Si deve ribadire, sebbene oltremodo risaputo, infatti, anche se non sempre è detto in modo chiaro e non sempre si tengono in debito conto le conseguenze di tutto ciò, che la dottrina stellare egizia precede, e di molto, quella solare e che come origine il pensiero che sostiene la formulazione della predetta dottrina, si può collocare, per non andare troppo indietro nel tempo, almeno nel periodo del “Predinastico” (De Rachewiltz, 1961; Vandier, 1944). È ben noto, inoltre, che il mondo dell’Egitto Predinastico è luogo dove l’organizzazione sociale, pur aderendo sempre più alle dinamiche proprie di una società agricola, di norma stanziale, nondimeno è ancora un’umanità con usanze tribali, legata per molti aspetti al nomadismo. È chiaro pertanto, che un simile stile di vita, per avere almeno qualche “punto fermo”, si deve basare su indicazioni traibili da un “testo” unico per tutti, adeguato e a portata di mano, immutabile, sempre disponibile, facilmente utilizzabile, conosciuto e conoscibile. Niente di meglio, quindi, che orientarsi, è il caso di dire, su quanto offerto dal meraviglioso e luminoso cielo stellato notturno. Un esempio chiarificatore in questo senso è distinguibile proprio nel geroglifico per indicare il Dwat, ossia la rappresentazione grafica dell’Oltretomba. Per gli Egizi Antichi il “Regno dei Morti”, infatti, è una stella a cinque punte inscritta in un cerchio. Molto interessante in questo senso è un passo dei Testi delle Piramidi (Pyr. 802): “Orione e Sothis sono circondati dal Dwat”.

Avvolti in stuoie di canne i defunti sono deposti in sbancamenti ovali scavati nel deserto. Sono dotati di ricchi corredi funerari in cui le ceramiche, realizzate appositamente per il corredo, ne sono la parte preponderante. È poi in queste sepolture che si trovano sistemate quelle che io ritengo essere le prime “piastre astronomiche” rituali. Alla cultura badariana subentrerà, verso la fine del quinto millennio a.C. la prima fase della cosiddetta cultura di Naqada, il cui nome deriva dalla località eponima dell’Alto Egitto situata sulla sponda occidentale del Nilo. Naqada fu scavata intorno all’anno 1894 da sir W.M.F. Petrie1.

È dalle sepolture e dalle pratiche funerarie che si possono rilevare le trasformazioni che indicano a loro volta eventuali cambiamenti nelle credenze religiose. Con Naqada si hanno indicazioni precise, sul fatto che usi e costumi funebri traggano la loro origine indiscutibilmente dall’anteriore cultura badariana. Il defunto, infatti, come per le inumazioni badariane, è deposto in semplici fosse rettangolari alla profondità di circa un metro, è posizionato sul fianco sinistro con il capo a Sud e il volto viene fissato all’Ovest. Dimensioni, fattura e contenuto della tomba incominciano, nondimeno, a segnalare la stratificazione sociale cui la persona appartiene. Una tra le tombe più importanti di Naqada I, è di proprietà di una donna d’alto rango. Tra gli oggetti del ricco corredo funerario facente parte della tomba del periodo iniziale di Naqada scoperta da sir Petrie ad Abadya, nell’Alto Egitto, nella stagione 1898-1899, compare anche una piastra astronomica a forma d’ippopotamo e un’altra a forma di diamante.

Piastre astronomiche: qualche conto non torna

Il materiale utilizzato per realizzare queste piastre, in genere è lo scisto verde, ma si conoscono numerose piastre realizzate in diorite, calcite e siltite. Si è già accennato al fatto che tipologia e sagomatura delle piastre astronomiche, questi oggetti così peculiari e importanti, se non di più, almeno quanto le ceramiche per capire significato, uso, cultura e tradizione di provenienza di chi le possedeva, si sono modificate nel corso del tempo, fino a giungere alla loro fase conclusiva di completo disuso nel periodo del Protodinastico. Dalle prime fogge piuttosto semplici riconducibili, ad esempio, a un elementare rettangolo dai lati minori però segnati da una tacca, si è a mano a mano passati a forme sempre più complesse, fino a giungere a delle rappresentazioni teriomorfe e geometriche composite e articolate nelle forme, nei profili e nelle superfici.

