Il giudizio morale, al contrario di quanto si possa pensare, si modifica nel tempo, più esattamente evolve e, cosa molto importante, non ha bisogno di regole scritte che non possono neppure essere insegnate.

Non avrebbe senso promulgare queste regole verbalmente o per iscritto; la comunicazione verbale e scritta non è fondamentale ai fini della loro diffusione. Il giudizio morale è una predisposizione che appartiene non solo alla nostra specie ma anche a molti animali, con un’alta complessità sociale, in cui la flessibilità nelle relazioni interpersonali è molto ampia.

Negli insetti, nonostante vivano in società molto complesse ma rigide, non esiste alcuna flessibilità sociale e quindi non possono essere forniti di nessun giudizio morale. Tra l’altro non ne avrebbero bisogno. La vita, i ruoli e il comportamento degli insetti sono scritti totalmente nel loro patrimonio genetico e gli insetti non hanno bisogno, per vivere bene, di nessuna predisposizione per acquisire delle regole morali. Gli insetti non hanno bisogno di nessun adeguamento e cambiamento comportamentale, anzi, un’alterazione del loro comportamento, se largamente diffusa, potrebbe risultare fatale per le loro comunità.

Nelle tèrmiti (che sono degli isotteri) il ruolo di un soldato non potrà mai essere assunto da una regina o viceversa. Nei mammiferi, in generale, soprattutto nell’uomo, le cose stanno diversamente. Negli esseri umani gli individui riescono molto bene ad adeguarsi ai cambiamenti, soprattutto quelli ambientali, senza tanti stravolgimenti e traumi sociali. Che cosa lo ha consentito? È stata l’evoluzione.

Essa ha permesso di avere tutti i requisiti necessari anche per la formulazione di giudizi morali, cioè la tendenza a rispettare le regole della propria comunità, la comprensione, quasi istintiva, per esempio di accudire i piccoli, di proteggerli e alimentarli fino allo svezzamento oppure di non recare danni al prossimo o usargli violenza.

Queste attitudini non appartengono solo a noi esseri umani, ma a quasi tutti i mammiferi, incluse ovviamente le scimmie che sono gli animali a noi più prossimi e da cui, in molti casi, dovremmo trarre molti insegnamenti morali; basterebbe osservare con molta attenzione come si comportano nelle loro comunità, piccole o grandi che siano, per capire cosa è giusto e cosa è sbagliato.

Dal momento che abbiamo detto che è stata l’evoluzione che ha consentito la nascita del giudizio morale, rifacciamoci a chi ne ha parlato scientificamente per primo, cioè a Charles Darwin. È vero che prima di lui molti altri studiosi, filosofi e teologi hanno parlato del giudizio morale, ma senza avere alla base dei loro ragionamenti dei fondamenti scientifici e soprattutto dimostrabili e verificabili.

Per avere un’idea di cosa sia il giudizio morale e di come possa manifestarsi o emergere nell’uomo, dai tempi di Darwin dobbiamo lasciar passare più di un secolo per trovare una formulazione sensata del giudizio morale. In primo luogo quella di Antonio Damasio, un neuroscienziato che ha scritto che il giudizio morale non è nient’altro che una forma di coscienza, una coscienza morale, cioè la capacità che ogni individuo ha di interessarsi alla comunità in cui vive e il modo giusto con cui si relaziona con essa, la capacità di sapere e dovere giudicare se stessi senza pregiudizi, senza ipocrisie, di saper discernere il bene dal male in piena libertà, di distinguere le conseguenze dei propri comportamenti e di quelli degli altri.

Damasio aggiunge che molti animali possiedono questa forma di coscienza, anche se in tutti i casi si tratta di una loro coscienza che non deve essere per forza di cose come la nostra. Gli animali non uccidono per il piacere di uccidere, se non in casi eccezionali e patologici, come invece spesso facciamo noi esseri umani. In una guerra tra gli uomini dov’è la coscienza morale di chi ordina ai soldati di uccidere altri soldati, altri esseri umani, persino donne e bambini?

In questi ultimi casi, i militari parlano di effetti collaterali, come se non sapessero che una bomba non distingue un soldato da un civile indifeso o da un bambino. In questi casi gli egoismi, la cupidigia, l’interesse materiale di chi può disporre di questi poteri che sono più che altro politici ed economici, prendono il sopravvento su ogni forma di moralità. Tutto si giustifica ipocritamente con la diffusione di falsi principi come quelli del patriottismo, delle verità politiche e religiose assolute.

Tornando a Darwin, in uno dei suoi capolavori, L’origine dell’uomo, pubblicato per la prima volta nel 1859, scrisse che esiste una continuità evolutiva tra noi esseri umani e gli animali, anche per quanto riguarda il comportamento morale. Darwin fu uno dei primi a sostenere che gli animali possono provare compassione nei confronti del dolore degli altri e che gli elementi fondamentali della moralità sono costituiti dalle risposte emozionali che ogni individuo è capace di manifestare in una qualsiasi forma di rapporto empatico con gli altri.

Quando queste possibilità empatiche ed emozionali vengono annullate si distrugge immediatamente la capacità di un discernimento morale, di capire, per esempio, il male che si sta facendo a un altro individuo o a un gruppo di individui o addirittura a un popolo intero. In conclusione dobbiamo essere sempre in allerta contro tutti coloro, e sono molti, che cercano, attraverso i propri interessi materiali e soprattutto attraverso l’inganno, di cancellare la nostra emotività di fronte a un crimine, e di disinibire fondamentalmente la nostra aggressività.

Senza emozione non possiamo essere solidali e la solidarietà favorisce la convivenza pacifica sia tra gli uomini sia tra gli animali. I pilastri fondamentali della coscienza morale sono la solidarietà, la pietà, la cooperazione e la bontà. Quando essi vengono a mancare si sgretolano i nostri rapporti con gli altri. Rimaniamo soli, melanconici e vulnerabili e peggioriamo le nostre condizioni mentali, diventiamo psicologicamente più deboli, indolenti, demotivati e privi di spinte motivazionali positive.

Gli animali, soprattutto quelli che vivono in libertà, le scimmie in particolare, non vivono mai nella deprivazione dei loro stati emozionali e delle loro sensibilità morali.