Come caratterizzare il vivente

È opinione condivisa che sia impossibile offrire una definizione scientifica di “vita” che possa essere universalmente accettata. Ciò deriva dal fatto che la formazione degli scienziati che si occupano del problema — biologi, chimici, informatici, filosofi, astrobiologi, ingegneri, teologi, sociologi, ecologisti (solo per citarne alcuni) — differiscono considerevolmente una dall’altra a seconda del sistema concettuale di riferimento. Nonostante ciò, ci poniamo la domanda “cos’è la vita?”, utilizzando una prospettiva sistemica che è il nostro tema principale. Così ci muoveremo in un orizzonte circoscritto, ma riconoscendo che l’approccio sistemico è coerente con lo spirito del tempo (“Zeitgeist”) dell'attuale, più moderna, generazione di scienziati. Vogliamo mostrare, infatti, che un approccio sistemico al problema rappresenta un passo avanti nell’orizzonte delle scienze della vita. Nel far ciò, ci baseremo in gran parte sullo schema concettuale della teoria dell’autopoiesi, com’è stata sviluppata da Humberto Maturana e Francisco Varela (1974, 1980). Costoro sono due biologi cileni la cui scuola viene spesso ricordata come "scuola di Santiago".

Maturana è lo scienziato più anziano, Varela è stato prima suo studente e poi collega all’Università di Santiago del Cile. Francisco è morto prematuramente nel 2001, mentre Humberto è tuttora attivo a Santiago. Maturana divenne famoso già nei primi anni Sessanta per il suo lavoro sulla retina della rana, un lavoro seminale per i successivi sviluppi sui temi di percezione visiva e cognizione. Entrambi gli scienziati sono famosi soprattutto per la teoria dell’autopoiesi che risponde alla domanda, molto generale e ambiziosa, “cos’è la vita?”, specificando il modo in cui il vivente si caratterizza rispetto a un punto di vista puramente biologico e fenomenologico, a partire dall'assoluta specificità della cellula biologica. "Autopoiesi" è un termine coniato da Maturana e Varela negli anni Settanta. Auto, ovviamente, significa "sé" e si riferisce all’autonomia dei sistemi che si auto-organizzano; poiesis (che ha la stessa radice linguistica del termine greco “poesia”) significa "fare, costruire". Così, autopoiesis significa "che si auto-costruisce".

Per Maturana e Varela, la principale caratteristica della vita è l’auto-mantenimento dovuto alla rete interna di lavoro del sistema chimico che continuamente si riproduce all’interno del proprio confine, confine anch’esso autoprodotto. Per i due autori della scuola di Santiago, insieme alla domanda “cos’è la vita?”, c’è un’altra domanda importante e strettamente connessa: “Cos’è la cognizione (“cognition”)?”. Nel loro approccio, cognizione originariamente significa interazione specifica della cellula vivente con l’ambiente, e successivamente il concetto viene esteso a tutti gli altri domini. Nell’uso di Maturana e Varela, il termine cognizione è inseparabile da autopoiesi, come spiegheremo più avanti.

La visione sistemica della vita

Che cosa significa il termine “visione sistemica” applicato alla vita? Il termine implica di considerare gli organismi viventi nella totalità delle loro mutue interazioni. Per fare chiarezza su questo punto, consideriamo l’organismo vivente più semplice possibile, un organismo unicellulare. Lo faremo usando un approccio fenomenologico, basato cioè su osservazioni tratte dal nostro livello esperienziale. Non è, infatti, nostra intenzione cominciare con un quadro di riferimento concettuale della vita basandoci sulla teoria dell’informazione, o su entropia negativa, o qualsiasi altro costrutto teorico a priori. Limitiamoci a osservare la vita di un semplice microorganismo per quel che è. Il termine “semplice” diventa dubbio, tuttavia, appena osserviamo la complessità biochimica del metabolismo di un semplice batterio.

