Nel 2021 ricorrevano i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri e dirottai la mia passione per la composizione su musiche che avessero un’attinenza con il poeta fiorentino. Parte di questo lavoro nacque oltretutto per essere inserito come colonna sonora nel docu-film Carte scoperte: sguardi su Dante (con la regia di Corrado Vallerotti) promosso dal comune piemontese di Verzuolo e dedicato ai frammenti di un codice dantesco conservati presso gli archivi del palazzo municipale e oggetto di un importante convegno di studi curato dal prof. Donato Pirovano, al tempo docente di filologia dantesca all’Università di Torino.

La ricorrenza mi trovò coinvolto in un’altra attività e mi misi a collaborare con il musicologo Diego Ponzo e con il liceo classico di Saluzzo a un progetto teatrale, sempre legato a Dante, il cui simpatico titolo sarebbe stato VianDante, e avrebbe necessitato altresì di musica originale. Il semplice passatempo iniziale si era trasformato in un serio lavoro da completarsi nell’arco di pochi mesi. L’interrogativo principale che mi posi prima di buttare giù qualunque idea fu come conciliare una melodia con l’opera o la vita del poeta, così da creare un nesso concreto e non solo un vago legame di ispirazione o di suggestione. La prima idea mi fu suggerita dalla parola ‘viandante’ la quale rimanda a un percorso zoppicante, faticoso, come lo fu quello dell’esilio e della peregrinazione umiliante dell’Alighieri, e si risolse nella composizione di un pezzo per pianoforte (Su Dante) che ne rispecchiasse l’andamento ma che contenesse già un riferimento inequivocabile al nome stesso del poeta.

A tal proposito sfruttai una tecnica, nota già alla musica antica, che consiste nella trasformazione della lettera alfabetica in nota con il principio associativo A = Do; B = Do#; C = Re, etc. Così facendo il nome Dante è stato mutato nella sequenza

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mentre il nome Alighieri suonò così:

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Queste sequenze sono diventate la base armonica per nove variazioni melodiche eseguite con strumentazione elettronica, in parte un omaggio alla musica classica rinnovata da Wendy Carlos ma anche una esplicita volontà di contrasto con le tematiche medievali trattate nel film. La sonorizzazione del nome Dante fu trasformata anche visivamente nel logo multimediale a sostegno delle celebrazioni verzuolesi (l’arrivo di ogni lettera dal fondo dello schermo è costituita dalla sua nota corrispondente) mentre quella del cognome pensai di trasformarla in una suoneria per il telefonino. Rimaneva però da completare la parte più ambiziosa, cioè far sì che i versi di Dante, e non solo il suo nome, trovassero una loro melodia. Lo spunto iniziale doveva essere quello di procedere con la scrittura della musica sulle parole di un testo breve, un sonetto o uno stralcio tratto dalla Divina Commedia. Poi il ricordo del passo del Purgatorio (‘Amor che ne la mente mi ragiona’ / cominciò elli allor sì dolcemente, / che la dolcezza ancor dentro mi suona. / Lo mio maestro e io e quella gente / ch’eran con lui parevan sì contenti, / come a nessun toccasse altro la mente. Pg. II 112-117) in cui Dante incontra il suo amico Casella mi ha condotto verso la canzone Amor che ne la mente mi ragiona presente nel Convivio.

Si tratta di una lode della donna, in questo caso simbolo della Filosofia, scritta una decina d’anni prima della stesura del trattato filosofico in cui è inserita e adattata dal poeta in modo allegorico per l’occasione. Dante la citerà oltretutto come esempio di perfezione formale considerandola eccellente per sintassi e stile (De Vulgari Eloquentia, II, VI, 6), unico stile adatto per una canzone illustre. Il fatto che, con molta probabilità, l’amico Casella ne abbia musicato il testo mi sembrò essere un elemento importante di continuità tra quel mondo e il nostro: attualizzare un brano con la riscrittura della sua musica fa mantenere allo stesso un piede nel passato, grazie alle parole, e uno slancio di innovazione.

