Dieci anni di carriera solista alle spalle per Darman, promettente scheggia del rock indipendente italiano, la cui storia e musica sembrano ormai pronti alla definitiva consacrazione. Calabrese ormai di stanza a Torino, mente in costante proiezione al di fuori dal palco, Dario Mangiacasale ha dalla sua uno stimolante percorso formativo condiviso con gli Acid Noise, gruppo con cui ha condiviso le prime affermazioni e tanti altri palchi con artisti di fama. Quelli trascorsi sono stati mesi intensi per il musicista. Date selezionate e andate rapidamente sold-out; l'abbraccio con il suo fedele pubblico è stato quanto mai caloroso e avvolgente: «Si è trattata di una bella cavalcata» sottolinea «all'insegna della musica e della voglia di stare insieme, in un incontro meraviglioso condito dall'energia sonora. Ho trovato un'Italia in fermento, a volte silente o sommesso, ma comunque in tiepida ebollizione».

Se volessi racchiudere chi è Darman dal punto di vista artistico, quale termine potrebbe definirti musicalmente?

Mi definirei sincero.

Ti ho costretto a farlo con una sola parola, ma adesso salpiamo le vele e allarghiamo la tua prospettiva artistica, comprendendo anche l'evoluzione dei quattro album che hai pubblicato fino adesso.

Allora aggiungerei altri due aggettivi: profondo e luminoso. Cerco, con la mia arte musicale, di risvegliare le coscienze e accompagnare la mente umana verso un percorso introspettivo di auto conoscimento e di scoperta del mistero delle cose. I quattro album sono sicuramente una cavalcata meravigliosa, un crescendo pezzo per pezzo che mi ha portato a essere ciò che sono oggi: un artista consapevole di se stesso e del percorso da seguire.

Quando e come ti sei scoperto musicista e quali sono state le tue principali ispirazioni musicali e riferimenti stilistici?

Mi sono trovato coinvolto nella musica sin da appena nato, musicista poco dopo, autore attorno ai 10 anni. Sin da subito, ho avuto un approccio alla composizione molto personale. Quando scrivo i miei brani, riesco a entrare in una dimensione tutta mia. Questo è il più grande regalo che la vita potesse regalarmi, cioè avere la capacità di mostrarmi con la mia personalità artistica senza fronzoli o precostituiti. Le mie ispirazioni sono state tantissime: da Neil Young fino a Battiato, comprendendo anche Vivaldi all'uva passa...

Nelle tue canzoni ricorrono spesso i tormenti, i pensieri e le circostanze di storie se non ermetiche certamente con varie possibilità di interpretazione, quali sono gli spazi e gli obiettivi che intende conquistare la tua musica?

Come ho accennato prima, con la mia musica mi mostro nelle mie varie essenze, che riescono a far conoscere varie parti di me e vari modi di intendere il mondo e l'esistenza che sono dentro di me. È questo il fine del mio fare arte.

C'è una certa omologazione dal punto di vista musicale in Italia, tu l'avverti? Ci convivi, la combatti o ti è indifferente, allo stesso modo chi ascolti fra le nuove leve?

Ho smesso di fare la guerra contro i mulini a vento, preferisco essere più cavallo di Troia... fra gli italiani onestamente ascolto poco anzi pochissimo. Di stranieri ultimamente mi appassionano molto i Fontaines D.C.

La tua anima calabrese ha conquistato il resto d'Italia dove hai molti fan, che rapporto hai con loro e come confluiscono le tue radici nella musica che proponi, in altre parole che rapporto hai con la tradizione e come vedi la tua terra da lontano?

Durezza apparente e cuore d'oro sono le parole d'ordine della calabresità. Credo che nella mia musica ci sia tutto questo. C'è anche l'impeto di vivere in maniera totalizzante e, nello stesso tempo, l'introspezione e la riservatezza. Chi ascolta la mia musica sono certo che ci rivedrà tutto questo. Non si mostra l'attitudine della mia gente soltanto suonando la tarantella o la musica tradizionale... anzi...

Oltre alla musica, quali sono le tue passioni? Cosa fai se non suoni?

Insegno biologia e chimica, sono farmacista e biologo nutrizionista, adoro il tennis e il calcio (sono tifoso del Catanzaro), amo il vino essendo sommelier. Tante altre cose non le dico sennò la gente poi dice: «e che cavolo, fai tutto tu?!».

Nonostante tutte le controversie che si porta appresso il festival di Sanremo resta una vetrina importante, tu ci andresti? Secondo Max Gazzè, che spesso ne è stato uno dei protagonisti, il tempo non si può combattere, ma al limite ammazzare... ti trovi d'accordo?

Sì, penso proprio che ci andrei, è un palcoscenico controverso ma che comunque dà una visibilità pazzesca. Ci andrei solo se potessi presentarmi a modo mio. In realtà non condivido tanto, mi piace vedere il tempo come qualcosa di dinamico sia in eccesso che in difetto, qualcosa di gestibile. Sarà la mia deviazione professionale, ma sono più dalla parte di Einstein che di Max.

Quali ulteriori appuntamenti/eventi ti aspettano nei prossimi mesi?

Ora sono al lavoro su nuove cose, mi piace prendermi i miei tempi per regalare sempre proposte di alta qualità e di altissima veridicità e ispirazione. Questo sempre a proposito di tempo non da ammazzare, ma piuttosto da cavalcare.