Dalle antiche grotte nelle quali siamo state a lungo nascoste si esce alla luce ed è una bellezza fisica, potente quella che inonda lo spazio, un respiro liberato da ancestrali paure, rinnovato e reso forte da una nuova consapevolezza, da un nuovo coraggio, il coraggio di essere divenute ciò che siamo, di avere risposto alla nostra anima, di aver cercato di essere donne intere. Lì, in questa danza di vita, c’è un’altra me stessa che ho lasciato e saluto con amore. Il tempo è trascorso veloce e abbiamo sognato il sogno della giovinezza. Ora voglio accogliere con benevolenza ed emozione questa donna che mi somiglia ma che non riesco ancora a riconoscere. Sono curiosa di incontrarla, di danzare con lei, di visitare altri mondi insieme a lei, universi da alimentare con altra linfa.

Siamo riuscite a prendere contatto con uno spazio vasto e profondo dentro di noi, uno spazio ancora in gran parte inesplorato, capace di suscitare meraviglia e desiderio, di inoltrarsi nelle sconfinate regioni del nostro sentire originario, del nostro vedere oltre il visibile in una continua scoperta della nostra appartenenza, della nostra consonanza con l’archetipo del Femminile. Riunite in un invisibile cerchio ci siamo aiutate a scoprire la possibilità di accedere ad un luogo profondo che è fonte di guarigione, che è in rapporto alla capacità femminile di dare la vita.

Imparando a frequentare quel territorio anche attraverso la potenza della parola sacra abbiamo avuto la possibilità di eliminare vecchie cose, di far emergere emozioni e memorie ancora incombenti sul nostro animo, di purificarci da vecchie paure e da risentimenti, di ritrovare tracce che siamo riuscite a riconoscere e ci hanno aiutato a procedere: lì abbiamo sentito il contatto con l’universo. Siamo state capaci di attingere alla fonte lieve e potente della bellezza che sento il bisogno di ritrovare in ogni cosa. Ed è con questa forza che riusciamo ora ad incunearci nella sofferenza delle cose per creare punti d’armonia nei quali ritrovare il piacere di parlare dolcemente, di immaginare, di coltivare la fantasia, di respirare nel vento.

Siamo in grado di ritornare in quella dimensione nella quale albergano la pazienza, l’accoglienza e l’amorevolezza. Sento la gioia di riconnettermi alle radici del femminile. La connessione con il tessuto vivo e potente del nostro sapere, del nostro sentire antenato si esprime nel gesto, si manifesta nella forma del pensiero che si apre a dimensioni benefiche, colme di un sentire materno che tocca il cuore, che lascia a riposo la mente che pensa, e ci conduce nel sentire e nella purezza d’animo.

Il parlare attraverso il gesto ancor prima che con la parola è una delle nostre modalità: accogliere, accarezzare, rincuorare, proteggere, avvolgere, contenere, ascoltare, curare sono tutte espressioni di quel linguaggio emozionale che ci permette una comunicazione che va oltre la diversità della lingua per ricostruire una sorta di alfabeto del cuore. Ho compreso cosa significhi il diverso modo di comunicare e direi anche di conoscere che ci accomuna nella forma del cerchio anziché della piramide e che diviene anche un nostro modo di incontrare le altre, gli altri e di condividere la nostra umanità.

È importante la consapevolezza di questa attitudine, di questa modalità perché ciò ha a che fare con la mancanza di giudizio, di confronto. È uno scambio di sentire, un bisogno di raccontare il proprio essere nelle cose, di incontrare e talora anche di accudire attraverso il contatto, la vicinanza. Noi abbiamo un altro modo di entrare in comunicazione con la nostra interiorità così come con il mondo, che sta fuori di noi, ma dal quale non siamo separate. Ho imparato a non avere paura di tuffarmi nell’acqua del Femminile Ancestrale e lo faccio ogni volta che ho bisogno di immergermi in quella profondità che è al tempo stesso mistica e intensamente corporea così da trovare un equilibrio tra il desiderio di abbandonarmi al vuoto della mente e il richiamo a tornare nel mondo con pienezza.

Ho compreso quanto ci appartengano la flessibilità così come la ciclicità: sono immagini importanti attraverso le quali lasciamo affiorare il nostro terreno simbolico. Pensare al mutamento, al cambiamento come espressioni di quella ciclicità che accompagna l’intera nostra vita e che ci congiunge mirabilmente alla potenza lunare mi ha fatto vedere le cose con nuovi occhi e così è stato per altri miei atteggiamenti che ho interpretato e talora imparato ad amare grazie ad una visione delle cose che si è spalancata al mio sguardo, grazie all’ascolto del nostro essere espressione del Femminile Divino. Entrare nella vasta casa della Madre Antica per incontrare l’ancestrale è approfondire la conoscenza del nostro sé, è prendersi cura delle nostre zone più oscure ed è grazie a questa pratica che abbiamo anche potuto incontrare le fonti delle nostre paure, gli stretti nodi della nostra rabbia, del nostro dolore antico, ma anche di frequentare il perdono e la misericordia, di vedere la forza della compassione.