Auto-mantenimento

Ci sono moltissime trasformazioni che hanno continuamente luogo e tuttavia c’è auto-mantenimento della cellula —cioè la cellula mantiene la propria individualità. Una cellula di lievito rimane una cellula di lievito, una cellula del fegato rimane una cellula di fegato, e non solo questo, ma rimane la stessa cellula di lievito, nel senso che la concentrazione media delle componenti cellulari, e così pure l’intera struttura, rimane la medesima durante l’intero periodo omeostatico, lo stato di equilibrio dinamico caratteristico della vita normale di una cellula. In effetti, possiamo dire, con la teoria dell’autopoiesi che la principale funzione della cellula è mantenere la propria individualità nonostante la miriade di trasformazioni chimiche che hanno luogo al suo interno. Quest’apparente contraddizione fra cambiamento e costanza è spiegata dal fatto che la cellula rigenera dall’interno le componenti che vengono consumate — siano esse ATP o glicogeno, glucoso o t-RNA. Questo, naturalmente, avviene a spesa di nutrienti e attraverso un flusso di energia all’interno della cellula — un punto che considereremo dettagliatamente più avanti.

Quel che abbiamo detto per un microorganismo vale anche per un elefante. Anche in questo caso l’osservazione fenomenologica è l’auto-mantenimento a dispetto delle miriadi di trasformazioni che hanno luogo a tutti i livelli dentro l’elefante. Questo può essere illustrato con il "gioco dei due elenchi" (Luisi, 2006). Si guardi il seguente elenco di cose viventi e l'elenco di cose non viventi:

ELENCO DI VIVENTI
mosca
albero
mulo
bambino
fungo
ameba

ELENCO DI NON-VIVENTI
radio
automobile
robot
cristallo
luna
computer

Ora domandatevi: qual è il dominatore comune degli organismi del primo elenco, al di là della loro grande biodiversità? Qualcosa che non può essere presente in nessuno degli organismi dell’elenco dei non-viventi? La risposta è: l’auto-mantenimento attraverso un meccanismo di auto-rigenerazione dall’interno. La vita è una fabbrica che si costruisce dall’interno.

Non-localizzazione

Si prenda in considerazione ora un’altra domanda: dov'è localizzata la vita cellulare? C’è una particolare reazione, un punto magico particolare, dove possiamo mettere un’etichetta che dica: qui è la vita? C’è una risposta ovvia e molto importante a questa domanda: la vita non è localizzata; la vita è una proprietà globale, che si genera da interazioni collettive delle specie molecolari presenti nella cellula. Quanto detto è vero non solo per la semplice cellula, ma per qualsiasi macroscopica forma vivente. Dov'è localizzata la vita di un elefante, o di una persona? Anche qui, non c’è localizzazione; la vita biologica di qualsiasi grande mammifero è interazione organizzata e integrata di cuore, reni, polmoni, cervello, arterie e vene. E ciascuno di questi organi, che sono connessi in una rete, può essere vista a sua volta come una rete di parecchi tessuti differenti e organuli specializzati; e ciascun tessuto e organulo è una rete di molti differenti tipi di cellule – e ogni cellula è una rete di base.

Proprietà emergenti

Nessuna delle singole specie molecolari coinvolte nel lavoro di rete è di per sé vivente. La vita, quindi, è una proprietà emergente — una proprietà che non è presente nelle parti e si genera solo quando le parti sono riunite insieme. Emergenza, nell’interpretazione più classica, significa, infatti, il sorgere di nuove proprietà in un insieme, nuove nel senso che non sono presenti nelle parti costituenti. Questa è una nozione che era già presente a metà del Novecento con la scuola “dell’emergentismo inglese” (Mill, 1872, Bain 1870), una ricerca che è continuata attraverso il Ventesimo secolo (Alexander, 1920, Broad 1925, Wimsatt 1972, Kim, 1984, Sperry 1986, Schroeder, 1998, Mc Laughlin, 1992, e molti altri). Torneremo più avanti alla nozione di emergenza come parte di un fenomeno più vasto di auto-organizzazione. Per anticipare qui qualcosa di sapore filosofico, si consideri la differenza fra un approccio "emergentista” e un semplice approccio riduzionista.

