Premesso che l'aggressore è Putin e l'aggredita è Ucraina. Premesso che il primo dovrebbe essere al più presto arrestato e deferito come criminale di guerra alla Corte Penale Internazionale. Premesso che non c'è giustificazione ad una guerra che vede cannonare condomini civili ed ospedali violando gli Accordi di Ginevra e il conseguente diritto umanitario internazionale. Premesso tutto ciò la comunità internazionale deve mettere da subito le basi per un accordo di pace. A tal proposito ricordo che le più grandi istituzioni mondiali ed europee a tutela della pace furono ideate ad inizio della Seconda guerra mondiale e non dopo. Premetto infine che mi concentrerò sull'ONU e non sulle organizzazioni regionali come Nato e UE che vede già molti dare indirizzi di merito.

Come in ogni accordo di pace dovremmo saper “cedere e concedere” a coloro che chiedono un nuovo ordine internazionale, a quanto sembra, non necessariamente “democratico”. Per cui nulla a che vedere con i precedenti NOID (Nuovi Ordini Internazionali Democratici). Abbiamo infatti a che fare con imperi come Russia e Cina che rivendicano nuovi spazi, nuove risorse, nuovi NOEI (Nuovo Ordine Economico Internazionale) e, quindi, nuove istituzioni per perseguirlo. A tal fine dovremmo imparare a “cedere e concedere” per “intercedere” a patto di “non retrocedere”.

Dopo queste cinque “premesse” son d'obbligo due presupposti. Il primo è che l'Ucraina è una scusa per affermare la volontà di spostare l'asse dall'oceano Atlantico agli oceani Indiano e Pacifico. Tra la Nato e il patto tra Russia e Cindia (Cina + India). L'asse verrebbe spostato dall'attuale miliardo ai quasi tre miliardi di persone.

Il secondo presupposto è che la più importante istituzione mondiale si riforma solo dopo una guerra mondiale. Accadde così sia per la Società delle Nazioni (post Prima guerra mondiale) che l'ONU – Organizzazione Nazioni Unite (post Seconda guerra mondiale). Essendo la Terza guerra mondiale di fatto nucleare non vi sarà probabilmente più alcuno che porrà mano al “nuovo ordine”; per cui va tentato ora. E non dopo.

Partiamo, quindi. Se fotografiamo l'ONU, oggi, vediamo che tutto è stato strutturato attorno all'Atlantico. Il palazzo di vetro sta a New York e quasi tutte le agenzie, programmi e fondi sono disseminati in capitali fedeli a Washington: Parigi, Roma, Bonn, Londra e Nairobi. Molte strutture che contano hanno sede anche a Ginevra in quella che fu, fino a poche settimane fa, la neutrale Svizzera sulle ceneri della “Società delle Nazioni”.

Agenzie e Programmi ONU non hanno sede direzionali – headquarters - né in Russia e né in Asia ma solo succursali periferiche. Due delle istituzioni di Bretton Woods hanno sede a Washington (FMI – Fondo Monetario Internazionale e BM – Banca Mondiale) e una a Ginevra (OMC – Organizzazione Mondiale del Commercio). La CPI – Corte Penale Internazionale sta all'Aja nei Paesi Bassi.

Lo stesso Consiglio di Sicurezza prevede una maggioranza Atlantica con un netto tre a due dove le bandiere rosse sono in minoranza di voto pur avendo la maggioranza della popolazione; da un lato USA, Regno Unito e Francia e dall'altra Russia e Cina. Tutti Stati con armi atomiche.

Un riequilibrio dovrebbe partire dalla testa e, quindi, dal Consiglio di Sicurezza (CdS) riformato su base continentale dove ogni continente esprime un voto. Impensabile oggi, a crescita demografica zero di tutti i continenti tranne l'Africa, non dare un voto al continente nero.

Di certo l'europeista Emmanuel Macron potrebbe far fare un passo di lato nel CdS alla sua Francia lasciando il posto all'Unione Europea. Sarebbe un atto politico lungimirante anche se non credo che paghi in termini elettorali. Putin interloquisce solo con coloro che hanno armi atomiche, purtroppo. L'idea di Matteo Renzi che sia Angela Merkel a rappresentare sia l'UE che la NATO è un'ottima idea in quanto l'ex cancelliera e, parimenti Putin, abitarono la DDR, parlano russo e tedesco e sarebbe la miglior interlocutrice per un processo di pace ma non ha la potenza atomica di Macron che è, comunque, un venticinquesimo di quella di Putin ma sufficiente per sedere al tavolo. Macron è inoltre il presidente di turno del Consiglio Europeo ed è l'unico interlocutore di un omofobo visto che la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, purtroppo, non è nemmeno considerata dall'universo maschile.