Abbiamo ritrovato la capacità di entrare nelle cose attraverso l’esperienza. Conosciamo l’intuizione e questo rende più intensa la nostra capacità percettiva: abbiamo accettato di affidarci alla “voce” interiore. Nei nostri viaggi nell’Altrove abbiamo sentito tante volte la voce della Grande Madre, tante volte abbiamo incontrato l’abbraccio del suo corpo e abbiamo così imparato ad ascoltare le sue parole, ad accoglierle come un dono prezioso, a farcene depositarie.

Sono le nostre impronte originarie quelle sulle quali dobbiamo lavorare ogni giorno così da ritrovare sempre la nostra identità Da qui ha preso le mosse un paziente e minuzioso lavoro di ricucitura di emozioni e sentimenti che vagavano come forme irrequiete, talora anche poco definite e riconoscibili con chiarezza così da riuscire pian piano a dar loro quiete.

Noi conosciamo l’oscurità perché la potenza del Divino femminile sta nel buio e siamo dunque capaci di abbandonarci con fiducia ad essa ed è così che siamo in grado di andare oltre la paura e credo anche di aiutare altri a spingersi nel mare profondo dell’archetipo. Sono le nostre impronte originarie quelle sulle quali dobbiamo lavorare ogni giorno così da ritrovare sempre la nostra identità, un nostro metodo per affrontare le cose. Dunque c’è un nostro segno che rivela l’appartenenza alla “stirpe” spirituale del Femminile che identifica il nostro essere parte del tutto antenato, ma che, al tempo stesso, dà a ciascuna la forza creatrice per esprimere secondo le proprie attitudini quella appartenenza.

Siamo abituate a trasformare gli elementi, a mischiare gli ingredienti e questo è un nostro “segno” che possiamo utilizzare per restare diverse pur nella identità sorella: mai una torta è uguale all’altra pur con la medesima ricetta! E così è stato e sarà anche per noi che da questa esperienza condivisa rinasciamo come una nuova tessitura con una parte di noi che si consolida, si fa più consapevole e un’altra parte che si scopre come nuova, che ha voglia di mettersi alla prova, di offrirsi proprio come una gustosa torta che con grande amore ognuna ha preparato. L’arte dell’impasto e la nostra lunga abitudine all’uso del fuoco ci rendono capaci e abili nella trasformazione. E se questo vale nel mischiare gli ingredienti “materiali” vale anche per la nostra abilità nel trasformare la materia sottile attraverso i gesti che ci appartengono come le carezze o l’abbraccio o il dono. Noi sappiamo mescolare e cucinare elementi per ottenere qualcosa di buono.

La materia si trasforma attraverso l’imposizione delle nostre mani attraverso il calore che esce da noi con il tocco. Abbiamo ritrovato la nostra capacità di nutrire attraverso la gentilezza, ma abbiamo anche riscoperto il grande valore della determinazione che sappiamo mettere nelle cose e della costanza che è forza d’animo, resistenza, stabilità: un grande aiuto nell’affrontare gli ostacoli che, grazie al nostro cammino di formazione, abbiamo imparato a considerare come un antidoto che ci abitua a rafforzare la capacità di entrare in consonanza con il ritmo delle cose.

Affrontare l’ostacolo avendo il coraggio di mostrare la nostra debolezza, di fare i conti con i nostri limiti e con la paura che abbiamo di non poterli superare. Del resto l’antidoto era anche un modo per abituare il corpo ai veleni e allora vien da dire che è un mezzo che ci appartiene dal momento che ogni giorno noi donne siamo state e siamo minacciate dal veleno della violenza, dell’indifferenza, della sopraffazione eppure abbiamo imparato a sopravvivere grazie alla nostra quotidiana dose di compassione, di benevolenza, di misericordia, di serenità e amore. Noi conosciamo l’arte dei farmaci per l’anima oltre che per il corpo. Parlare di sapere ancestrale è parlare di una saggezza che ci viene da tutti coloro che ci hanno preceduto, prime fra tutti le Antenate che hanno lasciato le loro tracce sul cammino perché potessimo ritrovarle e farne farmaco, rimedio, protezione e difesa.

Siamo noi le Nuove Antenate Noi che abbiamo incontrato grandi occhi spalancati sulla paura Noi che abbiamo sentito le nostre voci vacillare sotto i colpi della crudeltà Noi che abbiamo visto i nostri figli cadere nel vortice di vite scontornate dal dolore Noi che abbiamo sentito il battito dei nostri cuori segnati da rughe invisibili Noi che abbiamo lasciato che i nostri capelli diventassero grigi, del colore della vita Noi che abbiamo ritrovato il piacere di guardare un tramonto e conservato una voce che sa piangere di gioia Noi che conosciamo la sapienza antica che legge le carte

Noi che abbiamo ancora i capelli neri a ricordare la gloriosa memoria del passato Noi che abbiamo ancora lunghi e folti capelli divenuti bianchi come illuminati dai raggi lunari infilati di lampi d’argento Noi che abbiamo raccontato e messo in scena la paura. L’abbiamo vestita con il nero del lutto e con il rosso della follia, le abbiamo dato una voce che la rendesse riconoscibile, gridata per aiutare altri a comprendere per aiutarli a non farla essere assoluta sovrana Abbiamo spalmato il rosso sui capelli come le antiche donne d’oriente: rossi come il fuoco che alimenta la nostra mai sopita passione Siamo noi le Nuove Antenate che svelano la via per abbracciare il bene.