprio cercata. Pensare che non mi metto mai nudo quando cammino per i boschi...non capisco come mi sia potuto succedere...ma devo riconoscerlo, il richiamo era fortissimo...

Faccio per rialzarmi quando ecco giungere echi di voci lontane. Il mio spirito è fortunatamente altrove, non voglio più nascondermi anzi, dopo aver improvvisato una danza, sorrido e godo totalmente il piacere della mia libertà. Chissà, forse oggi qualcun altro ha fatto come me, forse a pochi passi da qui c’è un altro essere umano nudo, forse più di uno, si..si..e per un attimo mi piace immaginare il bosco costellato da corpi lucenti, liberati e felici. Come me.

Una nuvola giunge a oscurare il sole. Decido di rivestirmi. Decisamente più lenta è l’operazione a ritroso. Ad ogni indumento indossato, ad ogni gesto, gratitudine e nostalgia fanno a gara per rallentare i miei movimenti. Quasi volessi godere anche quegli ultimi attimi, prima del ritorno alla normalità.

Under forest’s forest

Dopo l’inattesa seduta elioterapica ho solo voglia di frescura. Ciò mi spinge a guardare con particolare interesse a un avvallamento fittamente ricoperto di vegetazione a foglia larga, intervallato qua e la da piccoli ruscelletti dal suono rasserenante. Là sotto un microcosmo mi attende pronto a svelarsi ai miei occhi. Mi sdraio sotto quelle foglie immense e scopro un mondo sconosciuto. Ci sono molteplici creature laggiù, insetti, formiche, funghi multicolore, rami caduti da tempi immemorabili trasformati in rifugi per larve di ogni dimensione. Da quella prospettiva un rigagnolo è un fiume, uno stelo piegato sull’acqua un provvidenziale ponte, una lucertola una minacciosa iguana di preistorica memoria.

Mi colpisce la vibrante vitalità di quel luogo ma ancora di più la sua dimensione autonoma, di appartenenza al tutto – al bosco, all’Universo – e allo stesso tempo di separazione dal resto del mondo. Non so gran chè degli abitanti di questo fazzoletto di terra ma ho motivo di credere che nessuno di loro sappia cosa succede a un chilometro da qui e ognuno di queste vite sia ignara dell’esistenza di “altro” al di fuori del proprio spazio, poco importa che sia il villaggio laggiù o l’intera valle e l’immensità del mondo di cui forse solo noi umani abbiamo vera coscienza. Ma forse mi sbaglio.

Si, forse c’è stato un coleottero smeraldino che un giorno ha osato sfidare l’ignoto e si è spinto oltre, chissà...o forse è stata un’ape di passaggio a rivelare ad altre specie ( attraverso una danza?) che esiste un altrove e questa rivelazione si è diffusa ovunque attraverso un tam tam e ha creato per un certo periodo inquietudine o forse solo incredulità e malumori. Non è sbagliato limitarsi al proprio piccolo mondo. Una volta, anche per gli uomini, era l’unica possibilità, con il progresso poi si è creduto che l’opposta tensione, l’ansia da partenza permanente fosse più giusta. Oggi, dopo la pandemia, forse si comincia a rivalutare il valore delle cose vicine e lente...

E’ tempo di ritornare. Mentre cerco la via che mi riporterà al sentiero scorgo in alto nel cielo un aereo con la sua scia candida. Avevo grandi progetti per l’autunno, volevo andare li e là: improvvisamente nessuno di essi mi appare necessario. Chiamerò Jeremy, - pensare che l’avevo anche preso in giro - e gli dirò che quell’idea di fare un orto fuori città non è male. Che sì, che se lui volesse si potrebbe iniziare subito, magari anche solo con due verzette per farci una Cassoeula *d’unverno, poi chissà...

