In occasione del trentennale dalla sua scomparsa, MAMbo, Museo di Arte Moderna di Bologna dedica la sala video della Collezione Permanente alla memoria di una grande donna, Francesca Alinovi.

Nativa di Parma, Francesca nella sua purtroppo breve vita ha saputo lasciarci testimonianza di un grande amore. Un amore che si mescola profondamente con la vita che profuma di passione, un credo importante e nobile. Strappataci via in un omicidio terribile che tinse di un nero macabro le cronache dell’estate bolognese del 1983, il delitto del DAMS, ricordato così, ci portò via una delle menti più brillanti, una delle persone più stimolanti del panorama intellettuale artistico. Profonda amarezza. Amarezza per l’impossibilità di incontrarla un giorno in un'aula, o davanti a un caffè per attingere la forza e l’impegno sul campo di una persona che amava ciò che faceva. Francesca sarebbe stata una di quelle persone in grado di travolgere studiosi e non solo, appassionati come me dell’arte, perché l’arte aiuta a vivere meglio.

La mostra al MAMbo, visibile fino al 17 novembre, è curata da Sabrina Samorì e ripercorre attraverso foto e documenti, tra tesi, pubblicazioni e articoli le tappe salienti del lavoro dell’Alinovi. E’ possibile anche vedere un video realizzato da Veronica Santi, The New-new Yorkers, 2013, dove sono raccolte le interviste alle persone e agli artisti che Francesca conobbe, e che sono rimasti contagiati e ammaliati da quella che può essere considerata una delle più grandi esploratrici dell’isola arte.

Veronica Santi con il documentario Off Identikit, un progetto di crowdfounding ha in questi mesi promosso un work in progress che ha il diritto di coinvolgere noi tutti per aiutare la realizzazione di un qualcosa che ricordi l’intenso lavoro di Francesca. E’ un idea che la Santi ci regala, un progetto per tenere in vita l’amore dell’Alinovi, per ridarle voce. “I remember the best interview I’ve ever done in my life was with Francesca Alinovi”. Quest’affermazione era di Keith Haring. Perché le indagini di Francesca erano veramente di frontiera, il suo era un approccio da viaggiatrice curiosa e mai stanca di entrare in sintonia direttamente con l’arte e l’artista. Erano gli anni di esplosione dell’underground, del graffitismo, della New York, pericolosa e sinistra. E Francesca era là, con loro, dall’altra parte della barricata ad annusare, a respirare, a viverla l’arte di strada. Una full immersion a cuore aperto. Ai margini, al confine, Francesca era presente.

L’Alinovi rappresenta la figura di critico-artista, di qualcuno che abdica se stesso per la causa artistica, perché se ognuno ha il diritto di esprimersi come vuole è profondamente interessante capire perché ed entrare in contatto con le varie diversità. Laureata in lettere con Francesco Arcangeli presso l’Università di Bologna, discusse la tesi su Carlo Corsi, in seguito si specializzò in arte contemporanea con Renato Barilli, divenne ricercatrice al DAMS e focalizzò i suoi studi su Lucio Fontana, lo spazialismo, Piero Manzoni, la fotografia, il dadaismo. L’intensa attività di critica e curatrice è costellata da importanti tappe: fra le sue principali pubblicazioni, oltre ai saggi in cataloghi e in riviste specializzate (BolaffiArte,Domus, Flash Art), si segnalano: Le due vie di Piero Manzoni, in AA.VV., Estetica e società tecnologica, Bologna, Il Mulino, 1976; Dada, arte, anti-arte, Firenze, D'Anna, 1981; La fotografia. Illusione o rivelazione?, Bologna, Il Mulino, 1981; Natura impossibile del post-moderno, in AA.VV.,Paesaggio metropolitano, Milano, Feltrinelli, 1982. Una cospicua raccolta di saggi è stata pubblicata da Il Mulino nel 1984, con il titolo L'arte mia, ripreso da un articolo pubblicato su Iterarte (n. 21), nel 1981.

