La mia ricerca artistica nasce dal bisogno di esorcizzare la paura del diverso. A partire da una riflessione intima che tende a una dimensione collettiva, il mio corpo è l’elemento catalizzatore che si estende verso gli altri attraverso interazioni di vario genere. Il filo conduttore dei miei progetti è la performance ma le azioni non sono pensate in forma di spettacolo bensì come un processo in costante evoluzione… La multimedialità delle performance, la fotografia, il disegno, la scultura, il video e le installazioni mi permettono di spaziare fra i vari mezzi espressivi lasciando che questi si sovrappongano. Prediligo i lavori manuali e artigianali che mi connettono a una dimensione popolare. La ricerca antropologica e socio-culturale è diventata per me un elemento sempre più importante. Anche la partecipazione degli altri nel mio lavoro è fondamentale. Accolgo l’altro nel progetto e lo invito a interagire, talvolta come protagonista, altre volte come partner con cui creare una temporanea collettività. È molto complesso lavorare con il proprio ego ma nonostante le difficoltà è esattamente quello che voglio: sperimentare la vita attraverso l’arte.

Zoè Gruni

Ha da poco chiuso i battenti la mostra Motherboard di Zoè Gruni a cura di Camilla Boemio. Gruni è un’artista che mescola performance, fotografia, disegno, scultura, video e installazioni dando largo spazio alla ricerca antropologica e socioculturale, nella quale l’interazione con l’altro è fondamentale. Alla base della sua pratica artistica c’è la convinzione che nella collettività si possa trovare la via di salvezza e che l’arte sia un veicolo di resistenza. Considerazioni sempre più attuali in un momento storico nel quale l’io individuale ha preso il sopravvento sull’io collettivo, condizione esasperata dalle nuove tecnologia ed in particolare dalle comunità virtuali dove l’appartenenza, la partecipazione on/off è legata ad un interesse che può essere anche solo momentaneo e che si slega da una responsabilità ben più profonda che invece la partecipazione in “carne ed ossa” comporta.

La mostra di Zoè Gruni si è articolata attraverso tre diversi progetti presentati mediante video-installazioni, video-performance, stampe lambda su alluminio e tecniche miste su stampa fotografica: Segunda pele, Fromoso, Motherboard.

“Segunda pele” è un’opera che si orienta nel senso prima descritto, vale a dire verso una dimensione collettiva. Abbiamo delle sculture create con materiali di recupero che possono essere adornate o abitate; si tratta “oggetti performativi”, pensati come protesi del corpo, afferma l’artista, che diventano una “seconda pelle”, cioè un filtro tra il corpo dell’artista e l’ambiente circostante, che funge da protezione rispetto a eventuali difficoltà o territori ancora da scoprire.

In questo senso sono da ricollegare all’esperienza che l’artista ha avuto in Brasile nel corso “Seconda pelle: ibrido, memoria, riciclaggio” che l’artista ha tenuto presso la EAV (Escola Artes Visuais) tra il 2017 ed il 2019 promuovendo la considerazione del corpo come strumento di comunicazione con altre persone e che attraverso questo incontro il rapporto con gli altri si rafforza e diventa uno strumento “sociale” di difesa contro le paure non solo individuali ma collettive che quindi trovano nell’incontro con l’altro se non una possibile risoluzione quantomeno una condivisa resistenza.

“Fromoso” è una video-performance che si ispira al concetto di antropofagia, ossia il cibarsi di carne umana, concetto che non deve necessariamente essere interpretato letteralmente: la società umana non è un luogo di cooperazione, ma di lotta dove ogni individuo è mosso da interessi privati, per difendere è disposto anche a eliminare i suoi potenziali avversari. L’azione è stata realizzata in una discarica di carri del carnevale nell’area portuaria di Rio de Janeiro. Il corpo di Ana Kavalis, ballerina cubana, si abbandona in un rituale che potremmo definire esoterico, nel quale viene assorbita fino a scomparire. La colonna sonora, realizzata appositamente per il progetto, è del musicista polacco Jeff Gburek.