Nei torridi pomeriggi estivi domenicali altoatesini, per chi non è riuscito a svegliarsi presto per intraprendere un trekking in alta montagna di alcune ore, c'è una soluzione: una bella passeggiata in un waalweg. Ma cos'è esattamente un waaleweg? Come dice la parola stessa è un sentiero della roggia, dal tedesco waal (canale, roggia) e weg (via, percorso, sentiero) o più poeticamente o turisticamente definito la “via dell'acqua”.

Chiaramente il waalweg è strettamente collegato a un canale d'acqua, anzi possiamo dire che prima veniva costruito il corso d'acqua e in seconda battuta il percorso adiacente. Non può esistere quindi un waalweg senza waal. I waale venivano costruiti dai contadini delle valli per assicurare un regolare apporto d'acqua alle coltivazioni soprattutto nella stagione estiva. Questa rete di canali, infatti, porta l'acqua con una leggera pendenza dai ghiacciai alpini o dai maggiori fiumi ai frutteti e ai vigneti presenti nel fondovalle. I waale possono essere semplicemente scavati oppure essere rivestiti con pietre o cemento per evitare all'acqua di erodere il terreno. Nei più antichi l'acqua scorre nel legno di larice intagliato e nei tratti più angusti la condotta viene legata tramite corde alla parete rocciosa. Il sistema di irrigazione è semplice e viene regolato da turni prestabiliti: l'acqua scorre dal canale principale a quelli secondari raggiungendo tutti i campi, poi tramite l'uso di paratie si fa in modo che esondi attraversando le coltivazioni o che raggiunga piccoli invasi di stoccaggio dai quali prelevare, in un secondo, momento l'acqua.

Ma da quando i valligiani hanno iniziato a usare questo metodo? Secondo Gianni Bodini, il più noto studioso di questo argomento, dal XV secolo vi fu un forte sviluppo di questa tecnica nell'area alpina ma le prime testimonianze risalgono già al XII secolo. Il termine Waal si trova infatti in un documento del 1136, dove si legge aquale quod dicitur wal. Inoltre nei libri contabili di Mainardo II viene citata la presenza a Castel Tirolo di un Wallaer (l'addetto alla manutenzione del Waal) e di un Wazzaer (l'addetto alla distribuzione dell'acqua). Queste figure erano elette e stipendiate tramite derrate alimentari dai contadini stessi e dovevano essere disponibili 24h su 24h per garantire il corretto funzionamento del sistema. Proprio per facilitare la manutenzione e la sorveglianza dei canali veniva spesso costruito un weg, un sentiero pedonale la cui larghezza non supera mai il metro e mezzo. Un sistema simile al waalweg si ritrova anche in altre zone dell'arco alpino denominati Lez in Val di Non, Lec in Val di Sole, ru in Val d'Aosta, Suone o Bisses nel cantone Vallese.

Oggigiorno in molte zone, l'irrigazione delle coltivazioni viene fatta in maniera meccanica e molti Waalweg sono scomparsi in seguito all'abbandono. Da alcuni anni però, la Provincia Autonoma di Bolzano ha avviato un programma di recupero e di valorizzazione dei canali e dei relativi percorsi. Oggi i Waalweg, oltre che essere riutilizzati per l'approvvigionamento idrico, sono diventati percorsi solcati dai numerosi turisti che visitano il territorio. Sono sentieri percorribili da tutti grazie alla loro pendenza molto limitata e molto scenografici. Sono paesaggisticamente interessanti in quanto si alternano meleti e vigneti a piccole macchie boschive ombrose e non mancano curiose incursioni nei cortili e nei giardini delle case contadine (come nel caso del Waalweg di Maia Alta nei pressi di Merano) e, non di meno, molto rilassanti in quanto i passi sono sempre accompagnati dal piacevole scorrere dell'acqua.

Uno dei Waalweg più noti e, a mio parere, più scenografici è il Waalweg di Marlengo che con i suoi 13 km è anche il più lungo dell'Alto Adige. Costruito fra il 1737 e il 1757 dai monaci certosini per contrastare la siccità che colpiva i loro vigneti presso il maso Goyenhof, il canale pesca l'acqua dal fiume Adige presso Töll e sfocia nella gola del Raffein presso Cermes. Il percorso si snoda fra la linea di demarcazione che divide il bosco di castagni dai meleti che si perdono a vista d'occhio sulla valle. Questo continuo entrare nel bosco, immersi fra gli alberi, all'ombra e poi riemergere fra gli assolati meleti, è accompagnato dai rintocchi di una campana che scandisce i passi. Il mistero di cosa sia e da dove arrivi questo suono si risolve quando ci si imbatte in una costruzione in sasso con una Waalschelle, una piccola ruota idraulica muove un braccio che, a sua volta, suona una campanella. Questo meccanismo serviva da vero e proprio allarme naturale: fino a che si sentiva il suono significava che l'acqua scorreva regolarmente ma appena il suono si fermava il Waller interveniva immediatamente per ripristinare il flusso.

Il waalweg di Marlengo si percorre in due orette ed è perfetto per una gita pomeridiana, ma, se si vuole strutturare un weekend lungo all'insegna dei Waalwege, ci si può immergere nei sentieri d'acqua meranesi che uniscono tra loro 11 sentieri delle rogge per un totale di 80 km da percorrere nei dintorni di Merano. Il percorso è divisibile in 8 tappe e, immersi fra i meleti, si ha la possibilità di passare dalla Val Passiria alla Val Venosta accompagnati dal piacevole scorrere dell'acqua. Anche i paesaggi, o meglio, i punti di vista cambiano: per esempio il sentiero di Scenna si sviluppa a mezza costa, mentre il sentiero con partenza da Tell rimane per un buon tratto nel fondovalle.

Lungo i percorsi dei waalwege con il tempo, per rispondere alle esigenze turistiche, sono sorti anche molti posti di ristoro: oltre a strutture più codificate in cui fermarsi per un tagliere di speck o una fetta di strudel, molti contadini ogni mattina allestiscono dei piccoli banchetti con mele, succo di mela, biscotti e marmellate home made. Tutto si basa sulla fiducia: ci si può servire e lasciare il denaro in un'apposita cassettina...e il contadino? Nel meleto ovviamente, tornerà solo al tramonto per smontare il banchetto.

Come avrete capito i Waalweg sono un ottimo modo per scoprire e immergersi nel territorio altoatesino e, soprattutto, sono un ottimo esempio per riflettere e far capire anche ai più piccoli l'importanza di un uso sapiente di una delle risorse più importanti: l'acqua. Percorrendoli si capisce quanto l'affermazione “acqua è vita” per un territorio come questo sia reale: qui primo e terzo settore attingono dalla stessa fonte.