Aspettare l'alba nel mezzo della notte. D'inverno, di una stagione che, melanconica e dolorosa, sotto le bombe, tarda a finire, con il rischio di cadere nella trappola della loquacità e di sentire il peso di quelle altre parole, taciute. Tregua! Inno di Mameli. Memoria. Senso d’identità. Il 48 Hour Film Project è un evento internazionale il cui obiettivo è quello di realizzare un cortometraggio della durata massima di 7 minuti in 48 ore. Il Festival si svolge ogni anno in 150 città in giro per il mondo. Il film vincitore avrà la possibilità di essere proiettato al Filmpalooza, un altro grande evento per aspiranti registi. Il miglior cortometraggio alla fine viene candidato al Festival di Cannes, fra i più importanti al mondo.

È quello che fanno i sogni: obnubilarsi mentre il tempo ti sfila idee, parole e fiato, per poi riflettere in silenzio il giorno successivo, davanti a un cerino in una nicchia absidale col sigaro e del whisky. Mentre gli occhi strozzandosi inghiottiscono la realtà passata e trasformata, il buio gravido di luce all'arrivo di una nuova alba, perdute illusioni, quasi fosse un capitolo mai scritto di Honoré de Balzac.

Nel 2019 Luca Seretti si trova a Los Angeles, dove insieme al suo collega Mario Orazio Ruvio partecipano al Film Festival 48 Ore, come co-directors. Inoltre, Luca è il responsabile delle riprese, lavora al progetto come cinematografo e camera operator: cura l’immagine e manovra la telecamera. La prima sfida è quella di organizzare una crew professionale e grintosa; riuscendo a reclutare una crew di 70 ragazzi e ragazze, fra attori, make-up artists, hair stylists, personale davanti e dietro la telecamera.

Il nome che si danno è indicativo al coraggio che ci mettono: “The Gladiators”. Il coraggio è ciò che manca in chi, all'illusione di una vita, rimane privo di azione, solenne all'inchino e all'obbedienza. Luca Seretti, classe 1996, nato e cresciuto a Roma, da cinque anni a questa parte, vive il suo sogno di diventare cinematografo. Fra i suoi coetanei si è sempre sentito chiuso in una bolla, condividendo con loro le sue grandi ambizioni e obiettivi. Così, all’età di vent’anni lascia tutto e si trasferisce negli Stati Uniti. A 23 anni ha avuto la sua opportunità, partecipando al 48 Ore Film Festival, un festival di portata internazionale, che per molti simboleggia il trampolino di lancio per entrare definitivamente nel mondo del cinema.

Quella bolla in cui è cresciuto è normale che esplodesse, come è normale mutino le stagioni. Ma è altrettanto normale ritrovare i fiori di quei pensieri seminati in quel tempo scorrere sotto i nostri occhi mentre lo guardiamo su pellicola, nonostante le corse e questo tempo nevrotico.

Il film candidato prende il nome di Skit Row, una proposta di genere comico. Racconta la vita di 12 artisti homeless - senzatetto - che tutti insieme si rifugiano all’interno di un teatro abbandonato, dove ognuno di loro mostra la sua arte: chi fa l’attore, chi il giocoliere e chi il ballerino. Il turning point della storia è l’intromissione di un agente immobiliare, Joe, mandato dal suo capo per sfrattare i 12 clochards abusivi. Tutto un fraintendimento; i senzatetto non capiscono che lui è venuto per intimarli di sgomberare il teatro, e allora lo accolgono come uno di loro. Al momento della verità, l’agente Joe gli spiega perché si trova lì. La rabbia travolge i proprietari di casa.

I ragazzi hanno avuto 48 ore spaccate per consegnare un cortometraggio: 48 ore di fuoco, come Luca le definisce. In quel lasso di tempo, si dovettero cimentare nella stesura della sceneggiatura, passarla agli attori che la studiarono, mentre gli addetti all’estetica dei personaggi, si impegnavano nel creare abbigliamenti e acconciare gli attori. Concluso il cerchio della pre-produzione e scelta la location, è momento di girare; il tempo è poco, i due direttori in carica optano per la modalità “one take shot”, detta all’italiana “buona la prima”. Le ultime ore rimaste furono spese per la post-produzione, fra montaggio, digital effects e renderizzazione. È tutto pronto, le 48 ore sono finite e il progetto viene consegnato.

La trama. Suona il telefono. È quello di Joe e dall’altra parte della cornetta risponde il suo capo. Gli viene chiesto se il lavoro fosse stato concluso, ma ad un certo punto, il flusso di coscienza travolge l’agente immobiliare che da un momento all’altro, compatisce i dodici vagabondi. “[…] Il settore immobiliare denaro, ed è di questo che tratta la nostra arte[…]” (Real estate is money, and that's what our art is of), risponde il suo capo. Joe riattacca il telefono, non è più d’accordo con questa logica. Ha capito la bellezza del vivere con le persone vere, i riflettori si accendono sopra di lui, è il momento del suo provino, ma scoraggiato. Il cortometraggio si conclude con la frase cardine del festival: “If you never try, you’ll never know” (Se non ci provi, non lo saprai mai).

Alla fine, il cinema è innanzitutto narrazione, simbolo e significato, prima di set costosi, location inaccessibili e attori da red carpet. La loro è stata una produzione low budget, con a disposizione un massimo di 500$ messi insieme con una colletta. La realizzazione di un buon cortometraggio non è questione di grossi finanziamenti, ma di grandi idee e duro lavoro.

Luca e Mario optano per una cinematografia molto naturale, per velocizzare i tempi ed evitare tagli inutili in post produzione; mentre scelgono gli hard cut per i tagli necessari.

Il momento della verità arriva. A Los Angeles i competitor sono più di 300 e la proiezione si svolge a Down Town, al Regal Theatre di Los Angeles. Luca riesce a superare le prime selezioni, aggiudicandosi un posto fra i primi venticinque, riuscendo ad accedere alla proiezione finale al Chinese Theatre, sulla Hollywood Boulevard di Los Angeles. È come si vede alla televisione: c’è il red carpet, i fotografi che cercano il suo sguardo, vestiti raggianti e giornalisti alla ricerca di una dichiarazione.

Il cortometraggio è stato molto apprezzato, Luca vince 3 award su 7 nomination ricevute. Un vero e proprio traguardo, come racconta Luca, vedere il proprio film proiettato in due diversi cinema importanti a Los Angeles, vedere i propri nomi sul grande schermo – per un ragazzo che era partito con un sogno nel cassetto della grande Roma. Sembra, sussurra Luca, che la vita voglia darti certezza; sembra voglia dirti: “If you never try, you’ll never know”.