Si dice che pensare al futuro sia una prerogativa dell’uomo ma anche gli animali, perlomeno in modo istintivo, si preoccupano del loro futuro, basta osservare la riserva di nocciole che gli scoiattoli accumulano per affrontare l’inverno.

Chi di noi non ha un programma per il futuro? Molte delle nostre decisioni quotidiane sono prese in prospettiva di ciò che verrà: lo studio, il matrimonio, i figli, la casa, la carriera, la pensione. Pianificare anche solo le vacanze significa immaginare il futuro, darsi degli obiettivi e organizzarsi per realizzarli.

Il presente non è altro che il futuro delle generazioni che ci hanno preceduto o il passato di quelle che verranno. L’ambiente fisico e sociale, la conoscenza e la tecnologia di cui oggi disponiamo sono quelli che hanno costruito i nostri antenati e che noi lasceremo ai nostri figli. Sulle nostre decisioni pesa quindi una grande responsabilità dato che da loro dipende non solo il nostro modo di vivere ma anche quello delle generazioni a venire.

I profeti del giorno dopo

Da sempre l’uomo ha cercato la chiave per leggere il futuro e per molto tempo, profeti, oracoli e sciamani hanno avuto ruoli di prestigio nella società. Anche oggi del resto non è difficile trovare indovini, in genere più scaltri che preveggenti, che si guadagnano il pane (e anche più) contando sulla buona fede dei creduloni che si affidano alle loro profezie.

Quali sono i campi di ricerca destinati a cambiare il nostro modo di vivere? Come sarà la vita sulla terra fra 100 anni? Come si curerà l’uomo del futuro? Ci saranno nuove epidemie? Chi vincerà le prossime elezioni? Qual è il giorno più propizio per sposarmi? Diventerò ricco? Questi e infiniti altri interrogativi sono oggetto di previsioni da parte di scienziati, scrittori, futurologi e indovini, ma quale sarà davvero il futuro molto probabilmente nessuno lo sa, ne ragionevolmente si potrà mai sapere.

Del resto, guardando la storia è facile constatare quanto essa sia ricca di errori previsionali. Negli anni Trenta, per esempio, il presidente americano Franklin D. Roosevelt affidò ad un gruppo di scienziati il compito di prevedere lo sviluppo delle nuove tecnologie. Lo studio destò grande impressione nel pubblico. Peccato che non aveva previsto quasi nulla di ciò che poi ha cambiato il nostro modo di vivere: televisione, plastica, trapianti d'organo, laser, computer, per non parlare di internet e di intelligenza artificiale1.

In questo senso oggi non siamo molto più bravi di chi ci ha preceduto, visto che anche l’ultima pandemia, nonostante i proclami della nutrita schiera di profeti del giorno dopo, di fatto non è stata prevista o se prevista nulla è stato fatto per evitarla. D’altro canto, se i profeti fossero stati ascoltati e la pandemia evitata, le loro previsioni si sarebbero rilevate infondate. Paradossalmente per essere buoni profeti è necessario che la profezia sia ignorata o perlomeno sia resa pubblica il giorno dopo (preferibilmente durante un talk-show).

Determinismo, effetto farfalla e proprietà emergenti

Come si può facilmente intuire le previsioni sono molto precise nelle situazioni in cui gli eventi dipendono da rapporti lineari di causa-effetto cioè da leggi di tipo meccanicistico. In questi casi, infatti, conoscendo le condizioni iniziali degli elementi oggetto della previsione e le leggi che regolano le loro interazioni è possibile predire i diversi stadi in cui evolvono e dunque, il loro futuro. Per esempio, conoscendo posizione e velocità dei corpi celesti è relativamente facile calcolare con matematica precisione i loro spostamenti. Questo ragionamento, che sta alla base di ciò che abitualmente intendiamo per determinismo, è ben descritto dal famoso “demone di Laplace”, secondo il quale se conoscessimo tutte le forze che animano la natura e tutte le posizioni degli esseri che la compongono, futuro e passato sarebbero evidenti ai nostri occhi.

Le cose del mondo, tuttavia, non funzionano sempre in questo modo. In natura e nelle organizzazioni sociali predominano i sistemi complessi dove alle regole meccanicistiche si affiancano altre leggi che si richiamano ai principi della complessità. In questi casi le interazioni tra gli oggetti non sono riducibili a schemi di azione-reazione e piccolissime perturbazioni possono amplificarsi in modo esponenziale fino a generare in tempi più o meno lunghi effetti grandiosi e imprevisti: il famoso effetto farfalla. Ecco una delle ragioni per cui possiamo annunciare che il 29 luglio 2061 la cometa Halley passerà di nuovo accanto alla terra ma non siamo in grado di prevedere che tempo farà a Bergamo fra due mesi.