Il riduzionismo nella sua interpretazione classica significa che l’intero può essere ridotto ai suoi componenti, una visione che possiamo accettare se è limitata alla struttura fisica. Certo, una cellula è composta da un grande insieme di molecole. Tuttavia, il fatto che le parti compongano la struttura di una cellula vivente, non implica che le proprietà della vita possano essere ridotte a quelle dei singoli componenti. Le proprietà della vita sono proprietà emergenti che non possono essere ridotte a quelle dei componenti. La differenza tra la struttura e le proprietà a questo livello è fondamentale: il riduzionismo, allora, va bene quando si limita alla struttura e alla composizione. L’emergenza assume il suo valore reale al livello delle proprietà, e proprio tale nozione si basa sull’asserzione che le proprietà emergenti non possono essere ridotte alle proprietà delle singole parti. Questo è un punto delicato: da un lato, stiamo dicendo che la vita biologica è solo chimica; dall’altro, sosteniamo anche che l’emergere della vita come proprietà non può essere ridotto alle proprietà dei singoli componenti chimici.

Interazione con l’ambiente

La cellula, e ogni organismo vivente, non ha bisogno di alcuna informazione dall’ambiente per essere se stessa: tutta l’informazione necessaria a una formica per essere una formica è contenuta nella formica e la stessa cosa è vera per l’elefante. Nel linguaggio dell’epistemologia, diciamo che la cellula, e per inferenza ogni organismo vivente, è un sistema chiuso dal punto di vista operazionale. Ciò illustra un’altra apparente contraddizione del vivente: non ha bisogno di altra informazione dall’esterno per essere quel che è, ma dipende strettamente dai materiali esterni per sopravvivere. In un linguaggio più preciso, possiamo dire che la cellula – il vivente – è un sistema termodinamicamente aperto. Gli esseri viventi hanno bisogno di nutrienti ed energia, e queste acquisizioni diventano parte della loro vita. Secondo Maturana e Varela (1980, 1998) l’organismo interagisce con l’ambiente in modo “cognitivo” per cui l’organismo “crea” il proprio ambiente e l’ambiente permette la realizzazione dell’organismo. Dobbiamo soffermarci ancora un po’ sul concetto di interazione fra il vivente e l’ambiente, e per farlo in modo adeguato dobbiamo iniziare rivedendo brevemente la nozione fondamentale di autopoiesi.

I fondamenti dell’autopoiesi

Un’unità autopoietica è la più elementare organizzazione del vivente. Può essere definita come un sistema capace di sostenere se stesso grazie a una rete di reazioni che continuamente rigenerano le componenti – e ciò dall’interno di un confine “autogenerato”. Possiamo dire, in altri termini, che il prodotto di un sistema autopoietico è la propria auto-organizzazione. Possiamo anche dire che questo schema corrisponde a una logica ciclica, la logica ciclica del sé (Varela et al., 1974; Maturana e Varela, 1980; Luisi, 1997 e 2006; Maturana e Varela, 1998; Varela, 2000). Ancora una volta, quel che è valido per la vita della cellula si può considerare valido per ogni forma vivente. La letteratura primaria di riferimento distingue fra sistemi autopoietici di primo e di secondo ordine (quelli multi-cellulari). Così, un organo come il cuore può essere visto come un sistema autopoietico, perché è capace di auto-mantenimento attraverso una serie di processi che rigenerano tutte le componenti all’interno dei suoi stessi confini. D’altra parte, questo complesso sistema autopoietico è composto di unità autopoietiche più piccole, fino alle singole cellule di diversi tipi; e l’intero essere umano può essere visto come un sistema autopoietico (Luisi et al., 1998). Per noi qui è importante vedere la relazione con la teoria sistemica della vita: ora possiamo dire che la vita, più precisamente, è vista come un sistema di sistemi autopoietici interconnessi.

È importante anche la relazione fra autopoiesi, chiusura operazionale, logica circolare, e autonomia biologica. L’autopoiesi è la forma particolare di auto-organizzazione del vivente che specifica i processi che, con una logica circolare, permettono la rigenerazione delle componenti. La nozione di autonomia biologica quindi significa anche che il vivente è un sistema operazionalmente chiuso con una logica circolare. La cellula, come unità autopoietica, è un sistema organizzato e con confini specifici che determina una rete di reazioni le quali producono componenti molecolari che si assemblano in un sistema organizzato che determina la rete di reazioni che… e così via. I termini “input” e “output”- in accordo con il fatto che la cellula è un sistema aperto - rappresentano rispettivamente i nutrienti e l’energia in ingresso dall’esterno e la fuoriuscita dei prodotti di scarto. La circolarità corrisponde alla nozione di chiusura operazionale e il tutto genera la nozione più ampia di autonomia biologica.

