Ciò che mi spaventa non è la violenza dei cattivi; è l'indifferenza dei buoni.

(Martin Luther King)

Oggi provo vergogna e rabbia, dolore e indignazione. Oggi mi vergono di essere italiana.
Oggi vorrei che tutti si sentissero come me, perché oggi nessuno può far finta di non sapere: nei centri di detenzione libici la violazione dei diritti umani e la violenza sono sistematiche, le testimonianze e le prove a proposito sono agghiaccianti: uccisioni, tortura, donne e bambine stuprate, detenzioni arbitrarie a tempo indefinito, lavori forzati.
Non c’è differenza tra i centri di detenzione gestiti da criminali o dai miliziani che operano sotto il formale controllo del governo, è lo stesso inferno.

Le motovedette libiche intercettano i migranti e li rinchiudono nei centri di detenzione sparando sui barconi - e a volte anche sui pescherecci italiani - ma il governo italiano ha deciso di finanziarle.
Il nostro governo ha deciso di ignorare tutte le prove delle atrocità commesse in Libia, di ignorare gli appelli giunti da associazioni internazionali (tra cui Amnesty International, Human Rights Watch, Action Aid, Medici senza frontiere, ma anche l'Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite che ha parlato di “orrori inimmaginabili”).
Il governo italiano ha deciso di ignorare le testimonianze strazianti dei sopravvissuti ai centri di detenzione libici e di continuare a finanziare la così detta Guardia Costiera Libica ed un intero sistema in cui non c’è nulla di legale, dai respingimenti ai centri di detenzione.

E allora parliamo un po’ di soldi, perché a me non è chiaro non solo perché la Libia ne abbia diritto, ma neppure bisogno.

Nel maggio di quest’anno, la Lybian Investment Authority (LIA, creata nel 2006 il fondo sovrano più ricco del continente africano) ha reso noti i risultati della valutazione degli asset, cioè delle voci attive di bilancio. L’analisi è stata curata dall’azienda inglese Deloitte - la società di revisioni e consulenza con i più alti profitti del mondo - che analizzata la situazione ha stabilito che il fondo sovrano per gli investimenti della Libia ha nel porcellino salvadanaio 68,4 miliardi di dollari, di cui 33 miliardi e mezzo in contanti.

Certo, i fondi sono ad oggi congelati a seguito delle sanzioni imposte dalle Nazioni Unite, ma quando il governo libico avrà stabilità i fondi verranno sbloccati.
In realtà il blocco non ha impedito che da 5 banche in Belgio sparissero 4 o 5 (non è chiaro) miliardi di euro di cui si è persa ogni traccia.
Erano gli interessi maturati negli anni di circa 16 miliardi di euro appartenuti a Muammar Gheddafi.
Sono state delle inchieste giornalistiche a tentare di ricostruire la catena che unisce la sparizione di somme sottoposte ad embargo a responsabilità politiche, ma soprattutto a investigare cosa siano ad andare a finanziare: presumibilmente le milizie libiche.

È di questi giorni la notizia che il governo libico sta facendo pressioni su Malta per farsi ridare 80 milioni di euro depositati in conti della Bank of Valletta: è una piccolissima parte del famoso “tesoro di Gheddafi”: solamente in Inghilterra i fondi riconducibili al rais ammonterebbero a 12 miliardi di dollari.

Ma l’Italia ha deciso di aumentare gli stanziamenti alla Guardia Costiera libica: arriviamo così ad un finanziamento di 32,6 milioni di euro spesi dal 2017, anno in cui il governo italiano ha deciso di includere nell’area di intervento dell’operazione “Mare Sicuro” le acque territoriali libiche al fine di “poter svolgere attività di supporto e di sostegno alla Guardia Costiera e alla Marina Militare libiche nel contrasto ai traffici marittimi illeciti, qualora chiesto dalla controparte libica”. (cit: Ministero della Difesa).

Allora parliamo un po’ di traffici illeciti.

La lotta ai criminali che operano solitamente indisturbati nelle acque territoriali libiche ha portato (finalmente) ad un risultato importante: lo scorso ottobre è stato arrestato con l’accusa di traffico di esseri umani e contrabbando di petrolio Abd al Rahman Milad, noto come “Bija”.
È un criminale definito dalle Nazioni Unite “uno dei più efferati trafficanti di uomini in Libia, padrone della vita e della morte nei campi di prigionia, autore di sparatorie in mare, sospettato di aver fatto affogare decine di persone, ritenuto a capo di una vera cupola mafiosa ramificata in ogni settore politico ed economico dell’area di Zawyah”.
Ma, ci crederete, è lo stesso uomo che nel 2017 partecipò come rappresentante della Guardia Costiera libica ad una riunione Oim in Italia.
Bija è stato rilasciato dopo sei mesi per mancanza di prove, con la fedina penale pulita e una promozione a maggiore della Guardia Costiera (sempre quella che l’Italia paga con i soldi dei contribuenti).
Vincent Cochetel, inviato speciale dell’alto commissariato ON per i rifugiati ha così commentato “Le prove sono in fondo al Mar Mediterraneo e in molti Paesi europei”.

Oggi, mi vergono di essere italiana.