I sistemi complessi, inoltre, sono contraddistinti dal fatto che dalle interazioni tra gli elementi si possono manifestare in modo imprevedibile nuove proprietà collettive, dette emergenti. Tali proprietà sono l’espressione delle interazioni tra gli elementi del sistema e non sono deducibili dalle caratteristiche degli elementi interagenti. Pensiamo ad esempio ai pattern strutturali che si generano durante il volo di uno stormo di uccelli, alle fluttuazioni del mercato azionario, ai comportamenti collettivi che si riscontrano nelle organizzazioni sociali (dai formicai, alle città), allo sviluppo della coscienza o alla vita stessa7.

Tenuto conto che la realtà è di fatto costituita da sistemi complessi, le previsioni di lungo periodo, specie quelle relative ai fenomeni sociali, diventano pertanto molto aleatorie. Ciò anche perché con il crescere delle interazioni il mondo diventa sempre più complesso e per certi versi meno prevedibile. In altre parole: anche il futuro non è più quello di una volta!

Algoritmi e intelligenze artificiali

Predire il futuro non sembra quindi un compito facile, tuttavia adoperarsi per comprendere come potrebbero evolvere gli eventi non è una perdita di tempo. Tutt’altro. Oggi disponiamo di strumenti previsionali che ci consentono di delineare con sufficiente attendibilità i diversi scenari verso cui il sistema potrebbe evolvere, aiutandoci a riconoscere e assecondare i possibili sviluppi favorevoli o a mitigare quelli deleteri.

Ci sono molti modi per fare previsioni ma oggi il metodo più efficace è quello che si avvale di modelli matematici e di una serie di istruzioni (algoritmi) che utilizzano ingenti quantità di dati per descrivere l’andamento nel tempo di fenomeni complessi come l’evoluzione di una epidemia, le oscillazioni del mercato finanziario, i cambiamenti climatici o i comportamenti delle persone2.

La capacità predittiva di tali modelli si basa sulla singolare scoperta che dall’interazione di un numero molto elevato di elementi, indipendentemente dalle caratteristiche degli elementi coinvolti si generano comportamenti che rispondono a modelli ripetitivi e quindi predicibili. In altre parole, osservati su scale macroscopiche piante, animali, cellule o molecole perdono le loro caratteristiche individuali e si trasformano in atomi sociali. Un fenomeno già descritto in modo sapiente nel capolavoro letterario di Isaac Asimov dedicato al ciclo della Fondazione e che i nuovi indovini digitali, meno prosaicamente sfruttano per manipolare i gusti, le simpatie, le inclinazioni e le opinioni delle persone che utilizzano il web, costruendo imperi economici e di potere finora inimmaginabili3.

Negli ultimi anni, grazie alla scoperta delle leggi che caratterizzano il funzionamento dei sistemi complessi e al progressivo incremento della potenza di calcolo, gli strumenti predittivi basati sull’apprendimento automatico (machine learning) si sono molto affinati e oggi sono impiegati con successo in tantissimi settori della società: economia, finanza, politica, salute, trasporti, consumi, sicurezza, scuola, lavoro, ecc.

Nello stesso tempo, però, hanno stimolato vivaci discussioni sui limiti, l’affidabilità e i pericoli insiti nella loro espansione. In primo luogo, perché i criteri attraverso i quali le “macchine” giungono ai risultati sono spesso sconosciuti e indecifrabili anche per gli stessi programmatori (effetto scatola nera). Secondariamente perché piccolissime variazioni nei valori o nelle dinamiche delle variabili prese in considerazione possono amplificarsi in modo esponenziale fino a produrre errori grossolani con conseguenze imprevedibili e devastanti. Poi perché le elaborazioni si basano su dati del passato, e ci lasciano quindi completamente indifesi di fronte agli eventi che Nassim Taleb chiama cigni neri, cioè le situazioni che nessuno è in grado di prevedere e che sono destinate a cambiare repentinamente il corso della storia4. Infine, ed è questo il pericolo più grande e inquietante, perché questi strumenti concentrano su una piccola minoranza di persone un potere immenso, dando loro la possibilità di manipolare a proprio vantaggio e in modo occulto, la vita e i comportamenti individuali di milioni di persone.