L’interazione con l’ambiente

Abbiamo detto che “cos’è la vita?” e “cos’è la cognizione?”. Sono le due domande principali nell’agenda della scuola di Santiago. Come abbiamo già anticipato, il vivente deve necessariamente essere considerato in relazione con il suo ambiente e ora è opportuno considerare gli aspetti di questa interazione più in dettaglio. Questo ci porta ai tre importanti concetti di accoppiamento strutturale, cognizione e determinismo strutturale. Cominciamo citando Maturana e Varela (1998 p. 95):

“Prima di tutto, consideriamo che abbiamo distinto dal suo sfondo il sistema vivente come una singola unità in quanto organizzazione definita […]. D’altra parte, l’ambiente sembra avere dinamiche strutturali proprie, operazionalmente distinte da quelle del vivente […]. Fra questi due sistemi c’è una necessaria congruenza strutturale, ma le perturbazioni dell’ambiente non determinano quel che succede nel vivente - piuttosto, è la struttura del vivente che determina quel che accade al suo interno. In altre parole, l’agente perturbante porta un cambiamento semplicemente come evento di innesco iniziale (trigger), ma il cambiamento è determinato dalla struttura del sistema perturbato. Lo stesso è vero per l’ambiente: il vivente genera perturbazioni (nell’ambiente) e non istruzioni […]. Abbiamo a che fare solo con unità che sono strutturalmente determinate”.

Accoppiamento strutturale

A questo punto introduciamo anche il concetto di “accoppiamento strutturale”: alcune di queste interazioni avverranno in modo più stabile o ricorrente. Secondo la teoria dell’autopoiesi, un sistema vivente si accoppia strutturalmente, cioè attraverso interazioni ricorrenti, con il proprio ambiente; ciascuna interazione innesca cambiamenti strutturali del sistema. Ad esempio, la membrana di una cellula continuamente incorpora sostanze dal suo ambiente; il sistema nervoso di un organismo a ogni percezione sensoriale modifica la propria connettività.

Determinismo strutturale

L’accoppiamento strutturale, come definito da Maturana e Varela, ha stabilito una chiara differenza fra i modi in cui sistemi viventi e non-viventi interagiscono con i propri ambienti. Ad esempio, quando si dà un calcio a una pietra, la pietra reagirà al calcio secondo una catena lineare di causa ed effetto e il suo comportamento potrà essere calcolato applicando le leggi di base della meccanica newtoniana. Se si dà un calcio a un cane, il cane risponderà con cambiamenti strutturali secondo la propria natura e pattern non-lineari di organizzazione— il comportamento risultante non è generalmente predicibile.

Si noti che dire "strutturalmente determinato "non significa dire “predicibile”, com’è chiaro dall’esempio precedente del cane. Questo è un altro punto importante: non-predicibilità significa che i cambiamenti strutturali ontogenetici (dello sviluppo) di un vivente in un dato ambiente hanno luogo sempre come una "deriva strutturale" congruente con la deriva strutturale dell’ambiente. In questo modo, legando la nozione di accoppiamento strutturale con la nozione di deriva strutturale, arriviamo al meccanismo di base dell’evoluzione. Ad esempio, adattamento – la compatibilità dell’organismo con il suo ambiente – è un termine correlato con l’accoppiamento strutturale.

Interagendo con il proprio ambiente, un organismo vivente andrà incontro a una sequenza di cambiamenti strutturali, e con il passare del tempo, formerà la propria, individuale rete di accoppiamento strutturale. In qualsiasi punto di questa rete, la struttura dell’organismo è la registrazione di precedenti cambiamenti strutturali e dunque di precedenti interazioni. In altre parole, tutti gli esseri viventi hanno una storia. La struttura vivente è sempre la registrazione di uno sviluppo precedente. Ora, poiché la struttura di un organismo in qualsiasi momento del suo sviluppo è una registrazione di precedenti cambiamenti strutturali, e poiché ciascun cambiamento strutturale influenza il futuro comportamento dell’organismo, ciò implica che il comportamento dell’organismo vivente sia dettato dalla sua struttura. Nella terminologia di Maturana, il comportamento dei sistemi viventi è determinato strutturalmente.