Giorno 2 /Be a stone just for one day

Le previsioni promettono sole fino a sera, poi arriverà la pioggia. Ho pensato bene di non perdere tempo e già da ore mi sono piazzato sulla riva del torrente. Basta alberi parlanti e riflessioni silvestri oggi. Qui il fragore dell’acqua sovrasta tutto. La vista di quel fluire argentato sembra avere il potere di catturare tutti i miei pensieri ma non è così, già dopo qualche minuto di serena contemplazione ecco nascere in me una fortissima curiosità per alcuni massi disseminati lungo gli argini. Ho la sensazione che la forza suggestionante dell’acqua che scorre inarrestabile, nasca in fondo dal contrasto con la staticità di questi giganti pietrificati. Li guardo e cresce la fascinazione. Cresce e cresce al punto da sognare di poter essere uno di loro e quasi mi dimentico dell’acqua perché vedo solo macigni possenti e ne invidio la grandiosa presenza fisica. Decido di emularne, se non la massa o il peso, almeno la fissità sulla terra.

Per raggiungere lo scopo inizio a scavare a mani nude una profonda buca nella sabbia, ci salto dentro e seppellisco, immobilizzandole, le gambe fin quasi ad altezza vita. Come cambia lo scenario! E la percezione di tutte le cose intorno a me! L’acqua del torrente sembra improvvisamente scorrere più veloce e abbondante. E la visuale limitata mi permette di mettere a fuoco dettagli del paesaggio che prima sfuggivano completamente alla mia vista. Pochi minuti fa ero seduto su di una roccia, convinto di essere fermo. In realtà si trattava di una sosta, una delle tante fatte saltando da un sasso all’altro...Ora invece sperimento la staticità vera, totale e la trovo così bella. Come il giorno prima, nel sottobosco, anche oggi qui avverto la necessità di rallentare i ritmi della mia vita, voglio smettere di essere preda di una mobilità indotta e nevrotica, voglio stare fermo, più fermo...

Ma forse ho parlato troppo presto: già dopo una mezz’ora avverto uno strano fremito alle gambe e pensieri ansiogeni cominciano a farsi strada dentro di me. Che follia questi esperimenti, penso tra me e me, che stupido che sono stato a mettermi nei guai, qua se non mi do una mossa per liberarmi da questa prigione rischio di passarci la notte. E se nel frattempo arrivasse una piena? E se nessun escursionista transitasse da queste parti nei prossimi giorni? Sono proprio un idiota. Cerco goffamente sfilarmi dalla mia buca ma il peso della sabbia fa opposizione. Istintivamente lancio un urlo che viene immediatamente coperto dal fragore del torrente. Sono perduto. Già pronto a scivolare nella disperazione mi guardo intorno e cerco inutilmente aiuto tra gli enormi macigni solitari.

Al più vicino di questi, un bestione di almeno due metri di diametro, faccio addirittura un appello accorato a voce: aiutami, ti prego...aiutami. Per cadere subito dopo in uno stato di prostrazione ancora più profondo. Ho chiesto aiuto ad una pietra, non sono solo uno stupido, ora so che sto impazzendo… Proprio in quell’istante sento tremare il terreno, due scossoni in rapida sequenza. Poi un brontolìo come di un tuono in lontananza, infine una voce...

-Dunque ti sei arreso? Peccato, stavi andando bene…
-Chi sei?
-Lo vedi bene, sono qui davanti a te. Non mi muovo da centinaia di anni…
-Una pietra?
-Esattamente.
-Cos’hai da commentare sul mio conto?
-Oh nulla. Stavo solo facendo delle considerazioni ad alta voce. Mi piacevano le tue riflessioni sulla natura. Per qualche ora abbiamo
condiviso lo stesso punto di vista partendo da uno stato di immobilità molto simile...
-Sì, però io mi sono rotto di stare fermo..non ce la faccio più.
- Ha..ha..è più che comprensibile, sei un essere umano, non una pietra. Devi però ammettere che stando fermi si scoprono cose nuove - Cose nuove? Sì, soprattutto una gran voglia di sgranchire le gambe..come mai ho sentito nella mia vita..

