È una bella mattinata, sono le 8:35. Caffè pronto, bambini a scuola, piatti reduci della sera prima già a lavare nella lavastoviglie e casa pulita. Intorno c’è pace e abbastanza silenzio, nella media per essere al centro. Chiedo ad Alexa di mettermi della musica classica così posso cominciare a lavorare, ma prima apro le finestre alle due estremità della stanza per far entrare un po' del tepore del mattino. È tutto pronto, accendo il computer e sento che questa sensazione di benessere ha portato al mio fianco la signora ispirazione, necessaria per scrivere. Ma cos’è questo rumore?

Controllo sul display di Spotify che non sia Alexa ad aver messo “Il volo del calabrone” di Nikolaj Andreeva Rimskij-Korsakov. No, è decisamente Bach. Quindi mi volto verso la finestra e vedo un’ape, con il suo ronzio che mi impedisce di mettere mano alla tastiera. Mi avvicino, cerco di capire che vuole. Magari vuole assistere, ho letto da qualche parte che gli animali amano l’arte.

Però mi sa che erano le mucche che, ascoltando Mozart, producevano più latte. Allora che cerca? Ora sembra fermarsi, mi guarda, mi sta chiaramente sfidando. Intravedo un sorriso beffardo. «Cosa c’è?» sembra dire «Sei infastidito dal battito continuo delle mie ali? O forse hai paura che ti possa pungere?».

Decisamente sono entrambe le cose a turbarmi!

Smette di guardarmi e ricomincia questo assurdo processo che la porta a sbattere continuamente sul vetro.

Studio un po' la situazione, sembra innocua, semplicemente si sarà persa.

Torno a sedermi, bevo un altro goccio di caffè, ma quel ronzio… ormai non sento neanche più la musica sotto.

C’è solo quel dannato ronzio!

Ok, cerchiamo di risolvere le cose da uomo a uomo, più o meno…

Mi avvicino, la osservo, apro l’altra anta della finestra. Niente! Continua ossessivamente a sbattere sullo stesso vetro. Un po' più su, un po' più giù. Si ferma. Riparte.

Mi torna in mente un articolo che parlava del fatto che la nostra sopravvivenza dipende dalla presenza delle api sulla terra. Ci rifletto. Ma veramente il nostro futuro dipende da questi insetti idioti che non capiscono neanche che 20 cm più in là c’è una cazzo di porta/finestra 2 metri per 1, così può volare fuori ed andare a fare i fatti suoi?

Fa sempre lo stesso movimento. Decido che è innocua e mi siedo.

Sorso di caffè.

Mani sulla tastiera e posso iniziare a scrivere.

Ma quel ronzio…

E se mi volesse pungere?

No, non ha senso morire per una semplice puntura che mi darebbe prurito per un giorno e nient’altro.

E se fosse un’ape kamikaze?

E se gli piacesse semplicemente rompere i coglioni?

Mi alzo di nuovo e mi avvicino. Ora è ferma, sembra guardarmi. Stavolta non sorride, forse è triste.

Forse semplicemente non vuole tornare a casa, magari ha litigato con la moglie. O magari ha i figli che vanno male a scuola. I debiti? Forse? Chissà, potrebbe avere i figli che si drogano e non vuole affrontare la situazione oppure, peggio ancora, ha la suocera ape a casa… Continua a fissarmi, ora che ci penso sembra più affusolata. Forse è una vespa. Probabilmente è offesa del fatto che l’ho definita ape e c’è acredine tra i due insetti. Un po' come quella tra carabinieri e poliziotti…

«No no, sono un’ape!» sembra dire con aria di sfida.

«Mi dici che vuoi da me? Non ho mai usato farine di insetti! Che vuoi?» Mi fissa, mi scruta, mi giudica. «Io manco me lo mangio il miele che poi mi fanno male i denti!». Mi ritrovo a gridare verso questo essere insignificante. Mi giro e vedo la signora che abita di fianco a me, affacciata alla finestra, che mi guarda in un modo tra lo schifato ed il curioso. Le sorrido, chiude velocemente la finestra.

Torno a guardare l’ape, ora sembra inebetita. Ricomincia a sbattere sul vetro, poi si ferma e mi guarda.

Non è che è ha preso una dose di nettare tagliato male?

Ora basta!

Chi è in cima alla scala alimentare? Chi ha creato il Colosseo? La scienza e la tecnologia, la filosofia, la matematica, Facebook? Quindi con un gesto di orgoglio prendo uno straccio e cerco di colpirla per fargli vedere chi è che comanda, e poi se vuoi stare qui almeno contribuisci con la quota dell’affitto!

Me la vedo piombare addosso. Ora sento il ronzio tramutarsi in un rombo, colpisco il nulla con lo straccio, mentre fuggo nella stanza vicino chiudendo la porta del mio studio.

Sono le 16:43. Sento sbattere una porta in fondo al corridoio. Può aver imparato ad aprire e chiudere le porte? Vengo salvato da una voce angelica femminile che dice: «Sono io». Sento aprire la porta, lei mi trova seduto per terra, abbracciato alle mie gambe con gli occhi sbarrati e dondolare in una tiritera infinita. Mi guarda, mi saluta ed entra nella stanza incriminata, come se fosse abituata alla mia pazzia. Io chiudo gli occhi aspettandomi il peggio. La sento tornare nella stanza rifugio e dire: «Oh ma che è successo di là?».

Mi alzo e la seguo. Nel mio studio c’è disordine, libri buttati per terra, scarabocchiati, sedie cadute, quadri sottosopra e poi noto la cosa più inquietante di tutte. Vicino al mio pc acceso c’è la tazzina con ancora la metà del caffè rimasto stamattina, con quello che sembra una piccola cacata all’interno galleggiare, ma soprattutto lo schermo del computer con il foglio bianco e la scritta in grassetto: tornerò!

Una volta Einstein disse: “Se l'ape scomparisse dalla faccia della terra, all'uomo non resterebbero che quattro anni di vita”. Ok Albert, ma sarebbero i 4 anni più belli della mia vita!