Questo concetto di determinismo strutturale conduce a un nuovo modo di guardare il vecchio dibattito filosofico fra libertà e determinismo. Secondo Maturana, il comportamento di un organismo vivente è determinato. Tuttavia, piuttosto che essere determinato da forze esterne, è determinato dalla struttura propria dell’organismo — una struttura formata da una successione di cambiamenti strutturali autonomi. Così, il comportamento dell’organismo vivente è contemporaneamente determinato e libero. Maturana e Varela sottolineano questo concetto anche a livello del sistema nervoso, suggerendo che l’attività del sistema nervoso come parte di un organismo è strutturalmente determinata. Nuovamente, la struttura dell’ambiente non può specificare i cambiamenti, può solo innescarli: ne segue che anche il sistema nervoso deve essere visto come un sistema operazionalmente chiuso, un concetto molto caro a Maturana (Maturana e Poerkson, 2004).

Autopoiesi sociale

Oltre a rappresentare il pattern della vita a diversi livelli biologici, il concetto di autopoiesi ha avuto un notevole successo anche nelle scienze sociali. La sua estensione al dominio sociale non è evidente, in quanto i sistemi sociali umani non esistono soltanto nel dominio fisico, ma anche in un dominio simbolico sociale. Mentre il comportamento nel mondo fisico è governato dalle così dette “leggi di natura”, il comportamento nel mondo sociale è regolato da regole create dal sistema sociale stesso. Perciò, si sollevano due questioni: ha senso applicare il concetto di autopoiesi a tali domini, e se questo è il caso, a quale dominio dovrebbe essere applicato? A tale riguardo ci sono state discussioni animate tra i biologi e gli scienziati sociali (Luhmann, 1984; Mingers, 1992, 1997, Luisi, 2006).

Da queste generalizzazioni, emerge l’importante idea che le reti sociali esibiscono gli stessi principi generali delle reti biologiche. C’è un insieme organizzato con delle regole interne che generano sia la rete stessa, sia il suo confine (un confine fisico nel caso delle reti biologiche e un confine culturale in quelle sociali). Ogni sistema sociale – un partito politico, un’organizzazione d’affari, una città, o una scuola – è caratterizzata dal bisogno di sostenersi in modo stabile ma dinamico, permettendo a nuovi membri, cose o idee di entrare all’interno della struttura e divenire parte del sistema. Questi nuovi elementi appena aggiunti generalmente saranno trasformati dall’organizzazione interna (i.e. le regole) del sistema. L’osservazione che il “bio-logico”, o pattern di organizzazione, di una semplice cellula è lo stesso di un’intera struttura sociale è davvero significativa. Suggerisce un’unità fondamentale della vita e, dunque, anche il bisogno di studiare e comprendere tutte le strutture viventi a partire da una tale prospettiva unificata.

I criteri dell’autopoiesi, i criteri della vita

La circolarità è valida nei limitati intervalli dell’omeostasi, la vita hic et nunc, come abbiamo detto prima. In un tempo più lungo, ci sono due ovvi elementi di disturbo. Uno, al livello della vita individuale è l’invecchiamento; l’altro, al livello della progressione delle generazioni, è l’evoluzione. Ci sono due irreversibili frecce del tempo, e ognuna ha i suoi tratti caratteristici. Ora concentriamoci sull’invecchiamento. L’invecchiamento di un organismo autopoietico è molto interessante secondo un particolare aspetto: l’organizzazione del vivente nel suo complesso non cambia, ma alcuni tratti strutturali sì. Questo si accorda bene con quanto ammette in generale la teoria di Maturana e Varela, che sottolinea che in un meccanismo autopoietico c’è una proprietà invariante che è l’auto-organizzazione autopoietica della produzione ciclica dei componenti e dei sistemi che realizzano tali componenti, e poi c’è una proprietà variabile, che è la struttura reale che può variare da cellula a cellula, e da un individuo a un altro, a seconda delle circostanze, di cui l’invecchiamento è una di esse. La fine dell’invecchiamento è la morte, un processo per cui tutti i componenti molecolari sono trattenuti nell’ambiente e usati per altri fini.

