«Non c’è bianco al mondo così assolutamente secco come l’Asprinio: nessuno. Perché i più celebri bianchi secchi includono sempre, nel loro profumo più o meno intenso e più o meno persistente, una sia pur vaghissima vena di dolce. L’Asprinio no. L’Asprinio profuma appena, e quasi di limone: ma, in compenso, è di una secchezza totale, sostanziale, che non lo si può immaginare se non lo si gusta… Che grande piccolo vino!». Così lo descrisse Mario Soldati, l’antesignano di tutti i giornalisti enogastronomici italiano, dal perlage (effervescenza) finissimo e persistente, è vino superbo e facile compagno di tutto il pranzo.

Si racconta che il re Roberto d’Angiò, detto il saggio e salito al trono del Regno di Napoli nel 1309, diede ordine al suo cellerario Louis Pierrefeu, di individuare il “cru” (croître) migliore per impiantare il vitigno Asprinio, portato dalla Francia per produrre spumante. Pierrefeu non tardò a rendersi conto che l’Agro Aversano aveva condizioni climatiche tali da consentirgli di produrre uno spumante “leggero e brioso quant’altri mai”, con il quale estasiò il sovrano angioino.

I vigneti di Asprinio sono un museo naturale a cielo aperto, scenario che lascia basiti e affascinati. Narra, tradizione storica, di un paesaggio naturale unico, che permette di ottenere un vino, oltre che “allegro, leggero, brioso” uno spumante elegante, eccezionalmente buono, molto ricercato per la sua naturale freschezza (Veronelli), riconducibile soltanto a questa terra: l’agro aversano, a cavallo delle province di Terra di Lavoro e Napoli.

In base al triangolo della tessitura i suoli sono di origine alluvionale e quindi alloctoni, di medio impasto tendente allo sciolto, mancante di scheletro, con strati intercalati di pomice e ceneri (piroclastici), non asfittici e profondi, con assenza di ristagni idrici e pH neutro\sub acido, e i colloidi argillosi conferiscono al terreno aggregazione e stabilità strutturale.

La vite maritata è un’antica tecnica colturale che prevede l’utilizzo di alberi vivi come tutori delle piante di vite, in genere pioppi, che assumono proporzioni notevoli dando nel periodo del loro pieno sviluppo un aspetto veramente lussureggiante a tutto l’agro aversano; il pioppo si lascia sviluppare su 2-4 branche fino ad altezze di 10-15 metri e le viti ad esso maritate in numero di 4-5 spingono i tralci a 5-8 metri dal suolo ramificandosi in vario modo e viene ricoperto con tralci e foglie.

L’alberata aversana fornisce un elemento tipico legato alla potatura e alla vendemmia in quanto entrambe le operazioni colturali devono essere su scale molto alte: il vignaiolo ha la sua scala personale di legno (scalillo), lunga una quindicina di metri; i pioli hanno un incavo nella parte centrale in cui il vignaiolo incastra il ginocchio dopo aver appoggiato il piede sul piolo sottostante, assicurando una salda presa alla scala che viene a sua volta assicurata alla spalliera alta dell’alberata, mentre le mani rimangono libere per lavorare sui tralci. Per la raccolta dei grappoli vengono usate le fescine, cestini conici, che una volta pieni vengono calati lungo la scala.

Accenniamo ai caratteri organolettici dello stesso, che si ritrovano elencati, nel Disciplinare del Vino Asprinio del 1993, che con limpidezza e trasparenza sono apprezzabili nel calice, che all'olfatto offre un bouquet aromatico piacevole e caratteristico.

Le note olfattive comuni includono sentori di agrumi, come limone e pompelmo, insieme a note floreali delicate; al palato si distingue per la sua vivace acidità, che conferisce al vino una piacevole freschezza e un carattere frizzante.

Chiudo ricordando quello che scrisse a proposito lo scrittore romano di agricoltura Columella: «Il vitigno Asprinio avrebbe forse un’origine molto più antica, risalente addirittura agli Etruschi, dal momento che ancora oggi viene allevato tradizionalmente su monumentali alberate, un tipo di coltivazione direttamente mutuato da questa misteriosa popolazione. Tale sistema porta le viti ad arrampicarsi, maritate al pioppo o all’olmo, fino a circa 15 metri di altezza, fornendo delle imponenti barriere verdi, cariche di grappoli, che devono essere raccolti su altissime scale. E di vero matrimonio si tratta e deve essere celebrato in un’epoca ben precisa».