Fra le principali mostre da lei curate o co-curate: Settimana Internazionale della Performance presso la Galleria Comunale d'Arte Moderna di Bologna, dal 1977 al 1982; Pittura-Ambiente, Milano, Palazzo Reale, 1979; Dieci anni dopo. I Nuovi-nuovi, Bologna, Galleria Comunale d'Arte Moderna, 1980; The Italian Wave, New York, Holly Solomon Gallery, 1980; ORA!, Pescara, Studio Cesare Manzo, 1980; Marcello Jori, Bologna, Galleria Dé Foscherari, 1982; Gli anni trenta (sezione fotografica), Milano, Palazzo Reale, 1982; Registrazione di Frequenza, Bologna, Galleria d'Arte Moderna, 1982; Una generazione postmoderna, Milano, 1982. Nel 1984 la Galleria Comunale d'arte moderna di Bologna ha realizzato, su suo progetto, la mostra Arte di frontiera: New York graffiti. Numerosi i contributi delle persone che compaiono nel documentario di Veronica Santi, Kenny Scharf, Daze e Crash, Ontani, Mariuccia Casadio, Ann Magnuson, Toxic, Stefan Eins, Marcello Jori.

Probabilmente il fatto di essere completamente sola durante la visita alla mostra ha amplificato in me qualcosa di interessante, il sentire le voci dal video, parlando di Francesca, le foto, le scritte chiave sulla sua poetica, e tutti gli articoli, le tesi, i ricordi degli amici e compagni di lavoro, sembrava che tutte le sue parole rivivessero come un eco infinito in quella Sala Video. Sembrava che lei fosse lì, i suoi pensieri così attuali, i suoi capelli elettrizzati e neri inchiostro come se le sue idee prendessero una forma plastica. Francesca era le sue parole, quell’energia frizzante commista a una nostalgia al caffè, quell’aura fascinosa che la distingueva, quell’elettricità di tratto quasi come una dama boldiniana. Francesca che affermava: “Io sono come i miei artisti” o ancora: “Ho scelto questo mestiere perché non andava verso il senso comune… ecco a me piace non avere buonsenso.” “Transitare per brevi momenti su territori di frontiera, scorrere avventurosamente lungo avamposti instabili, per attimi d’incontro, di scambio di contaminazione.”

E poi: “L’arte Mia esige che sia ogni singolo individuo a captare a modo suo la sua onda.” “ENFARTE, il pianeta dell’enfasi che si fa arte: l’enfasi del’estasi, l’estasi del mettersi in mostra” da Enfatismo, Flash Art, 1983. “L’arte di avanguardia non solo non è morta, ma vive spiando con grandi occhi spalancati sul centro della periferia.” E ancora il concetto di Arte life-size, un arte a misura d’uomo di taglia individuale. Fantastico anche il concetto di intendere i movimenti artistici come messaggi in bottiglia, piccoli naufragi che noi dobbiamo scoprire, impegnandoci a cercarli e una vola trovati a esplorarli senza paura né pregiudizi. “Sono finiti i tempi dell’aut-aut ed è iniziato il tempo dell’e… e… ”

Anche se non l’ho potuta conoscere di persona e non potrò farlo, le sue parole mi sono state illuminanti, mi piace ricordare Francesca così, con una immensa e maestosa E seguita da puntini di sospensione. Quei puntini simboli di ricerca, di instabilità, di apertura, di work in progress, di ponte verso un futuro ancora da studiare e scoprire, mi piace pensare a Francesca come un'amazzone libera, girovaga e curiosa, a cavallo delle sue parole, con la penna davanti al foglio bianco, con l’inchiostro intrepido di uscire per fissare idee e concetti, voglio pensare che Francesca seduta davanti la sua macchina da scrivere ci abbia lasciata un dono immenso, una testimonianza preziosa che dobbiamo ricordare sempre.

Un cuore immenso, una voglia del sapere viscerale, un vivere l’arte sul campo come una battaglia di pensieri, una moltitudine che riscopre la creatività individuale, ciascuna importante a modo suo, come petali di un unico fiore. L’arte mia è l’arte nostra.

MAMbo Museo d'Arte Moderna di Bologna
Via Don Minzoni,14
Bologna 40121 Italia
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Orari di apertura
Martedì, Mercoledì e Venerdì 12.00 - 18.00
Giovedì, Sabato, Domenica e festivi 12.00 - 20.00