Una domanda importante è se l’autopoiesi equivalga alla vita, e più precisamente se sia la condizione necessaria e sufficiente per la vita biologica. La letteratura passata ha risposto affermativamente a questa domanda, mentre studi più recenti (Bitbol e Luisi, 2004; Stewart e Bourgine, 2004) hanno mostrato che è più conveniente dire che l’autopoiesi è solo una condizione necessaria, ma non sufficiente, poiché sono stati scoperti alcuni sistemi artificiali che sono autopoietici, ma non viventi. In questi articoli e in particolare in Bitbol e Luisi (2004) viene discussa anche la relazione tra autopoiesi e metabolismo. Tuttavia, per l’intero regno del mondo biologico, l’equivalenza tra autopoiesi e vita rimane valida e possiamo adottare con sicurezza tale generalizzazione. Ciò significa che, per determinare se un dato sistema sia vivente o meno, sarà sufficiente vedere se è autopoietico.

Quali sono, dunque, i criteri per l’autopoiesi? In generale, il criterio più semplice è vedere se il sistema è capace di mantenersi da solo grazie ai processi auto-generati che hanno luogo all’interno del suo confine, che è lui stesso auto-prodotto. Prendiamo una cellula: essa soddisfa tali criteri, ma un virus no. Un virus da solo in una provetta, non è capace di farsi da sé il suo rivestimento proteico, o il DNA o l’RNA all’interno di se stesso; non è autopoietico, dunque non è vivente. Lo stesso vale per un cristallo. Il caso di Gaia, il pianeta Terra, è un poco più complesso. La Terra è un sistema capace di sostenersi rigenerando tutti i suoi componenti dall’interno? Saremmo portati a rispondere affermativamente. Ma ciò succede all’interno del suo confine, e il suo confine è esso stesso fatto da sé? E, infatti, qual è il confine di Gaia?

Qui le cose iniziano a complicarsi. Certamente, una volta data la definizione per discriminare il bianco e il nero, si possono sempre trovare dei casi particolari di grigio in cui le cose diventano difficili. La questione di Gaia tuttavia è importante, e per questa ragione le dedichiamo un apposito spazio. È importante sottolineare che l’autopoiesi non considera la riproduzione come un criterio fondamentale per la vita. In accordo con la principale filosofia della scuola di Santiago, la riproduzione è una proprietà della vita, che può essere presente, o meno, a seconda delle condizioni. Infatti, nessuno nega che la riproduzione sia il processo principale per la biodiversità e per il dispiegarsi della vita sulla Terra, ma dovrebbe essere sottolineato che prima di parlare della riproduzione, bisogna avere il “contenitore” e il pattern dell’auto-organizzazione per rendere possibile la riproduzione; e l’autopoiesi, dunque, è il processo preliminare. All’interno di questo, poi, si può avere la riproduzione come una delle modalità cinetiche dell’unità autopoietica; oppure no, ad esempio quando l’organismo è all’omeostasi, o sterile, o non ha bisogno di riprodursi. Pensate a una colonia batterica che ha perso la capacità di riprodursi, ma si sa auto-sostenere e ha un metabolismo normale. Non dovremmo considerare tale colonia vivente? O prendete dei neonati o persone anziane che non possono riprodursi – non sono esseri viventi?

Per maggiori informazioni:
Fritjof Capra e Pier Luigi Luisi, Vita e natura: una visione sistemica Aboca Edizioni, 2014 http://www.abocamuseum.it/it/editoria/pubblicazioni/libri/vita-e-natura-una-visione-sistemica
www.abocamuseum.it/newsletter/2014/Vita_natura.html

Leggi anche:
http://wsimag.com/it/science-and-technology/8973-vita-e-natura-una-visione-sistemica
http://wsimag.com/it/scienza-e-tecnologia/9078-una-nuova-concezione-della-vita