In realtà di Casella quasi nulla sappiamo se non che morì prima della primavera del 1300 e che forse fu fiorentino. Oltre al riferimento dantesco nel Purgatorio, si può desumere la sua attività di musico da una nota contenuta nel Codice Vaticano 3214 a lato di un madrigale: “Lemno da Pistoia. Et Casella diede il sono”. Sta di fatto che a oggi la sua musica non è stata rintracciata. Come avrà scritto la sua musica? È pensabile che lo stesso Dante vi abbia messo mano? Ovviamente non c’è e non può esserci risposta in mancanza di fonti documentarie precise; l’ipotesi di un’istruzione musicale da parte di Dante non è da escludersi, soprattutto considerando l’importanza che il quadrivio aveva al suo tempo. Non per ultimo le dotte considerazioni musicali che si trovano sparse qua e là nella Commedia e che enucleano riferimenti alla questione della musica delle sfere, con tutto il sostrato di riferimenti alla musica mundana che fa presupporre una conoscenza (anche indiretta) del De Institutione Musica di Boezio.

Per la costruzione della melodia mi sono concentrato sugli elementi binari che risaltano dall’accentazione della maggior parte dei versi (Amòr1 che2 / nè1 la2 / mèn1-te2 / mì1 ra2- / giò1-na2; / de là1 mia2 / dòn1-2 / dì1-si2- / ò1-sa2- / mèn1-te2; etc.): da questa suddivisione nasce l’andamento un po’ singhiozzante del brano che alterna picchi e valli nella successione delle note. Ho cercato di creare un arco melodico simbolico che dia l’idea di un culmine (raggiunto a centro strofa) che poi declini fino a raggiungere una nota ancora più bassa dell’incipit anacrusico. L’armonizzazione gioca molto sulle affinità di terza rendendo il brano modulante e instabile, anche nella stessa modalità interna alternando ricorsi al maggiore e al minore sugli stessi accordi; dall’ascolto si noterà oltretutto che la tonalità d’impianto (la minore) non viene rispettata fino in fondo, non terminando il brano con la tonica ma chiudendo in re minore al termine della prima strofa e in re maggiore alla seconda.

Queste le due strofe musicate della canzone:

Amor che ne la mente mi ragiona
de la mia donna disiosamente,
move cose di lei meco sovente,
che lo ’ntelletto sovr’esse disvia.
Lo suo parlar sì dolcemente sona,
che l’anima ch’ascolta e che lo sente
dice: "Oh me lassa! ch’io non son possente
di dir quel ch’odo de la donna mia!"
E certo e’ mi conven lasciare in pria,
s’io vo’ trattar di quel ch’odo di lei,
ciò che lo mio intelletto non comprende;
e di quel che s’intende
gran parte, perché dirlo non savrei.
Però, se le mie rime avran difetto
ch’entreran ne la loda di costei,
di ciò si biasmi il debole intelletto
e ’l parlar nostro, che non ha valore
di ritrar tutto ciò che dice Amore.

Canzone, e’ par che tu parli contraro
al dir d’una sorella che tu hai;
che questa donna che tanto umil fai
ella la chiama fera e disdegnosa.
Tu sai che ’l ciel sempr’è lucente e chiaro,
e quanto in sé, non si turba già mai;
ma li nostri occhi per cagioni assai
chiaman la stella talor tenebrosa.
Così, quand’ella la chiama orgogliosa,
non considera lei secondo il vero,
ma pur secondo quel ch’a lei parea:
ché l’anima temea,
e teme ancora, sì che mi par fero
quantunqu’io veggio là ’v’ella mi senta.
Così ti scusa, se ti fa mestero;
e quando poi, a lei ti rappresenta:
dirsi: "Madonna, s’ello v’è a grato,
io parlerò di voi in ciascun lato".

Amor che ne la mente mi ragiona la si può ascoltare in una versione cantata dal soprano Patrizia Migliore sullo scorrimento dei titoli di coda di Carte scoperte; oltre a questa ne esiste una seconda con caratteristiche decisamente più sperimentali e con la voce del soprano Serena Moine.

Qui il saggio pubblicato su Margutte l’11 settembre 2021 dal musicologo Diego Ponzo e dedicato all’album Su Dante.