-Ma certo. Però non mi riferivo a quello. Un’ora fa circa ho sentito che… -Le pietre sentono? -Beh si... -Che ti devo dire, forse ti riferisci a quei miei pensieri sulla frenesia fuori controllo dei miei simili, alla mia insofferenza verso questo mondo senza pace dove nessuno sembra accontentarsi di nulla, ad una…. -Esattamente... -Lo riconosco, mi sono fatto delle domande…forse qualcuna in più del solito. Detto ciò, sono più che convinto che una vita “pietrificata” sia una condizione terribile..

-E perché? -Mah..perchè ci sono dei limiti evidenti! Il punto di vista, tanto per dirne uno, è così limitato… -Caro mio, forse non sai che noi pietre spiaggiate qui a valle un tempo stavamo in cima a questi alti monti. Abbiamo vissuto così a lungo lassù dal farci delle scorpacciate di spazi aperti, di cieli immensi ...Conoscevamo a mena dito tutte le stelle, le abitudini dei grandi rapaci e degli uccelli migratori non avevano segreti per noi. Non è poco, credimi… -Caspita! Questa non la sapevo…Ma dimmi un po’ da quanto tempo sei stanziale quaggiù? -Circa trecento anni, anno più anno meno..

-Madonna! Certo che per voi pietre il tempo ha tutto un altro senso..mi sento così piccolo con la mia vita umana limitata.. -Ehi! ma non ero io quello limitato? -Resta il fatto che tu quaggiù sei tagliato fuori da tutto, guarda ora, il sole è ancora alto e tu sei già in ombra… io invece il sole lo posso inseguire, posso coglierne la bellezza in tutto il suo ciclo quotidiano...mentre tu da qui ti perdi tutte le albe e tutti i tramonti… Già incredulo per quella conversazione fuori dalla realtà registrai con non meno scetticismo la sensazione che quel masso erraticoaccanto a me si stesse muovendo avvicinandosi sempre di più. Ad un certo punto si udì un frastuono tremendo e una breccia comparve lungo la superficie levigata del colosso.

-Guarda! Non ho bisogno della luce del sole...io Davanti ai miei occhi, dentro la fessura che via via diventava più ampia, vidi qualcosa di straordinario, qualcosa che difficilmente potrò dimenticare: cristalli, cristalli a perdita d’occhio, di tutte le fogge, di ogni misura, veri e propri mondi luminosi formati nell’oscurità delle ere geologiche. Un ultimo raggio di sole filtrò in quell’istante tra gli alberi generando, a contatto coi cristalli, un riverbero luminoso così intenso da illuminare l’intero bosco. Dovetti proteggere gli occhi con entrambe le mani.

Distratto dal fenomeno luminescente quasi non mi accorsi che le mie gambe stavano riacquistando vigore, così, aiutandomi anche con le braccia e scavando un po', riuscii presto a uscire dalla buca. Mi voltai felice, come a voler mostrare a tutti la libertà ritrovata, ma con mia grande sorpresa trovai accanto a me solo un grosso masso cupo e silenzioso. Scomparsa era la fessura coi cristalli, intatta la saldatura della pietra con la terra, instancabile la massa d’acqua in perenne movimento alle sue spalle.

Giorno 3 /Never say never

Ma chi ha detto che restare sul sentiero è noioso? Oggi voglio resistere alla tentazione di perdermi nel bosco. E’ decisamente più rilassante. Mi guardo intorno e respiro seguendo il ritmo dei miei passi. Di tanto in tanto mi viene addirittura da cantare, una melodia spontanea con un ritornello a tema: never leave the beaten track, never leave the beaten track, sembra proprio l’opposto di ieri questo invito a rivalutare il valore del tracciato definito, senza scorciatoie.

