Il surrealismo nasce in Francia e si sviluppa in Belgio non solo con René Magritte, uno dei massimi esponenti pittorici di questa tendenza artistica e diventa, non di rado, una forma fenomenica della cultura e del modo di essere e di vivere dei belgi.

La menzione al surrealismo belga è d’obbligo poiché a cento minuti d’auto dalla capitale dell’Unione europea c’è un vero e proprio rompicapo geografico e geopolitico.

Si tratta della divisione da confini nazionali di un paesino la cui frontiera si interseca tra Olanda e Belgio. Per essere più precisi “le” frontiere nazionali, poiché questo paesino è attraversato da frontiere per ben 22 enclave belghe in territorio olandese e altre 8 enclave appartenenti al Belgio nella parte dei Paesi Bassi; una dentro l’altra, ognuna afferente ad uno dei due Stati e tutte all’interno del villaggio.

Un vecchio film del 1958 (La legge è legge di Christian-Jaque – con Totò e Fernandel) racconta di un paesino diviso in due dalla frontiera tra Francia e Italia: appunto, un film, una finzione.

A Baerle-Nassau (nome del paesino in questione nelle parti olandesi), ma con il nome di Baerle-Duc nelle parti belghe, invece, è realtà. La linea di frontiera attraversa non solo il villaggio in più punti, ma addirittura attraversa le case dividendole in una parte belga (magari salone e bagno) e l’altra in Olanda (il restante: camera da letto e cucina), ovvero attraverso le stanze dividendo il talamo piuttosto che il camino, il divano o la televisione.

Linee di frontiera sono indicate sul selciato ma a volte queste linee tratteggiate non sono presenti. Camminando per il villaggio allora si pone una domanda: come si comprende in quale Stato ci si trovi, qualora non sia indicata sul selciato la linea di confine? Vari sono i sistemi ideati: fra tutti le indicazioni con i colori dello Stato corrispondente. Nero, giallo e rosso per il Belgio; blu, bianco e rosso per l’Olanda.

Sui lampioni, a seconda che ci si trovi in Belgio o in Olanda è apposta la bandiera dello Stato corrispondente al territorio. Certo, però, attraversata la strada ci si potrebbe invece trovare nell’altro paese poiché le normali strade non necessitano di doppia fila di lampioni. Le piccole targhe indicanti il numero civico riportano i colori dello Stato di appartenenza e così il problema è risolto… quasi sempre poiché la frontiera statale attraversa anche le case e in questo caso la legge ha trovato la soluzione alla situazione surreale. Una signora di 89 anni alcune decine di anni fa, andando a ritirare un certificato, si è scoperta cittadina olandese essendo però ella nata belga e volendolo esserlo ancora.

Dopo molte riunioni di commissione miste tra i due Stati la soluzione al problema fu trovata nella collocazione della porta d’ingresso dell’abitazione quale elemento dirimente la nazionalità. La signora per poter tornare cittadina belga dovette murare la porta d’ingresso della sua abitazione e spostarla di un paio di metri, quanto bastò perché si aprisse nell’altro territorio, tornando cittadina belga. Pur tuttavia alcune abitazioni hanno il confine che attraversa la porta di casa e mantengono due numeri civici distinti e differenti, pur essendo sulla medesima via.

Alcune di queste situazioni esistono ancora. Si racconta che queste fossero, in passato le abitazioni-studio dei commercialisti che privilegiassero proprio queste case “divise” per i loro studi commerciali. Si racconta infatti che gli studi dei commercialisti preferivano questa tipologia di situazione “mista”, la quale vede case attraversate dai confini statali permettendo così lo spostamento di faldoni non “in ordine” in un'altra stanza, anzi, in un altro Stato, allorché la Finanza dell’altro Stato vi facesse un sopralluogo.

Pure alcuni negozi sono attraversati dalla frontiera, e questo è utile ai clienti poiché prodotti identici costano meno in un Paese rispetto all’altro. Per esempio: i tabacchi costano meno in Belgio (come la benzina) mentre la maggioranza dei generi alimentari sono meno cari in Olanda. Tutto ciò obbliga un medesimo proprietario ad avere due diverse contabilità fiscali: una belga, l’altra olandese.

Per il resto la vita scorre tranquilla: due Municipi, due Borgomastri, due polizie municipali e statali: insomma tutto doppio e con grande volontà di risolvere i problemi.

Possiamo solo immaginare quali vette abbia raggiunto il rompicapo se si pensa all’elaborazione dei due piani regolatori: solo una enorme capacità di compromesso risolse il problema. Al termine delle Seconda guerra mondiale il villaggio era un cumolo di macerie. La guerra era passata come un tornado sul villaggio e la memoria della lotta contro l’occupante nazista ha sempre unito le due popolazioni divise solo dalle burocrazie statali. Il ceppo che commemora i caduti polacchi del reparto incaricato di liberare il villaggio dagli occupanti nazisti nella Seconda guerra mondiale è celebrato in comune ancorché fisicamente in territorio belga.

Ma come nasce un rompicapo di tale fatta? Il villaggio nasce intorno al 941 della nostra era, ma già un secolo e mezzo dopo, nel 1198, il Signore di Breda, e di Baarle, Goffredo II di Schoten, a causa dell’imperversare di bande di briganti, chiese protezione al Duca Hendrick I di Brabante, il maggiorente della provincia. Goffredo pagò la protezione del duca in natura, cedendo delle terre di sua proprietà. E così via pagando in natura comparvero le prime enclave nel 1360, e così scorrendo i secoli fino alla situazione attuale. Maturatasi nel 1648 con la pace di Münster e terminata con la nascita del Belgio nel 1830.

A tutto ciò, per non far mancare nulla al surreale, va aggiunto, che poiché il Belgio è un Paese bilingue, i nomi dello stesso villaggio sono due; quello fiammingo e quello che peraltro si trova all’entrata e all’uscita del villaggio è Baarle-Hertog.

Per la Storia, la desinenza del nome del villaggio, Baarle, nasce nel 1403 a seguito di matrimonio politico. E comunque in tutto il villaggio, da ogni parte della frontiera parlano tra loro la medesima lingua: il fiammingo.