z2o Sara Zanin è lieta di presentare Nude, la terza personale in galleria di Beatrice Pediconi, a cura di Cecilia Canziani.

Pediconi (Roma, 1972 - vive e lavora a New York) è un’artista multimediale la cui ricerca è da anni legata a una pratica interdisciplinare che attraversa medium tradizionali per approdare a inedite soluzioni formali ed espressive. Nella mostra Nude, che segna il suo ritorno in Italia dopo cinque anni, Pediconi presenta in anteprima un ampio corpus di lavori che riflette sullo statuto di fotografia, a partire dalla sua decostruzione.

Untitled agisce come il testimone di un processo di cui resta solo un’impronta, come testimonianza di una perdita: un gesto che riflette sull’assenza di memoria storica e sul distacco personale. Il disegno è dunque il risultato di una migrazione, e la sua traccia volatile e minimale resta in bianco, come l’ultimo ed unico testimone di una storia. Untitled diventa quindi il mezzo per lasciare un segno come prova della nostra esistenza.

(BP)

Con Untitled, Pediconi apre la propria ricerca a un’investigazione del segno attraverso una serie di disegni su carta realizzati mediante la tecnica dell’emulsion lift, ovvero impiegando strisce di emulsioni fotografiche sottratte da lavori precedentemente realizzati.

Attraverso poi l’utilizzo dei pennelli o direttamente, con le proprie mani, l’artista muove l’emulsione, che a questo punto del processo ha assunto la consistenza di un velo di seta, per posizionarla sulla carta, all’interno di una vasca piena d’acqua.

L’acqua, come elemento primario, diviene il tramite mediante cui catturare un flusso di immagini segniche originate dal gesto fatto imprimere sulla carta. Questi stessi segni, marcatori di uno spazio vuoto, divengono la testimonianza di una traccia, memoria di un passato trasformato e sublimato, ma anche sequenza di un racconto intimo in cui il ricordo, messo a nudo, accoglie su di sé le vestigia di un’esistenza che si rivela in tutta la sua fragilità.

Perdita, mutazione, frammento, traccia: i lavori presentati in mostra raccontano di un percorso, sia personale che collettivo, in cui l’ineffabilità del ricordo e del passato ci riporta all’essenza delle cose. Le opere, come enunciati di un gesto, descrivono, ad un tempo, il movimento e la sua inafferrabilità, sospese in un limbo imprevedibile che le riporta a chi osserva nel bagliore di un lampo.