Le giovani parole è il libro con cui conobbi, per la prima volta, la poesia di Mariangela Gualtieri. Decisi di comprarlo perché il titolo mi piaceva, un istinto animale e bisognoso che nasceva dal pronunciarlo. Uno di quei libri che, per una fatale scelta del destino, ci salva da noi stessi. Vado sul personale e dico “salvare” perché era un periodo particolare, quello che stavo vivendo, era uno di quei periodi in cui ci si sente di aver perso il cammino della vita. Ricordo che i sentimenti erano contrastanti e mi sentivo spezzata, un corpo in frammenti, un ingranaggio rotto. Persa, accelerata, “vivendo all’esterno di me stessa”, come direbbe la poetessa russa Marina Cvetaeva. Volevo solo fermarmi, stare ferma, fermare quel flusso continuo e disordinato di pensieri che inondavano (e inondano tutt’ora) la mia mente. Almeno, rallentare quella “locomotiva del pensiero”, come direbbe Mariangela, che sommergeva ogni mio respiro. Iniziai, così, a leggere quelle giovani parole, parole vive, piene di calma e naturalità arrivate nel momento esatto per sanarmi, per riscaldare la mia umanità ghiacciata: “La poesia ci rende umani”, dice Mariangela nella rassegna Ciò che ci rende umani del Teatro Valdoca in dialogo con Lorenzo Jovanotti, “la poesia è la parola che nutre, vestita a festa, più condensata, più carica di energia”. E sentirla recitare quelle parole, oltre ad essere un grande emozione, è una grande esperienza, un viaggio poetico.

Sono parole confortanti e semplici, quelle di Mariangela. Ogni sua poesia è una meditazione, un respiro, un momento per “stare fermo”, senza pensare, per il gusto di fermarsi e (sof)fermarsi.

C’è un respiro umano e vitale nella poesia di Mariangela Gualtieri. Nata a Cesena nel 1951, è una delle poetesse contemporanee italiane più importanti. Fonda il Teatro Valdoca insieme a Cesare Ronconi e lì si forma, inizia con lo scrivere testi teatrali, ma sente una forte volontà di continuare quella vocazione di poeta che anni prima venne messa da parte per un commento negativo verso le sue poesie.

Con quarant’anni, Mariangela ritrova quella passione naturale, istintiva e coltivata in tutti quegli anni di silenzio e ascolto del mondo e di se stessa. Una poesia in cui si nota l’esperienza di attenzione interna ed esterna: centrale, infatti, è il silenzio, “un luogo in cui ogni vocazione può precisarsi e fiorire”. Con parole di Mariangela, “la poesia è la tessitura tra parola e silenzio” quindi “è la parola che ha al proprio centro il silenzio”: ognuno di noi dovrebbe combattere per ricavarsi un momento di silenzio ed entrare, così, in dialogo con se stesso. Ascoltare il silenzio per nutrire il nostro essere.

Oggigiorno ci ritroviamo in un caos continuo, le “formiche mentali”1 intralciano la relazione con noi stessi. Così ci si perde, si perdono le connessioni con ciò che è dentro di noi, si confonde la gioia e la semplicità con valori falsi, il mondo ci calpesta e cerchiamo lì qualcosa che non c’è, ma che invece esiste e vive in noi.

La soluzione è fermarsi, educarsi al silenzio, ascoltare, prestare attenzione:

Ascolta – tutto quel buio respira2.
Si può, sai, stando qui
stando molto fermi
sostenere una stella3.

E quando si è in armonia con se stessi, si è in armonia con tutto e tutti, con l’universo, si abita quel “fuoco centrale”, titolo di uno dei volumi di Mariangela. “Un fuoco” dice in un’intervista “che è in consonanza con tutto l’universo, e mi sento mossa dalle stesse leggi che regolano le stelle, le galassie, i quasar, leggi che non sbagliano, se le lasciamo fare”4.

La poesia di Mariangela, inoltre, celebra la natura e le “forze arcaiche che riecheggiano nella natura”. La presenza di piante, la pioggia e l’acqua, gli animali e gli insetti, il ritmo delle stagioni e la potenza della primavera, la terra, il cielo, i fiori, le particelle e i semi, tutti elementi essenziali per conoscere ed entrare in contatto con il mondo in cui viviamo. Facciamo, infatti, parte di una realtà più grande, siamo parte integrante della natura, da rispettare e curare. E quest’idea mi fa pensare alla grande lezione della pensatrice Donna Haraway secondo cui tutto è interconnesso, tutto ci riguarda e nell’ultimo libro Chthulucene: Sopravvivere su un pianeta infetto, tradotto da Claudia Durastanti e Clara Ciccioni per Nero editions (2019) è chiave la proposta di generare parentele oltre le parentele famigliari stesse, capendo quindi di essere parte della Terra e di essere dentro la Terra in una sorta di unione collettiva in piani diversi, ma tutti collegati.

È bello perché la poesia di Mariangela nasce da un sentirsi posseduti dalla parola, che è solo umana, che ci rende unici di fronte al mondo e che genera poesia: “la poesia ti possiede per venire alla luce” e questo essere presi dalla parola proviene dal già nominato esercizio infinito e incessante di ascolto e attenzione verso il silenzio. Essere poeta è una condizione, non una professione diceva Robert Graves e Mariangela non la pensa diversamente e mi piace ricordare questa sua frase: “Dobbiamo diventare ciò che amiamo. Essere poeta è una vocazione, prima che un’arte o un mestiere, e questo significa anche un perenne tormento, una perenne nostalgia, perché i momenti fecondi sono rari e si vive piuttosto una frequente aridità. Si è a casa solo nella parola”.

Le parole sono importanti. L’uomo si distingue dagli animali per l’uso della parola, per una lingua. Le parole insieme consolano e calmano, innervosiscono, fanno arrabbiare, seguono il corso vitale dell’uomo, le sue emozioni altalenanti. Ma a volte non è facile comunicare a parole una sensazione intensa. Quindi è necessario romperle e scomporle, inventarne di nuove, giocare con quelle parole silenziose o lasciare fare al corpo perché semplicemente non c’è niente da dire e da capire, semplicemente ascoltare, respirare il mondo, semplicemente essere e stare:

Non sappiamo. Non so. Non è dato sapere
con parole. Solo il corpo sa.
Sapienza di respiro5.

Note

1 Mariangela Gualtieri, Le giovani parole, Einaudi, 2015, p. 35.
2 Ibidem, p. 13.
3 Mariangela Gualtieri, Le giovani parole, Einaudi, 2015, p. 51.
4 Il non sapere. Intervista a Mariangela Gualtieri di Marisa Zattini.
5 Mariangela Gualtieri, Le giovani parole, Einaudi, 2015, p. 123.