La Galleria Vistamare inaugura sabato 30 settembre alle 18.30 una mostra di Bethan Huws. A distanza di tre anni dalla sua prima personale in Italia e sempre presso la sede storica della galleria a Pescara, l’artista gallese torna presentando un corpus di lavori eterogeneo, nella scelta variegata dei mezzi espressivi, seppur da intendersi come unico blocco tematico che definisce, attraverso alcuni concetti chiave, il suo intero percorso artistico.

Bethan Huws (Bangor, Galles 1961) è una artista di origine gallese che vive da lungo tempo tra Berlino e Parigi. Il suo lavoro è chiaramente influenzato dall’arte concettuale, così come la intese Marcel Duchamp nel secolo scorso, e da vividi riferimenti all’opera di artisti come Piero Manzoni e René Magritte.

Le opere in mostra rivelano, anche rispetto alla volta precedente, un evidente intensificarsi dello studio delle note e dei molteplici scritti lasciati da Duchamp, coadiuvato dalla volontà di rendere manifesta molta della attività letteraria e di ricerca scientifico-artistica dell’artista francese ancora sconosciuta ai più. Huws sintetizza la molteplicità di mezzi e strumenti, neon-vetrine-sculture-fotograndi installazioni, in opere che si soffermano prevalentemente sull’utilizzo del linguaggio e la rilettura del ready-made. Per lei il linguaggio è elemento fondante della creazione artistica, in grado di generare una forma d’arte che non sia solo da identificarsi come oggetto ma soprattutto come esperienza. Molto del suo lavoro sul testo è legato all’essere sin dall’infanzia trilingue: in gallese, inglese e francese, utilizzati alternativamente, confluiscono la maggior parte dei sistemi comunicativi e dei giochi di parole, a testimonianza di un uso differenziato della lingua. Lo stesso ready-made è da intendersi non solo storicamente come l’oggetto quotidiano che trasferito in un altro contesto assurge a opera d’arte, ma anche come traslazione stessa dei contenuti culturali e sociali che all’oggetto si riferiscono, nel tentativo di introdurre nuove letture e interpretazioni di quell’elemento. Così facendo ella rinegozia il significato dell’arte nella società.

Le opere in mostra si distribuiscono lungo le sale della galleria per cicli tematici e comunione espressiva: una delle stanze accoglie il trio dei Perroquets sculture realizzate in bronzo riproducenti diverse fogge di appendiabito, epitomo del ready-made nonché epifania della trinità, anch’essa di ascendenza duchampiana che vedeva nel numero tre significati magici uniti all’afflato religioso della santa trinità cristiana. La sala grande è occupata dalle word vitrines: Huws inizia a lavorare a questa sorta di bacheca alla fine degli anni ‘90. Elementi bidimensionali, simili a quadri, questi contenitori sono la massima espressione dell’uso di testo e giochi linguistici che, sempre pervasi da un forte sentimento ironico, consentono a quest’artista notoriamente schiva uno spazio in cui esprimere i propri pensieri in libertà, un luogo in cui poter affermare cose altrove difficili da dichiarare, attestazioni in grado di svelare un pensiero unico e personale, non per forza allineato al sentire comune. Nella stanza principale è esposta anche la grande scultura Neon Queen: l’intreccio complesso dei tubi luminosi genera l’immagine in movimento di uno scacco La Regina. La biografia di Duchamp ci racconta di un grande appassionato di scacchi, gioco che coltiva per lunghi anni, tanto da divenire capitano della squadra francese. La gigantesca regina luminosa di Huws riprende nella scelta verde del colore e in alcune varianti decorative proprio il pezzo di una scacchiera disegnata da Duchamp, con l’intento di commercializzarla, e mai prodotta. Anche i tre portabottiglie Venus realizzati in rame e visibili in un’altra delle sale fungono da puntuale riferimento all’opera del maestro francese, nella scelta del numero tre così come del materiale utilizzato: il rame. Secondo antiche teorie alchemiche e astrologiche, riprese successivamente dalla simbologia greco-romana, ogni pianeta aveva una sua corrispondenza in un metallo: sole/oro, luna/argento etc. A Venere, dea di beltà e amore, corrispondeva il rame. Ancora una volta il sistema artistico-culturale generato da Duchamp enfatizza l’importanza dell’elemento femminino.

Huws riesce a riunire gli aspetti più diversi dei molti studi e teorie in opere che, ispirate da oltre un secolo di storia dell’arte, trovano nella giustapposizione dei vari elementi un commento reciproco. Bethan Huws riceve il Bonnefanten Award per l’arte contemporanea nel 2006. Molti suoi lavori appartengono a collezioni prestigiose e musei internazionali, tra le altre: Tate Collection, Londra, il Museu de Arte Contemporânea de Serralves, Porto, Centre Pompidou, Parigi, MMK, Frankfurt/ Main. Ha preso inoltre parte alla VII Biennale DI Shanghai (2008) e rappresentato il Galles alla L Biennale di Venezia. Nel 1998 è stata premiata dalla Fondazione Adolf Luther in Germania, e nel 1999-2000 da una borsa di studio della Fondazione Henry Moore per una residenza presso la British School di Roma.