Proprio le superfici di queste piastre ritrovate nelle sepolture di cui si è detto più sopra, consentono di far emergere un aspetto della loro funzione materiale, che in parte, ribadisco, solo in parte, è quella di strumento vero e proprio a supporto della preparazione dei cosmetici per il viso, consentendo di triturare e miscelare i minerali opportuni adibiti alla funzione cosmetica. Ora, se questo è vero, si deve anche dire che la nostra percezione moderna di “cosmetico” è legata principalmente al mondo femminile mentre in realtà, queste piastre si sono ritrovate in grandi quantità anche nelle sepolture di uomini e di bambini. Le prove archeologiche dimostrano, invero, che questi strumenti erano usati indifferentemente dagli Egizi Antichi di ogni età e genere. A un’analisi superficiale, dunque, i diversi ritrovamenti portano unicamente a pensare che tali piastre siano “solo” strumenti per sminuzzare i minerali necessari appunto al trucco del viso.

L’informazione così com’è, però, è lacunosa e in quanto tale fuorviante. Vediamo perché. È noto che sono due i principali pigmenti usati dagli Egizi per la cosmesi. Il primo è un pigmento derivato dalla malachite, minerale carbonato basico di rame. La malachite è una pietra semipreziosa di colore verde (già il colore è indicativo, simboleggiando, il verde, la rinascita. Il verde è uno dei colori di Osiride), che macinata sulle piastre in trattazione fornisce una polvere utilizzata come ombretto fin quasi alla fine della Quarta Dinastia. Il secondo pigmento impiegato dagli Egizi in cosmesi è la galena, minerale costituito da solfuro di piombo di colore nero (si deve necessariamente sottolineare che anche il nero è colore simbolo di rinascita, è un altro colore di Osiride e, soprattutto, è il colore della terra fertile che dà il nome all’Egitto stesso, ossia è Kemet, è la (Terra) Nera, contrapposta alla sterile terra rossa deshert). La galena macinata è utilizzata come eye-liner. La galena, inoltre, sembrerebbe avere proprietà terapeutiche disinfettanti, oltreché agire da repellente per gli insetti.

La grande cura posta dagli Egizi Antichi nel trucco degli occhi è sintomatica di un qualche retaggio culturale non ancora ben compreso. Partendo, quindi, proprio da questa osservazione, cerchiamo di focalizzare meglio la questione del “trucco”. Torniamo ai pigmenti impiegati per ornare gli occhi. La galena, ad esempio, era applicata sulle sopracciglia e sulle palpebre superiori allungando il contorno occhi e consentendo di smorzare in qualche modo i riflessi e i bagliori della potente luce solare egiziana. La malachite, invece, si stendeva in una lunga linea sul bordo delle palpebre inferiori. È curioso che anche sir Flinders Petrie sottolinei l’uso di contornare gli occhi con la nera galena come sistema per proteggere gli occhi dalla luce del deserto, anche se non sembrerebbero esistere prove certe di questo fatto per l’età Predinastica.

Allora, per ricapitolare: si hanno prove certe che le piastre astronomiche del Predinastico servissero “anche” per macinare i pigmenti usualmente impiegati per la cosmesi degli occhi, ma al contempo, tuttavia, con buona pace del grande sir Flinders Petrie, non esisterebbero le prove certe a sostegno del fatto che questi pigmenti fossero effettivamente applicati. Quindi: macinati sì, ma usati no, forse, non si sa.

La pragmaticità di queste genti è indubitabile, fin dalle loro origini. Sebbene si tratti di mere credenze religiose quelle che promuovono la confezione delle piastre astronomiche, quindi resoconti mitologici traslati in un contesto puramente virtuale, si tratta pur sempre di tradizioni riflesso di una produzione intellettuale condizionata da una realtà vissuta e tangibile. In altri termini non si produceva qualcosa se non serviva.