Si! Si può godere della bellezza della natura anche così, senza il rischio di mettersi nei guai. Seguo le indicazioni di un cartello e continuo a camminare sempre più convinto della mia scelta. Già dopo poche decine di metri mi accorgo che il sentiero non solo è uno spazio rilassante ma anche luogo di incontri: basta con la solitudine selvatica! Benvenuti amici umani! Ecco avvicinarsi una coppia, un uomo con un bambino, si direbbero un padre con il proprio figlio. Incrocio i loro volti sorridenti, ci scambiamo un saluto, tra escursionisti è la regola. Mentre fanno per allontanarsi intercetto alcune parole del bambino e la risposta del padre che dice:

-Max vedrai, lo troveremo..
Incuriosito, mi inserisco con delicatezza nella loro conversazione e prima che si allontanino troppo, chiedo: -Che cercate? Forse un cervo? O un insetto raro?
-Oh no - mi dice il padre mentre vedogià il piccolo arrossire intimidito - stiamo cercando un piccolo abete per quando verrà Natale, sa mio figlio fino a ieri era convinto che gli tutti gli abeti da decorare venissero prodotti dall’Ikea così io gli ho spiegato che non è così, che in realtà nascono nei boschi e...da lì è nato il desiderio di...mi scusi non mi sono neppure presentato, sono Chris e lui è Max.
-Io sono Michael – e nel presentarmi il mio pensiero corre veloce al pinetto sognatore, incontrato due giorni prima...

-Credo di potervi aiutare… Impegnato a raccontare la mia avventura e pronto a dare le indicazioni per raggiungere il mio amico quasi non faccio caso al sopraggiungere di un altro escursionista lungo il sentiero, una giovane donna questa volta. Il terzetto appena nato, di cui faccio parte, saluta il suo passaggio con un corale buongiorno, lei sorride, si sistema il foulard multicolore che porta sulla testa e fa per proseguire. Solo allora vedo che porta delle micro cuffie e sta ascoltando musica, infatti, mentre ci guarda, canticchia qualcosa….“never leave the beaten track...never, never..never..”

-Ehi! - le dico, quasi pronto a bloccarla… -Sì? - mi risponde cinguettante -Cosa canti? -Un pezzo bellissimo. L’ ho sentito canticchiare qui nel bosco stamattina e poi l’ho ritrovato su Spotify.. -Ah si? -Si..si..è di un gruppo australiano. Ora non ricordo il nome ma sono fortissimi...never..never..never….never leave the beaten track.. -Ho creato io quel pezzo. La voce che hai sentito questa mattina era la mia, sai? -Stai scherzando vero? E così facendo la donna si toglie lo zaino dalle spalle e tira fuori una borraccia termica. -Non vi offro da bere perché nella mia borraccia ho solo acqua tonica, non credo che vi possa piacere e…. -Peccato non avere del gin, magari con del ghiaccio – aggiungo io prontamente.. -Bravo ! Vedo che abbiamo altre cose in comune oltre alla musica.. sono Jane Whatif, scusate non mi sono ancora presentata…

-Il piacere è nostro! - risponde euforico Chris- -Io sono Chris, questo è mio figlio Max e lui è Michael… -Che bella famiglia! -In realtà ci conosciamo da pochi minuti. Ci siamo incontrati tutti qui, lungo il sentiero… -Nel bosco si fanno sempre incontri speciali. Mio marito l’ho incontrato lungo questo sentiero… -Che romantico! - aggiunge Chris -Purtroppo è morto l’anno scorso, un infarto. Aveva la mania della bicicletta, era sempre in giro per sentieri, così spericolato, credeva di essere ancora un ragazzo.. -Mi dispiace..

-E’ la vita. Ma godiamoci questa bellissima giornata. Non c’è niente di più bello del sole dopo la pioggia, sentite che tepore sulla pelle, mi verrebbe voglia di spogliarmi e girare nuda in mezzo al verde… -Non è male questa idea – spara Chris. -Papà! - rimbrotta suo figlio Max. -Io l’ho fatto l’altro ieri! Dico io. -Veramente? -Si! E posso testimoniarlo, è liberatorio, bellissimo. Ti esorto a perseguire il tuo progetto… -Ho paura che mi prendano per una mitomane o una esibizionista, non vorrei mai che…(intanto si toglie il foulard dalla testa liberando una massa impressionante di capelli rossi) -Vai tranquilla – le suggerisce Chris sempre più infregolàto -Papà, andiamo a cercare gli alberi – suggerisce disperatamente Max.. All’apice di quella conversazione semiseria giunge un nuovo escursionista, un marcantonio di uno, pare un gigante.

