C’è una ripetizione costante negli articoli che ho scritto fino ad ora: parlo molto di parole, della loro importanza, la loro potenza. È qualcosa di astratto, di impercettibile, ma assolutamente vero: provare a prestare attenzione a come una sola parola può avere un impatto positivo o negativo sulle nostre relazioni umane, è davvero incredibile. Parlo però anche di silenzio perché sento che molte volte non c’è bisogno di usare tutte queste parole, o semplicemente solo lasciarle fluire, lasciarle attuare per quello che sono: parole. Mina cantava Parole parole parole.

Se parliamo di parole in poesia, ascolto molto dire che la poesia è difficile: “Io non leggo poesia perché non la capisco.” Sembra che si legga per obbligo, il dovere per forza comprendere tutto in questo mondo così immenso, ma credo, o meglio ho imparato a credere, che è proprio lì, in questa incomprensione, dove si trova una pace, una calma, una libertà perché ci sono tutte le alterazioni possibili e allo stesso tempo la quiete. Federico García Lorca diceva che “la poesia no quiere adeptos quiere amantes, non vuole seguaci vuole amanti”. E se quindi proviamo (e mi includo) a leggere senza nessun obiettivo, solo l’atto del leggere senza quell’aspettativa di trovare le risposte alle nostre domande, lasciandosi trasportare dalle parole, il piacere di pronunciarle, ascoltarne il suono e veramente con tutti noi stessi rimanere presenti alle sensazioni, alle immagini che nascono in noi con grande naturalità. Succede, lo posso assicurare. Si può prendere come un gioco, ma sono certa che possa aiutare alla scoperta di un mondo interiore.

La poetessa peruviana Blanca Varela è un perfetto esempio perché la sua poesia si può solo apprezzare così com’è. Poesia. Finisci di leggere Blanca e ti assale un sentimento di desolazione, dislocazione da un tempo e un luogo definito. È un sentimento amaro. Sembra di essere attraversati da qualcosa di misterioso, teso, profondo. Sì, una scrittura profonda, densa e oscura. C’è una dualità costante tra luce e oscurità, verità e menzogna e Blanca si colloca in questa tensione, in questa crepa.

Maschera di un qualche dio

Chissà questo silenzio dica qualcosa,
sia una lettera immensa che ci nomina e contiene
nella sua aria profonda.

Chissà la morte dietro a quel sorriso
sia amore, un gigantesco amore
nel cui centro ardiamo.

Chissà l’altra parte esista
e sia anche lo sguardo
e tutto questo sia l’altro
e quello questo
e siamo una forma che cambia con la luce
fino a essere solo luce, solo ombra.

(Da Luz de día (Luce di giorno).Versione di Stefano Strazzabosco)

Nel prologo di un’antologia pubblicata per la prima volta nel 1999 dalla casa editrice Visor, Como Dios en la nada (Come Dio nel nulla), José Mendéz usa questa frase per riassumere, se si vuole, la poetica di Blanca: “No el relámpago que ilumina y decora, sino el rayo que atraviesa, non il lampo che illumina e decora, ma il raggio che attraversa”. Ecco l’intensità è penetrante, ogni poesia che nasce dalle viscere di Blanca è pesante, la posso vedere stremata mentre scrive. Una poesia che lotta per difendere la verità e non mentire, è un’espressione pura del linguaggio, pura nel senso di naturale, non artificiale quando proprio la costruzione del poema porterebbe a una forma di menzogna che nasce dalla disperazione del non capire e che incamminerebbe lo scrittore nel sentiero della ricerca della verità. Una verità che però non ha nome, non si può definire.

Hasta la desesperación requiere un cierto orden.
(Perfino la disperazione ha bisogno di un certo ordine).

(Blanca nel poema Del orden de las cosas, Dell’ordine delle cose)

Y todo debe ser mentira
Porque no estoy en el sitio de mi alma. (E tutto dev’essere menzogna/Perché non sono nel luogo della mia anima).

(Conversación con Simon Weil, Conversazione con Simone Weil)

La poesia di Blanca “non spiega né ragiona” dice Octavio Paz, che l’aiutò nel suo processo creativo. Infatti, non c’è niente da capire né molto da dire. Nella prefazione di un libro bellissimo, Ese puerto existe (Quel porto esiste), il poeta e critico messicano dice che la poesia di Blanca “è un segno, un congiuro […], ma anche, un’esplorazione della propria coscienza”. La poesia di Blanca lascia spazio affinché il lettore possa muoversi dentro il suo magma poetico perché utilizza un linguaggio di fatto semplice, ma che rimanda ad un agitato abisso interno.

Puerto Supe

C’è la mia infanzia in questa costa,
sotto il cielo così alto,
cielo come nessun altro, cielo, ombra veloce,
nubi di spavento, scuro turbine d’ali,
azzurre case all’orizzonte.

Vicino alla grande dimora senza finestre,
vicino alle vacche cieche,
vicino al torbido liquore e all’uccello carnivoro.
Oh, mare di tutti i giorni,
mare montagna,
bocca piovosa della costa fredda!

Lì distruggo con brillanti pietre
la casa dei miei genitori,
lì distruggo la gabbia dei volatili piccoli,
stappo le bottiglie e un fumo nero scappa
e tinge teneramente l’aria e i suoi giardini.

Stanno le mie ore accanto al fiume secco,
tra la polvere e le sue foglie palpitanti,
negli occhi ardenti di questa terra
cui scaglia il mare il suo bianco dardo.
Una sola stagione, uno stesso tempo
di gocciolanti dita e alito di pesce.
Tutta una lunga notte tra la sabbia.

Amo la costa, questo specchio morto
nel quale l’aria gira come matta,
quest’onda di fuoco che abbatte corridoi,
cerchi d’ombra e cristalli perfetti.

Qui sulla costa scalo un nero pozzo,
vado dalla notte verso la notte fonda,
vado verso il vento che raccoglie cieco
pupille luminose e vuote,
o abito dentro un frutto morto,
quell’asfissiante seta, quel pesante spazio
pieno d’acqua e di pallide corolle.
Su questa costa sono quello che si sveglia
in mezzo a delle fronde d’ali scure,
quello che sta su quel ramo vuoto,
quello che non vuole vedere la notte.

Qui sulla costa ho radici,
mani imperfette,
un letto ardente dove piango solo.

Blanca non amava parlare di sé e della sua poesia. Amava invece dare consigli ed aiutare giovani scrittrici nella scoperta della loro di poesia: la sua casa era sempre un proliferare di donne e letteratura.