Quindi?

Quindi qualche conto non torna.

1 In estrema sintesi una schematizzazione, ancorché non più del tutto condivisa dagli studiosi, del complesso periodo storico che ha visto fiorire la cultura predinastica di Naqada. La cosiddetta Cultura di Naqada si è sviluppata intorno al IV millennio a.C. La denominazione deriva dalla località archeologica situata sulla riva sinistra del Nilo a nord di Karnak. La suddivisione temporale oggi, anche se al momento è ancora in via di definizione e molto fluida, è per comodità ripartita in tre sottoperiodi principali detti Naqada I o Amraziano (Amratiano), Naqada II o Gerziano (Gerzeano) e Naqada III o Protodinastico e generalizzando, diverse sottofasi (si veda il sistema di cronologia relativa creato da sir Petrie basandosi proprio sulle straordinarie ceramiche naqadiane e battezzato da questi “sistema sequenze – date”). Lo sviluppo della cultura di Naqada rispecchia l’andamento climatico che vede, infatti, la progressiva desertificazione del Sahara. Si ha in questo periodo la fase di sedentarizzazione delle popolazioni locali, costrette alla migrazione in zone più umide come la depressione del Fayyum e ovviamente lungo le rive del Nilo. Le condizioni favorevoli, l’intelligenza pratica delle popolazioni coinvolte e il brillante sfruttamento delle numerose e diversificate risorse naturali disponibili, consentirono di gettare le solide basi per la nascita della straordinaria civiltà egizia.
Amratiano: è il periodo iniziale di Naqada (Naqada I) che si è soliti collocare intorno al 4000 - 3600 a.C., prende il nome dal sito di el-Amrah nell’Alto Egitto. Segue il Badariano dal quale mutuò, sviluppandoli, diversi aspetti. Caratteristici sono gli oggetti litici, ritrovati nei particolari corredi funerari dove sono frequenti i vasi in alabastro, diorite, sienite e porfido. Nelle sepolture incominciano ad essere piuttosto frequenti le tavolozze in scisto verde, che presentano tracce di ematite e malachite. Sono queste le tracce che, secondo il mio punto di vista, sono fuorvianti. Sono presenti le ceramiche a decorazione geometrica e figurativa, le raffigurazioni plastiche dalle forme straordinariamente pure. Tra i vari materiali ritrovati, vi sono oggetti in avorio e osso, cuoio, oro e argento. Diverse statuette funerarie sono prodromiche della simbologia e della rappresentazione delle divinità tipicamente egizie (statuette con corna bovine, ad esempio). Le risorse economiche preponderanti sono costituite dall’allevamento del bestiame, in genere bovino, caprino, ovino, dalla pesca, dalla raccolta e dalla caccia, mentre l’agricoltura, basata sulla coltura del grano e dell’orzo, si sviluppa seguendo parimenti lo sviluppo dei metodi d’irrigazione. Iniziano a potenziarsi anche le prime forme d’artigianato con un miglior utilizzo dei forni di cottura: sarà creato vasellame dall’eccezionale ricchezza di forme e decorazioni. Si iniziano ad ampliare i villaggi, che presentano abitazioni con tratti ancora tipici del Badariano e inoltre, si iniziano ad avere le prime forme di scambi commerciali su percorrenze relativamente lunghe.
Gerzeano: è la fase successiva (Naqada II), compresa in un periodo che si colloca intorno al 3600-3100 a.C. In questo momento, la società agricola si consolida grazie ai progressi nei sistemi d’irrigazione e per l’inarrestabile fenomeno della desertificazione, le località dove è presente una società intellettualmente vivace (ad esempio, la zappa è ideata in questo periodo) sono costrette a spostarsi nella località di el–Gerzeh, nel Basso Egitto, ossia nell’area che dà il nome a questa età. I villaggi acquistando una certa importanza sembrano consolidare certi aspetti propri dell’urbanesimo. Ritrovamenti archeologici effettuati ad