Camminando per casa calpesto tanti piccoli tappeti, tutti ricordi di viaggi: Siria, Yemen, Uzbekistan, Armenia... L’ultimo, piccolo e coloratissimo, tipico prodotto artigianale, l’ho preso in Oman durante il viaggio che ho fatto nelle festività scorse. E’ stato un viaggio alla scoperta di quel Sultanato che, per anni chiuso al turismo, si sta aprendo con squisita ospitalità ma con discrezione, ai visitatori sempre più numerosi.

L’Oman è stato, infatti, chiuso in uno stato di profondo isolamento a causa della politica del Sultano Said Bin Taimur. Nella capitale Muscat, sono ancora evidenti le porte di ingresso ai vari quartieri in cui la città è suddivisa. All’epoca del sultano, al calar della sera, le porte venivano chiuse e vigeva una sorte di coprifuoco. Nel 1970 ci fu un colpo di stato ad opera dell’unico figlio. Da allora la guida del paese è nelle mani del Sultano Qaboos Bin Said che, supportato dal governo inglese, ha portato enormi cambiamenti. Il Sultano, ora 73enne, ambientalista, non sposato e senza figli, che con i soldi provenienti dai giacimenti petroliferi ha costruito infrastrutture, ospedali e scuole, da un paio d’anni, ha puntato, visto che il petrolio si sta esaurendo, a una politica di maggiore apertura, investendo sul turismo e sugli interscambi tra mondo occidentale e mondo orientale. Lo sviluppo si respira, ma non è estremo e rapido come ad esempio nei vicini Emirati, perché avvenuto nel rispetto delle tradizioni locali. L’Oman è, infatti, come un giovane uomo che giorno dopo giorno diventa adulto, ma che allo stesso tempo non perde le qualità del bambino che era.

Di questo Paese mi hanno affascinato le dune color ocra che si estendono per centinaia di chilometri prima di gettarsi nell’Oceano Indiano, le acque trasparenti dell'oceano, gli antichi villaggi dei pescatori, gli uadi (letti di fiumi riempiti dalla pioggia), le alte e brulle montagne e gli imponenti forti, una volta dimore dell’Iman, non solo capo religioso ma anche politico, poi basi militari, prigioni, punti di riferimento per molti villaggi. Mi hanno anche colpito le strade, che percorri per ore, così perfette che sembra impossibile siano state costruite attraverso uadi e montagne, le città moderne dove gli edifici però non possono superare l'altezza del minareto, i colorati suq, la popolazione: gli uomini vestiti con la dishdasha, la tunica accompagnata dal kumma, il copricapo ricamato e le donne che nascondono sotto l'abaya nero un trucco perfetto.

Il viaggio è cominciato da Muscat dove risiede la maggior parte della popolazione. La città è composta da una zona più antica con luoghi come il suq di Al Dhalam o il mercato del pesce e un'altra dove ci sono i quartieri più commerciali e quelli dove sorgono gli uffici dei Ministeri, la Royal Opera House inaugurata tre anni fa, la Grande Moschea, un'imponente costruzione recente e che, compresi i suoi giardini e le vasche per lavarsi occupa 40.000 mq di superficie. Quando entri non puoi che rimanere a bocca aperta: l'eleganza del marmo bianco di Carrara, il grande tappeto tessuto a mano in un unico pezzo realizzato in Iran e sul quale possono camminare solo i fedeli, in alto uno dei più grandi lampadari di cristallo Swarovski. Questa è la sala dedicata alla preghiera degli uomini, con una capacità di quasi 7.000 persone, mentre alle donne ne è riservata una più piccola e modesta perché possono pregare in casa, avendo i bambini da curare.

Il secondo giorno, dopo aver visitato il pittoresco villaggio di Tiwi e attraversato il Wadi Shab dall'acqua color verde smeraldo che scorre tra il grigio-marrone delle montagne, siamo giunti a Ras al Hadd con la sua baia di sabbia bianca. Di notte siamo andati a Ras al Jinz dove le tartarughe si fermano a deporre le uova. E’ stato un momento commovente. Abbiamo visto una grossa tartaruga, possono raggiungere i 140 Kg, deporre le uova nella sabbia, ricoprirle e ritornare con una certa fatica in mare, e una tartaruga neonata uscire (questo avviene dopo 55 giorni da quando sono state depositate le uova) e precipitarsi verso la riva per sfuggire ai predatori (granchi, uccelli). Naturalmente si è dovuto stare in silenzio e non fotografare.