Andrebbe introdotto anche un riequilibrio in seno all'Assemblea Generale dell'ONU perché vedere che la Repubblica di San Marino conta un voto come l'India fa un po' sorridere.

Importante sarebbe poi riallocare il Palazzo di Vetro da New York ad un luogo simbolo incrocio di civiltà e religioni come Gerusalemme come aveva proposto il prof. Antonio Papisca dell'Università di Padova. A proposito di Università, persino l'Università delle Nazioni Unite si trova a Tokyo.

Le agenzie specializzate dell'ONU sono quindici (FAO, OMS, etc.) e, come abbiamo visto, sono sull'asse atlantico. Parimenti i 14 programmi e fondi (come il PAM Programma Alimentare Mondiale o il Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti urbani). Saggio sarebbe portare le diverse direzioni generali di agenzie/programmi/fondi nei diversi continenti con un certo riequilibrio come già accade per l'elezione del Segretario generale dove i continenti si turnano e non v'è un prevaricare di uno sull'altro.

Gli Stati però hanno lasciato all'ONU il “no power” e, quindi, l'incapacità di agire in modo coercitivo. Sì, sono stati scritti sia il capitolo VI che VII della Carta dell'ONU ma, in verità, pochi stati danno uomini, denari e mezzi all'istituzione superiore affinché apporti pace e sicurezza. Concedono il potere d'intervenire a mo’ di Croce Rossa nelle emergenze e nella soft economy. Ed è per questo, se si vuol fare sul serio, che vanno riallocate anche le istituzioni di Bretton Woods e quindi la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e l'Organizzazione Mondiale del Commercio. Non solo. Bisognerebbe in queste istituzioni modificare anche il peso del voto che è assegnato in base al peso del mercato o del censo di ogni singolo Paese, avvantaggiando ovviamente chi ha già un mercato consistente ma non necessariamente una popolazione più consistente. L'UE, per esempio, è il 7% della popolazione ma il 20% del PIL e il 50% del welfare ed ha voce in capitolo.

Se l'ONU fosse in grado di accelerare la sua riforma sposterebbe il focus interrompendo la spirale di odio e la tifoseria pro-contro che è tipica di ogni guerra. Potrebbe intercedere sui diversi attori in conflitto di questa “Terza guerra mondiale a pezzi” per dirla con Papa Francesco al fine di scrivere un “nuovo patto planetario”.

L'accordo preolimpico di febbraio tra Xi Jinping e Putin, raggiunto dopo quaranta incontri di persona dove hanno avuto tutto il tempo di pianificare sia l'invasione dell'Ucraina che di Taiwan e altri territori di confine, è un accordo tra imperi che mette in discussione lo stato democratico che significa multipartitismo, libertà di parola e di stampa, separazione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), indipendenza dei saperi e, come cita il nostro prezioso art. 3, alcuna distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinione politica, condizioni personale e sociale. È pur vero che l'esportazione della democrazia modello Bush figlio o l'accelerazione dei tempi storici ha fatto recenti disastri ma le democrazie compiute e imperfette si trovano soprattutto sull'asse atlantico e vanno salvaguardate. Non è un caso che i flussi migratori siano unidirezionali e mirino soprattutto a queste “zone di pace” dove sono rispettati i diritti fondamentali. Alcuna recessione potrà quindi esser fatta sulla DUDU – Dichiarazione Universale dei Diritti Umani anch'essa nata su input dei Paesi atlantici e i conseguenti patti del 1966 sia sui diritti economici, sociali e culturali che sui diritti civili e politici. La dichiarazione del Patriarca di Mosca Kirill prefigura l'occidente come un mondo satanico. In verità la cultura occidentale moderna e post medievale difficilmente retrocederà in un mondo pre Rivoluzione francese. Potrebbe convenire di non accelerare per i Paesi terzi e già questo sarebbe oggetto di discussione al tavolo di pace.