-Buongiorno a tutti! Bella giornata eh? Il suo corpo ombreggia quasi completamente il piccolo Max che osserva il nuovo arrivato facendosi scudo dietro il corpo del padre. -Buongiorno a te! – gli risponde per prima Jane e subito intona “Never..never..never..never leave the beaten track...never. E io la seguo a ruota… -Wow! Conoscete anche voi Black Tree? Esulta Jeff. -E’ australiano? Chiede Jane, visibilmente incuriosita.. -Non direi – risponde Jeff - E’ il più grande rapper del momento in America. Mi sembra sia nato nel East Harlem -Non può essere lo stesso pezzo! Insorgo io e già mi monta dentro una certa insofferenza.. -Ce l’hai sul tuo smart? chiede Jane.. -Come ti chiami? fa Max approfittando di un momento di particolare coraggio.. -Mi chiamo Jeff. Sono Jeff Stone -Ciao Jeff, io mi chiamo Max. Da grande vorrei essere muscoloso come te – aggiunge abbozzando un timido sorriso.

-Ciao Max! Anche a te piace Black Tree? E così dicendo gli da in mano il telefono dopo aver attivato la sua playing list.. ...Never...never..never leave the beaten track...never never.. -Forte! Esclama Max visibilmente entusiasta -E’ lo stesso pezzo! Esclama Jane
-Assomiglia ma non è proprio lo stesso – aggiungo io sempre più stizzito..
-Che ci fa nel bosco uno come te? Indaga nel frattempo papà Chris..
-In realtà non dovevo essere qui oggi. Ma è una lunga storia, non credo che vi interessi…. -Ragazzi, scusate ma voglio approfittare di questa giornata. Ho deciso, vado a farmi un bagno di sole! Irrompe nella conversazione Jane
-Bagno di sole? Anch’io avrei bisog no di un bel bagno. L’ultima volta che mi sono fatto una doccia risale a una settimana fa.. interviene Jeff, candidamente.

-Vuoi venire con me? Chiede Jane voltandosi verso Jeff e strizzandogli l’occhio sinistro.. -Dammi un attimo, vorrei prima mangiare qualcosa – risponde Jeff -Certo che tu sei proprio un fanfarone racconta palle – aggiunge rivolgendosi a me.. Ho capito subito che volevi fare colpo su di me con la storia della canzone, una patetica strategia da maschio di mezza età- affonda poi impietosamente -Mi devi credere… -Vieni Max, andiamo a vedere gli alberi.. propone Chris -No..no..voglio stare ancora un pochino con Jeff.. -Vuoi un po' del mio hamburger Max? -E il nostro bagno di sole? Insorge insofferente Jane -Ehi calma! Ma voi donne cosa avete sempre...il pepe nel culo? Esclama Jeff con decisione... -Io proporrei di mangiare qualcosa qui tutti insieme e poi ognuno va per la sua strada, che ne dite ?– dico io già in cerca di sostenitori..

-Dai, su, non vi stressate. Siete così carini, un po' pazzerelli. Una così bella famiglia! Risponde Jeff tutto rincuorante.. -Veramente non ci conoscevamo prima di incontrarci in questo bosco – preciso io- Siamo qui solo da un’oretta, non di più..

-Vuoi bere della tonica fresca con il tuo hamburger Jeff? Propone Jane, improvvisamente mielosa.. -Qualcuno per caso ha anche del Gin o del limone? Ci starebbe bene.. - Chiede spiritosamente Jeff -Io e Jeff oltre alla musica abbiamo molte cose in comune – dico io rivolto a Jane con espressione ironica... -Fatemi sedere che non sto più in piedi dalla stanchezza. Stanotte non ho chiuso occhio.. - rammenta Jeff -Non vogliamo sapere quello che hai fatto! - replica Chris un po' maldestramente.. -Io lo voglio sapere! Io lo voglio sapere! Insorge Max

