Pietro Nardelli si è formato a Roma, ha frequentato per molto tempo la storica Via Margutta, la via degli artisti, delle botteghe d’arte e antiquariato; un periodo vissuto in una comune con altri artisti, alcuni dei quali conosciuti a livello nazionale. Una vita dedicata all’arte, ma soprattutto all’espressione personale della propria vita attraverso l’arte.

Via Margutta a Roma è sempre stata fucina di artisti ed artigiani. Una delle più importanti vie romane, dove l’arte e la cultura sono sempre state al centro della vita fin dal ’600; tutt’ora, non mancano botteghe artigiane, studi di artisti, gallerie d’arte e centri per l’esposizione. Insomma, un cuore d’arte nella città eterna. È qui che l’artista Eugubino Pietro Nardelli, espone in una permanente, negli spazi di Serra, ed in una mostra dedicata ai 100 pittori di Via Margutta.

Pietro, origini e forte attaccamento a Gubbio, trasferito con la famiglia a Roma, inizia il suo lavoro artistico, tra i salotti culturali e le botteghe di artisti degli anni 60. Ma l’ispirazione, come lui stesso afferma in modo perentorio, gliel’ha data Gubbio, l’Umbria, la città di San Francesco, l’attaccamento alle sue origini, alle origini di un insieme di valori, come dire, eterni.

Al di là dei valori e dei sentimenti, la sua personalità si rivolge tutta alla ricerca. Una ricerca sia spirituale che di concetti, una ricerca formale e di materiali, che lo portano a cercare, sperimentare, inventare, tra stucchi, gessi, tele e colori, il suo studio laboratorio, a Gubbio, sembra quasi la bottega di un artista di quelli che non ci sono più, una bottega di rigattiere sempre impegnato nella creazione. Insomma, quasi un moderno Leonardo, non si accontenta della tela e del colore, non si accontenta del materiale da scolpire. Deve trarre fuori l’anima e l’essenza della vita, la sua interiorità, la metafisica morale e la sapienza alchemica che stanno dietro al materiale stesso, e si formano attraverso la ragione, la conoscenza, la ricerca. Tutto questo esprime in pieno la sua personalità eclettica, come la sua arte.

Quando arrivi a Gubbio, lo vedi fuori dalla sua bottega, intento a lavorare le sue tele, i pannelli fermi nel cavalletto, tra colori, vicino ogni sorta di strumento improprio, come scalpelli, martelli; pozioni magiche. Sembra lui stesso dipinto in quadro naif, come se stesse costruendo il pannello di se stesso, della sua vita.

Naturalmente, un po’ come tutti gli artisti ha solcato diverse vie, approdato in esperienze formative più o meno lunghe dalle quali si è allontanato, dissociato, alcune ne ha portate avanti: la scultura e il naif. Ed è riuscito a coniugare le due arti. La pozione magica è un miscuglio che si produce, per dare le forme e lo spessore ai suoi quadri, tutti in rilievo. Qui la profondità non è data dalle linee di fuga, ma da vere e proprie costruzioni che sembrano essere state costruite da muratori veri e propri: da quelli che appartenevano all’antica e medievale arte muratoria. E non è un caso se tra tante figure, troviamo simboli e ricorrenze. Quasi un messaggio celato dalla semplicità del naif. Dopo tutto spesso i misteri si nascondono dietro le cose più semplici.

All’interno di un quadro tutto ambientato in un convento, non possiamo solo ritrovarci il senso austero di preghiera, ma di vita ed individualità espressa dai suoi personaggi, dal loro esprimere il tempo o anche solo quell’ora et labora della regola Benedettina. Insomma, lavoro e anima, religione e ricerca. Un’arte che attraversa i secoli e lo spazio, ma riesce sempre ad essere fedele all’artista. La sperimentazione per lui è tutta fatta di intima e personale ricerca che si condensano nei personaggi e negli spazi che essi occupano. A volte in una prospettiva quasi accennata, altre volte in segni di interni o negli oggetti utilizzati, come a divenire una metafora del lavoro stesso dell’artista. Un colpo d’occhio formidabile, che nella sua semplicità di espressione, racconta tutta una filosofia e un territorio nascosto e inesplorato: un invito ad andare oltre l’apparenza, che non disturba e non insiste. Come la pacatezza dei frati, capaci di aprirti la porta dello spirito. E così lui. È così la sua personalità, capace di darti molto, di lasciarsi intravedere, di nascondere le apparenze e lasciare dei segni, ma sempre attraverso il colpo d’occhio del colore, dei movimenti, delle persone che animano i suoi quadri, lontani dalla staticità, ma tutto è un movimento continuo, una ricerca dell’oltre, un salire, tutto un correre evidente. La ricerca di stile e di metafora, si accompagna alla ricerca dei materiali utilizzati. Una ricerca di chimica, materia e tempo. Non è facile mettere tutto insieme, e amalgamare con lo spirito. Forse solo un vero alchimista può riuscirci. Oppure un metafisico, puro, come lui ama definirsi. Oppure un metafisico eclettico, che va fuori da qualsiasi schema o rigore, fuori da qualsiasi ambito di fisica. Eppure, sa rendere la realtà dei fatti, la realtà della vita. I personaggi, i gesti sono pietrificati, ma morbidi, colgono il senso dello stupore di una raffica di vento che ruba gli ombrelli, il rincorrere l’oggetto perso; oppure lo sguardo che osserva fuori da una finestra e si interroga sul mondo esterno.

Gli ambienti colti della Roma degli anni della sua giovinezza, gli hanno lasciato senza dubbio il segno, un segno che lui è stato capace di portare oltre e reinterpretare, senza dimenticarlo. Roma, Gubbio, diventano città metafisiche che si rincorrono, si mescolano, ci ingannano sul tempo e sugli spazi. Il tempo si mescola a tutti i tempi della storia, ci mostra le mille probabilità della vita. Forse un inganno, forse no. Sta di fatto che spesso i temi ci fanno ritornare in quella vita medievale che tanto vorremmo vivere ancora tra le vie e gli scorci. Smarrirsi nella ricerca dei sogni come fossero fatti realmente accaduti, così con serenità.

Artista “Naif Metafisico”, espressione sua, fin dagli anni ’60, e da allora non si è più fermato. 35 personali tra Roma, la galleria Frau, nelle sale di alcuni Ministeri, alla FAO e ambasciata americana, Firenze, Milano, nei prestigiosi musei, gallerie d’arte, centri per l’arte e centri espositivi; in mostre permanenti o personali o collettive. 26 mostre internazionali: Parigi, Dublino, Canada, Nuova Zelanda, New York.