el-Amrah, infatti, hanno rivelato l’esistenza di un complesso di abitazioni del Gerzeano in cui è possibile individuare quello che sarà la tipica configurazione del centro cultuale egizio, con relativi palazzi e necropoli. La ricchezza dei corredi tombali testimonia uno sviluppo delle pratiche funerarie e una maturazione peculiare delle tradizioni religiose. Il taglio della selce, che si è già affermato durante il Neolitico, raggiunge ora una notevole perfezione. È sufficiente ricordare i coltelli rituali in avorio scolpito con lame appunto in selce ritrovati a Gebel el-Arak. Elaborate decorazioni compaiono sul vasellame. I motivi in ocra rossa sono ispirati alla fauna e alla flora del Nilo. Si tratta di un processo evolutivo che indica la presenza di un potere centrale in grado di organizzare sia le varie attività economiche e sociali, sia la protezione degli insediamenti e territori in cui si svolgono queste attività. Si sviluppa parallelamente alla società contadina in senso stretto, un vero e proprio compartimento dedicato all’artigianato, finalizzato a soddisfare le diverse esigenze di un mondo in rapida crescita come quello che è presente sulle sponde del Nilo. Si spazia così dai vasai agli intagliatori, fino agli scultori d’avorio.
Protodinastico: è la fase finale di Naqada (Naqada III). Si tratta del periodo subito antecedente l’era dell’Egitto storico. Nel tardo periodo Gerzeano, si è intorno al 3100 a.C., si vede la costituzione di due aree di potere ben distinte. Una è collocata nell’Alto Egitto, e ha come centro principale la città di Hierakonpolis (l’attuale El-Kôm el-Ahmar), mentre l’altra area si trova nel Basso Egitto. L’unificazione del paese sarebbe avvenuta, secondo la tradizione, intorno al 3100 a.C. per opera del celebre Menei, grecizzato in Menes, re dell’Alto Egitto, che avrebbe occupato il Nord del territorio, dove la maggiore fertilità del suolo consentiva anche maggiori possibilità di sviluppo per la nascente nazione faraonica. La figura di Menes, priva di certezze storiche, potrebbe occultare nondimeno l’avvicendarsi di più sovrani del periodo arcaico tra cui l’altrettanto celebre re Narmer. In ogni caso, è con Menes, fondatore della I dinastia, che si fa iniziare il periodo conosciuto come arcaico o dinastico antico, o tinita perché la capitale venne portata da Hierakonpolis a Thinis o This, località situata sempre nell’Alto Egitto, ma fisicamente collocata ancora più a Nord, strategicamente in grado, quindi, di controllare più facilmente la zona appena conquistata del delta. È bene ricordare che tra i primi insediamenti delle culture preistoriche e l’unificazione delle due Terre da parte di Menes, in Egitto si consuma un periodo paragonabile all’intervallo temporale che va dall’assassinio di Giulio Cesare nel 44 a.C., all’abbattimento del famigerato “muro di Berlino” nel 1989. Dopo l’unificazione fra Nord e Sud, iniziarono le lotte contro la Nubia, che caratterizzarono tutta la storia di questo paese. Durante il periodo arcaico si succedettero le prime due dinastie che comprendono almeno diciassette faraoni. È in questo periodo che si afferma l’idea assolutistica e teocratica del potere del faraone. Considerato figlio del dio sole Ra, il faraone è adorato come divinità. Sempre in questo periodo si stabilisce la struttura dello stato, che viene diviso in distretti, detti dal greco "nomi" e governati da nomarchi. La scrittura vede in questo arco temporale la sua fioritura e i primi geroglifici si datano a partire da questo periodo: il più antico esempio di geroglifico si trova, infatti, proprio sulla tavolozza del re Narmer. Gli edifici funerari a Saqqara e ad Abido sono tra i primi esempi di arte propriamente egizia.

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