-Ero giù al fiume. Ho passato la notte laggiù.. -Al fiume? E perché? Non avevi una casa? Un posto dove stare? -Mi sono fatto fregare da una donna, una tipa che incontro sempre al negozio dei Geronimo.. -Hai un goccio di tonica anche per me, Jane? Chiedo io. - Ascolta il nostro Jeff, forse oggi hai qualcosa da imparare...-

-Ma che storia è questa, scusa non si capisce. E poi cos’è sto negozio dei Geronimo? - risponde Jane -I Geronimo sono i miei gelati preferiti. Uno dei pochi motivi buoni per me per uscire di casa. Sapete? Sono un tipo statico io – risponde Jeff. Insomma, per farla breve, Jenny, la tipa, mi ha invitato a venire fin quassù, io chein vita mia non mi sono quasi mai mosso da casa, all’inizio l’ho guardata storto, poi mi sono lasciato convincere, sono passato a comprarmi degli hamburger e ho preso il bus. Ma quando sono arrivato lei non c’era, ti ho mandato un messaggio mi ha detto due ore dopo, hai visto il messaggio?...bla bla bla... Io no. Intanto si è fatta sera e allora ho vagato un po' per il paese che pareva disabitato, fino a quando ho sentito il suono dell’acqua giù nel fondo valle. In quel momento ho sentito un richiamo fortissimo verso il torrente e mi sono tornati in mente certi fumetti che leggevo da bambino, storie di cacciatori di pellicce in Ontario… -Jack the Hunter? Chiede Max

-Wow! Proprio lui. Certo che qui siete tutti preparatissimi… - sorride sorpreso Jeff
-Ho tutta la collezione – dice Max visibilmente orgoglioso
-Anche il numero 1?
-gli chiede Jeff guardandolo con occhi teneri
-No – risponde Max
-Ma allora dobbiamo rivederci – esclama Jeff tutto solenne.
-E poi giù al fiume cosa hai fatto? Chiedo io.

-Ricordi di Jack the Hunter a parte non è stata proprio una passeggiata. Non ho chiuso occhio ripensando alla mia solitudine, alla mia vita in casa ad alzare pesi per diventare muscoloso, per diventare grande in modo che qualcuno mi potesse vedere. Purtroppo non è mai successo. La mia è sempre stata una vita piena di solitudine - confida Jeff tenendo la voce bassa. -Non riesco a capire come un tipo come te possa passare inosservato – chiede Jane, visibilmente interessata...

-Ma noi ti vediamo! Esclama con tutta la sua forza Max - Da grande vorrei essere come lui! - aggiunge poi rivolgendosi a tutti i presenti. - Lui non ha solo i muscoli ma anche i super poteri ! Ribadisce Max rivolgendo a Jeff uno sguardo di ammirazione totale.

Jeff ricambia lo sguardo dolce e abbassandosi all’altezza del bambino gli chiede: -Sei venuto in questo bosco per cacciare le pellicce anche tu? -No..no – gli risponde Max – oggi siamo venuti a caccia di alberi di Natale! Quest’anno ne vorrei uno vero, vivo, da decorare insieme ai miei genitori.

-Bella l’idea dell’albero di natale. Anch’io ho sempre amato decorare l’albero, sai? E a casa ho ancora una scatola piena di palle di vetro colorate, stelle dorate e piccoli uccelli di madreperla. Il giorno che vengo a portarti il numero uno di Jack the Hunter mi ricorderò di tirare fuori anche le decorazioni per il tuo albero. D’accordo?

In quell’istante fa la sua apparizione un fringuello, plana davanti al nostro gruppetto, per atterrare subito dopo sulla spalla di Jeff, il quale, per nulla sorpreso, lo guarda e gli sussurra qualcosa. Dal minuscolo volatile parte di tutta risposta un cinguettìo melodioso...un canto perfetto per quel momento di gioia collettiva. -Carissimo! Esclama Jeff accarezzandolo...

-Hai sentito? Parla con gli uccelli. Meno male che i pazzerelli eravamo noi….commenta il piccolo Max.
Io e Jane ci guardiamo sorridendo. Il motivo cantato dal simpatico pennuto ricalca curiosamente il dibattuto “never leave the beaten track” Nessuno dei due osa aprire bocca...