Seguendo la costa il terzo giorno siamo arrivati a Sur, cittadina racchiusa in una baia naturale dal quartiere portuale in stile arabo. Nei pressi di Sur abbiamo visitato un cantiere che realizza la dhow, tipica imbarcazione omanita in legno. Cantiere che soddisfa gli ordini dei paesi più ricchi della penisola arabica. Gli sceicchi trasformano questa imbarcazione in sontuosi palazzi galleggianti. Dopo la visita al museo, siamo ripartiti per Wadi Bani Khaled, per vedere uno dei più famosi uadi dell’Oman, dalle acque trasparenti e le piscine naturali, per poi proseguire verso il deserto di Wahiba punteggiato da enormi dune di sabbia rossa e gialla che riempiono da ogni lato l'orizzonte. Il deserto si estende su un'area di 12mila chilometri quadrati ed è attraversato da tribù di beduini che hanno come base l'oasi di Al Huyawah. Sistematici nelle tende arabe, abbiamo raggiunto il culmine di una duna per assistere a un tramonto fantastico che ho ancora negli occhi.

Il quarto giorno, visitata una tenda beduina, siamo ripartiti per raggiungere le montagne, caratterizzate da numerosi “geositi” e da imponenti canyon, come il Gran Canyon del Wadi Ghul (secondo canyon al mondo per profondità dopo quello famosissimo in Arizona) e verdi oasi. La catena montuosa dell’Hajar, con la sua cima Jabel Al Akhdar (Montagna Verde) di 3000 metri, è considerata la principale arteria di comunicazione tra la costa e l’interno del paese. Le vecchie città di Nizwa e Bahla, che abbiamo visitato nei giorni successivi, sono situate ad ovest ai piedi delle colline dell’Hajar nella regione Dhakiliya, la cui popolazione è sempre stata indipendente, isolata come è dalla costa. Le migrazioni arabe dallo Yemen si sono insediate lì prima della espansione dell’Islam. Nizwa, antica capitale dell’Oman, è stata un centro culturale sia per scrittori e poeti che per i capi religiosi e i loro studenti. La città si trova al centro di una grande oasi, nel punto di incontro delle piste dei carovanieri del Nord e del Sud. La città mantiene un'architettura tipicamente omanita, e dalla torre del suo forte - costruito nel XVII secolo dal Sultano Bin Said - si ha una spettacolare panoramica sui palmeti e sulle montagne che la circondano.

Il suq di Nizwa, circondato da possenti mura con bellissimi portali di legno che si aprono su cortili e negozi, costruito in stile tradizionale con archi, vicoli e finestre in legno intarsiate, noto per il grande mercato del bestiame del venerdì, è un brulicare di uomini, donne poche, che trattano, comprano, e soprattutto chiacchierano. Anche a Bahla, città storica un tempo circondata da 12 chilometri di possenti mura, si trova un imponente forte che è posto sotto la protezione dell'Unesco come patrimonio mondiale dell'umanità. Bahla è anche nota per le antiche fornaci, che abbiamo visitato e dove ancora si produce vasellame in argilla secondo i metodi più semplici e tradizionali.

Dell’Oman ciò che mi è rimasto impresso è anche il contrasto netto fra il paesaggio lunare e brullo e l'improvviso emergere di città fortificate nel deserto, le case color sabbia, che quasi si mimetizzano con le montagne. Come pure i paesi arroccati, incorniciati da palmeti, verdi terrazzamenti e cinte murarie che culminano molto spesso con possenti fortezze. E come, nonostante il deserto e il grande caldo, gli abitanti delle città omanite siano riusciti, nel corso dei secoli, a inventare sistemi di approvvigionamento idrico efficaci e perfettamente integrati nel paesaggio. Si tratta dei falaj, condotte per l'irrigazione, dove l’acqua scorre attraverso un canale scavato nella terra.