Foresight e horizon scanning

Un altro modo per individuare le innovazioni destinate ad avere un impatto significativo sulla comunità è il cosiddetto “horizon scanning”, ossia l’esplorazione sistematica delle scienze applicate, sociali, economiche e naturali, allo scopo di individuare con un certo anticipo le opportunità e i rischi che si celano alla periferia di ciò che si conosce e mettere in atto le eventuali iniziative di prevenzione, sviluppo e controllo5. L’horizon scanning non si prefigge di descrivere con precisione specifici eventi, bensì di esplorare ciò che va oltre il senso comune, cogliere i segnali di cambiamento che vale la pena di approfondire e disegnare un insieme di possibili scenari futuri. A questo fine si possono prendere in considerazioni le linee di ricerca in corso, le tecnologie già disponibili ma non ancora d’uso comune, le pubblicazioni scientifiche, i campi d’investimento, i trends dei consumi, i pareri di esperti autorevoli, le fonti governative, i blogs, le previsioni dei futuristi.

Si tratta cioè di disegnare una sorta di mappa delle conoscenze e delle tecnologie verso le quali concentrare interessi ed investimenti, in modo da orientare le decisioni verso le alternative più vantaggiose e scongiurare gli effetti più deleteri. Per esempio, vi sono fenomeni che non possiamo fare a meno di considerare con grande attenzione, primo fra tutti l’incremento del fabbisogno energetico e il progressivo riscaldamento terrestre, con il corteo di eventi catastrofici che lo accompagnano: epidemie, conflitti, migrazioni, desertificazione, penuria di acqua potabile, fenomeni metereologici estremi. Sul piano sociale dovremo fare i conti con inarrestabili flussi migratori, con la crescita demografica, l’invecchiamento della popolazione e la sua concentrazione in megalopoli composte da decine di milioni di abitanti. In ambito sanitario, oltre all’eventualità di nuove pandemie e ai problemi legati alle antibiotico-resistenze, dobbiamo considerare lo sviluppo che potranno avere l’ingegneria genetica, i vaccini, la medicina di precisione, la rigenerazione di organi e tessuti, la telemedicina, i sensori indossabili capaci di monitorare a distanza parametri biologi e stati emotivi. Non possiamo fare a meno, infine, d’immaginare come saranno trasformate le nostre vite (lavoro, istruzione, trasporti, creatività, tempo libero, stili di vita), con lo sviluppo e la disseminazione di tecnologie di cui già oggi usufruiamo e di cui percepiamo le straordinarie potenzialità come: la robotica, l’intelligenza artificiale, le nanotecnologie, l’internet delle cose, l’informatica quantistica, ecc. 6

Previsioni sì, ma con giudizio

Sebbene a lungo termine il futuro resti sostanzialmente indecifrabile, le nostre capacità previsionali si sono molto affinate negli ultimi anni ed è chiaro che oggi affidare la nostra vita e il destino delle organizzazioni e della società al caso, all’inerzia o alla pressione di fattori contingenti, sarebbe poco saggio. Senza affacciarsi al futuro, esplorare nuove strade e scegliere una direzione di marcia non c’è possibilità di sviluppo. La capacità di prevedere l’andamento di fenomeni complessi come un’epidemia, d’immaginare nuove tendenze o di riconoscere i settori più promettenti nel campo delle scienze o dei costumi rappresenta un compito impegnativo ma irrinunciabile, soprattutto per chi detiene responsabilità decisionali.

Ciò non significa che bisogna pianificare con meticolosa attenzione ogni dettaglio della nostra vita o dell’organizzazione in cui lavoriamo. Programmi troppo precisi possono trasformarsi in gabbie organizzative e comportamentali dentro le quali risulta poi difficile muoversi. Regole troppo vincolanti limitano le possibilità di scelta, inibiscono l’innovazione e riducono le opportunità di adattamento alle mutevoli ed imprevedibili esigenze del contesto. Per questi motivi occorre definire un’agenda delle questioni strategiche ma nel contempo essere pronti a gestire situazioni nuove e impreviste e a ricalibrare periodicamente le previsioni, che se pur accurate non sono mai infallibili.

Ricordiamoci che un certo grado d’incertezza è ineliminabile, che il futuro resta in larga misura inconoscibile e che la vita può riservarci sempre qualche inconveniente ma anche qualche bella sorpresa che bisogna però essere in grado di riconoscere.

Insomma, fare previsioni è un esercizio utile purché sia chiaro che il futuro non è predeterminato e neppure il luogo dell’immaginazione ma il risultato di ciò che contribuiamo a plasmare e costruire giorno dopo giorno.

Note

1 Franklin D. Roosvelt: Statement on a Report by the National Resources Committee. July 12, 1937.
2 Vespignani A: L’algoritmo e l’oracolo. Il Saggiatore, 2019.
3 Buchanan M: L’atomo sociale. Mondadori, 2008.
4 Nassim Nicholas Taleb: Il cigno nero. Il saggiatore Milano 2008.
5 Futures, Foresight and horizon Scanning. Gov.UK.
6 Al-Khalili J: Il futuro che verrà. Bollati Boringhieri, 2018. 7 Minati G: Parole di sistemica. Quaderni dell’AIEMS 2021.